Amantea

Accoglienza. Il caso di Amantea e le risposte istituzionali

di Fabrizio Di Buono

Anche se in ritardo, questo è il resoconto relativo alla protesta dei migranti che risiedono al Centro d’Accoglienza di Amantea, ubicato all’Hotel Ninfa Marina.

Giorno 8 ottobre, i migranti, fatti arrivare il 14 luglio alla struttura di Amantea, hanno protestato per le vie del centro del Comune tirrenico, chiedendo la risoluzione di quattro problemi specifici: assistenza sanitaria, lezioni d’italiano, vestiti e una migliore alimentazione. Sul posto, ad ascoltare le richieste dei migranti ci sono Enza Papa dell’associazione cosentina La Kabah, Emanuela Chiodo del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali e il consigliere comunale di minoranza Francesca Menechino (M5S), che decidono l’indomani di portare dal Prefetto, a Cosenza, una delegazione di ragazzi al momento residenti nello SPRAR[1] di Amantea. Il prefetto, dopo aver ricevuto la delegazione, fissa un secondo appuntamento a cui dovrà partecipare anche il Sindaco di Amantea, con il fine di prendere subito delle misure. Ma quali sono le condizioni in cui versano i migranti?

I migranti giunti ad Amantea il 14 luglio sono 154, di cui 4 donne e 18 minori non accompagnati (tra i 16 e i 17 anni). Da quasi tre mesi non hanno ricevuto alcun tipo di documento che ne riconosca la loro presenza in Italia, con conseguenza per i migranti di restare bloccati in un posto in attesa di un proprio riconoscimento. Arrivati all’Hotel Ninfa Marina, dove l’accoglienza ai migranti è a cura dell’associazione Zingari 59, ci imbattiamo con un cartello in cartone che espone i quattro punti sopra indicati alla base della protesta. Parliamo con i ragazzi e in seguito con i membri dell’associazione. I ragazzi ci fanno presente che per diverso tempo sono stati senza un ricambio vestiario, costretti a restare in asciugamano spesso, in attesa che si asciugassero gli unici indumenti che hanno con se. Grazie alla solidarietà degli amanteani i ragazzi hanno avuto alcuni vestiti, tuttavia per quanto possiamo beneficiare di queste calde giornate, l’inverno arriverà e questi ragazzi hanno solo infradito e magliette a mezze maniche.

Nella struttura i migranti risiedono in stanza per lo più composte da cinque e sei persone con un unico bagno. Il terzo piano invece sono due camerate da venti e da quindici persone con in totale tre bagni. I migranti lamentano della scarsità di igiene, alcuni letti hanno per lenzuola degli asciugamani. Le lenzuola sono lavate una volta ogni quindici giorni, ci viene riferito. La struttura avrebbe anche una cucina e un quarto piano, ancora non agibili alla nostra visita al Ninfa Marina, ma che il Comune di Amantea, da dopo le proteste, sta per regolarizzarne l’agibilità, permettendone l’utilizzo, ci dicono i membri di Zingari 59. L’agibilità del quarto piano e della cucina permetterebbe di risolvere due questioni: il sovraffollamento di alcune camere, quindi ridurre il numero di persone per bagno; e il problema cibo. I migranti lamentano infatti la qualità e la quantità del cibo, un cibo che non appartiene alla loro dieta e l’alterazione delle diete rischia di provocare seri danni all’organismo. Il cibo finora dato ai migranti è quello che comunemente vediamo nelle mense di alcuni ospedali e scuole, pietanze impacchettate, in quantità per pranzo e cena, quindi anche una ripetizione. Pranzo e cena prevedono un primo, un secondo e un contorno, pane e frutta. L’utilizzo di una cucina permetterebbe di ovviare a questo problema di monotonia alimentare e ad una partecipazione dei migranti alla gestione dei propri bisogni, quindi la possibilità di cucinare in sicurezza (e non, magari, in camera con fornelli elettrici) e secondo un regime alimentare loro più consono.

L’assistenza sanitaria, invece, è a cura della guardia medica, che garantisce la sua presenza quattro volte a settimana. Tuttavia è una singola persona che deve provvedere a 154 persone. Non c’è alcun tipo di consulenza psicologica, inoltre, e l’assenza di lezioni di italiano ritardano la loro integrazione sul territorio. Al momento i migranti parlano per la maggiore inglese, ma si accorgono che in pochi, sul territorio, riconoscono il linguaggio di comunicazione. Diventa imprescindibile fornire le lezioni e pare che a breve dovrebbero essere garantite, rassicurano, così come dovrebbero arrivare i vestiti.

Le cause dell’emergenza, tuttavia, fanno capo alla lentezza delle procedure burocratiche di riconoscimento dei migranti arrivati e dell’erogazione dei finanziamenti da destinare ai gestori della struttura, permettendo di svolgere il loro lavoro con serenità. Infatti, al momento sono arrivati solo settanta codici fiscali che valgono come riconoscimento della persona. Più volte sono state sollecitate, da Zingari 59, la Questura di Paola e l’Agenzia delle entrate, ottenendo i settanta riconoscimenti. Senza riconoscimento l’erogazione dei fondi di gestione restano bloccati, generando una situazione di emergenza.

Con il secondo incontro con il Prefetto, (questa volta presente anche il Sindaco di Amantea), la situazione sembra essersi sbloccata: alle pressioni già mostrate sul riconoscimento delle persone, si aggiungono quelle del Prefetto, il quale farà di tutto per velocizzare le procedure; i diciotto minori non accompagnati sono stati trasferiti nella struttura ad hoc di Cirò. Nel frattempo diverse persone non appartenenti alla realtà amanteana si stanno impegnando nella raccolta di vestiti. È da registrare anche l’interesse di associazioni di supporto legale per la situazione minorile e di strutture dedite alla loro accoglienza prima della risoluzione del prefetto, ipotizzando già soluzioni probabili.

L’accoglienza in Italia si mostra ancora un problema, dovuto alla carenza legislativa di norme inadeguate quali la Bossi-Fini (L. 189/2002) e Pacchetto sicurezza (L. 94/2009), ad esempio, e in particolare ad un malessere xenofobo che affiora in diverse realtà, aizzato spesso dalla retorica di molti politicanti che con la scusa – becera e di smania propagandistica – di salvaguardare la sicurezza dei cittadini non hanno altro effetto che quello di stimolare diffidenza nei confronti di ragazzi come quelli arrivati ad Amantea, al momento alla ricerca di una integrazione con il tessuto sociale locale e che gli permetta di interagire, attraverso la conoscenza della realtà (non solo della lingua, quindi) italiana. Speriamo in una pronta risoluzione anche di questi aspetti formativi, mentre la battaglia sulla normativa resta campo impantanato e di pochi.

 NOTE

[1] Con l’acronimo SPRAR vengono designate le strutture che rientrano nel Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati.

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