amantea

Amantea, l’intimidazione ha una camicia di rame

Una buona definizione data al termine “proiettile” è reperibile sul sito dell’enciclopedia on-line della De Agostini in cui, l’oggetto in questione, viene definito come costituito «da piombo compresso, nudo o rivestito di un sottile involucro di rame o leghe antifrizione, detto camicia».

Questa premessa, necessaria a chiarire il perché del titolo, fa da preambolo all’articolo scritto da Fabrizio Di Buono sull’attualità amanteana, caratterizzata da metallici rovesci temporaleschi nelle caselle di posta degli amministratori pubblici.

Ad Amantea piove piombo nelle cassette della posta, proiettili recapitati che – per l’ideale di democrazia – sono comunque stati esplosi e tutti, in un certo senso, siamo stati “colpiti”.

Francesco Frangella

Amantea

di Fabrizio Di Buono

Amantea, dalle minacce al Consiglio Comunale pubblico a teatro.

Accadono in questa terra cose risapute. Accadono in questa terra cose comprensibili e occulte. Accade che quando la ragione deve sapersi, quando è già vox populi, questa, la ragione, viene distolta, velata, si alza e si chiude il sipario, ma nulla più di prima si conosce, se non l’usuale volontà di continuare che dovrà trovare riscontro con la realtà, quella vera – o quella voluta che non si sa quanto abbia a che fare col vero -, dei giorni a venire. Ciò che resta è il santo dubbio che ci fa interrogare come fossimo noi la questura atta ad indagare sui fatti accaduti.

Nei giorni scorsi sono giunte a membri dell’Amministrazione Comunale di Amantea delle intimidazioni. Infatti, sono stati recapitati al sindaco Monica Sabatino, al vice sindaco Giovanni Battista Morelli, al consigliere (con delega al personale) Franco Chilelli e all’assessore al bilancio e ai lavori pubblici Sergio Tempo, delle buste contenenti due proiettili. Un fatto grave: un’istituzione, la più vicina ai cittadini, quella che dovrebbe rappresentare in maniera più diretta i cittadini, viene minacciata con dei proiettili. Da chi? Da dove proviene la minaccia? Cosa può aver portato ad una simile minaccia, ossia quale azione della giunta comunale ha scatenato la vile intimidazione? Un attacco di stampo mafioso alle istituzioni non è ammissibile.

 

La memoria è importante perché troppo vicina.

Nel recente passato amanteano si annovera il processo Nepetia, da cui emersero legami tra la ‘ndrangheta locale, politici, forze dell’ordine e imprenditoria: un caso di mafia e corruzione che evidenziava una zona grigia, in cui avveniva la legittimazione dei soggetti mafiosi con la gestione di affari e attività (associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, e reati contro il patrimonio). In particolare emergevano legami tra la cosca Gentile-Besaldo (tra gli arresti c’è Tommaso Gentile, presunto capo della cosca di Amantea, condannato in Appello a 10 anni e 8 mesi), supportata dal mafioso cetrarese Muto (condannato nel processo di primo grado a 4 anni e confermata in appello, con l’accusa di concorso esterno all’attività della cosca Gentile), i politici La Rupa (all’epoca consigliere regionale e già ex sindaco di Amantea, condannato per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa) e Signorelli (ex assessore del Comune di Amantea coinvolto per associazione a delinquere di stampo mafioso), condannati in primo grado, rispettivamente, a 7 e 6 anni, membri della Guardia di Finanza e i gestori del servizio rifiuti con l’arresto dell’imprenditore – ed ex presidente dell’Appennino Paolano – Carlo Samà (condannato in via definitiva per associazione mafiosa). Tra le attività spicca quella del porto di Amantea e del servizio turistico con tratta per le Isole Eolie. A conclusione del processo segue la pena più dolorosa per i mafiosi, la confisca dei propri beni, la pena che mette in crisi il potere dei soldi, lo sfarzo da mostrare. Ma ad essere mafiosi si guadagna solo la galera, il disprezzo e perdere tutto ciò che si ha, dal consenso degli stolti e degli omertosi agli averi. La confisca si quantifica – si apprende da molte testate – intorno ai 15 milioni di euro, tra cui 4 villette, appartenenti ad esponenti delle cosche Gentile e Africano (più una motonave, sei attività commerciali, quote societarie, due auto e conti correnti bancari).

Questo il recente passato: la memoria è sommariamente rinfrescata. Per chiudere il cerchio su questo argomento, il presente parla delle quattro ville lussuosamente arredate, confiscate dallo Stato attraverso l’Agenzia nazionale per i beni confiscati. Le ville dovrebbero essere destinate ad ospitare le sedi del corpo dei carabinieri e della guardia di finanza: “i vertici provinciali dei rispettivi organi citati hanno avviato una fase di incontri con l’Amministrazione del comune di Amantea” – si legge nell’articolo di G. Pastore del 3 novembre, su Gazzetta del Sud online.

Nepetia sembra essere uno spartiacque tra un passato colluso e un presente, finalmente, libero. Con il processo e le condanne emesse sembra decapitata la cosca locale e la politica locale liberata da infiltrazioni. Allora, cosa non ha funzionato? Da dove arrivano le minacce? Cosa si muove sul territorio amanteano?

 

Il pubblico Consiglio Comunale all’auditorium di Amantea

Ritorniamo alle minacce. L’intimidazione porta come reazione un Consiglio Comunale aperto al pubblico, di sabato mattina, presso l’auditorium di Amantea, con la presenza di molte cariche istituzionali, alcune eccessivamente ridondanti. Ma lo Stato è stato colpito nell’organo più cellulare di cui dispone. L’auditorium accoglie, così, una platea composta da persone interessate alla risposta del consiglio comunale e dalle scolaresche invitate, da un lato; dall’altro, gli intimiditi che devono reagire, accompagnati dal Prefetto Tomao, dalla Ministra agli affari regionali Lanzetta e dall’onorevole Lo Moro, presidentessa della “Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali”. Ad accogliere all’esterno, invece, è un dispiego non indifferente di forze dell’ordine. Arriva anche la visita dei deputati Magorno e Bruno Bossio. Le parole degli intervenuti coprono i fatti: la gente in sala continua a non sapere il perché, cosa può aver portato alle minacce, o perché sia assente il consigliere Chilelli. Nessun operato amministrativo compiuto, eppure ci sono maggioranza e minoranza che potrebbero dire con esattezza cosa sinora è stato fatto nell’ordine di amministrare il Comune di Amantea. Si seguono gli interventi di vicinanza all’Amministrazione, l’on. Doris Lo Moro, in un preciso intervento, ribadisce: “se si colpisce un ente locale si colpisce direttamente la comunità e la scarsa collaborazione tra istituzioni rischia di far vacillare le posizioni che contrastano la violenza criminale, portando a passi indietro chi riceve le minacce. I delinquenti possono essere da qualsiasi parte e senza collaborazione si è deboli”. Segue “le minacce, da qualsiasi parte provengano, sono un atto vigliacco che ha degli obiettivi”. Magorno precisa che “questo è un giorno di festa, non triste”, invocando maggiori poteri per i comuni, precisando come questa sia la strada intrapresa dal Governo nazionale. Ripetuto anche dall’On. Bruno Bossio, l’invito di Magorno è quello di far conoscere la Calabria per la sua bellezza e non per la ‘ndrangheta. Enza Bruno Bossio dice ai cittadini di essere orgogliosi per questa amministrazione che, con il consiglio comunale aperto, dimostra di non piegarsi all’intimidazione. Il Prefetto tenta di dare un segnale diverso, riprendendo dalle parole di Lo Moro, facendo notare come i tagli della Spending review influenzino il controllo e la sicurezza del territorio, mentre c’è un forte bisogno di coscienza della legalità, di regole, senza scendere a compromessi, rivolgendo l’unico appello ai giovani: “siate sempre con gli occhi aperti”. La ministra Lanzetta offre lo spettacolo più lungo, ma poco è da annoverare al tema della giornata al di fuori della solidarietà espressa nei confronti della giunta comunale, il resto è chiacchiera per santini e volantini, troppo in odore di campagna elettorale.

L’antimafia delle parole era da evitare e quasi tutti sono finiti sotto una cascata di parole. È difficile parlare di giorno di festa quando gran parte dei convenuti ha sete di verità e di capire la risposta, la quale non può chiudersi in un semplice Consiglio comunale aperto. Come si andrà avanti, al di fuori delle minacce e contro le minacce? Qual è la direzione e l’operato che si intende seguire per non piegarsi alle minacce e ridurre in brandelli la mafia e la mafiosità di cui si impregna un territorio troppo silenzioso? Può essere un giorno di festa un giorno in cui è ripetuta la litania de “la Calabria dei borghi è quella che deve conoscersi”, evidenziando il carattere vittimistico con l’aggiunta delle paroline magiche in bocca all’antimafia delle parole “non solo per ‘ndrangheta”? Frasi che non risolvono gli interrogativi iniziali di questo articolo e dimostrano molta immaturità nell’analizzare il territorio calabrese e, in particolare, amanteano. Le parole dette coprono i fatti: c’è uno strato sottaciuto, ossia in quale parte della rete sociale si sono allargate le maglie concedendo spazio alla malavita e alla corruzione?

Un aiuto, nella risposta alle intimidazioni, deve arrivare anche dal pubblico in platea, dalla società civile, che deve fare forza non in “sostegno di”, ma nel combattere e fare pressione attraverso percorsi che conducano alla creazione e alla formazione di una società democratica e di eguali, ad una società responsabile verso se stessa e corresponsabile nei confronti delle altre. Considerare queste intimidazioni un problema risolto, o un problema di persone singole è la scelta sbagliata. Amantea necessita di una risposta, che non può essere omessa e tralasciata, soprattutto da un palcoscenico, dove nella finzione c’è solo verità.

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