arci piera bruno

La buona “sola”. La scuola di Renzi è una patacca

Nota diramata dal Circolo Arci “Piera Bruno” di Paola

Dalla lettura del documento e dalle modalità di consultazione si evince la natura ideologica dell’operazione in corso: una consultazione-farsa che chiede in poche righe e pochissime parole (max 5 min) di rispondere a domande vincolanti, con un click su internet o in dibattiti organizzati in extremis un po’ dappertutto, come quello del S. Agostino.

Un metodo che tende a giustificare le scelte che verranno (o che sono già state prese) millantando una prassi democratica inesistente, perché la partecipazione presuppone forte consapevolezza maturata attraverso un lungo e paziente lavoro di riflessione e analisi, incontri periodici, confronti serrati.

Ma poco importa: a Renzi serve l’icona, non il significato.

Il significato è già tutto intessuto tra le righe di una narrazione permeata dalla stessa idea di modernità del jobs act: niente diritti, competizione feroce e si salvi chi può, soprattutto grazie alle “capacità relazionali” che premieranno intrallazzini e vassalli di ogni sorta. Una narrazione, appunto, in cui la sovrabbondanza di metafore, l’orgia linguistica, che spazia dai latinismi agli anglicismi, e la facile retorica celano la totale assenza di contenuti e trasfigurano le competenze nella sola capacità di rispondere al “mondo esterno”, ovvero all’economia, all’impresa. Nessuna proposta concreta che dia risposta alla fame di senso dei giovani, che ponga al centro lo sviluppo di una coscienza critica grazie alla quale prendere le distanze e opporsi a sistemi disfunzionali e corrotti.

Unico obiettivo: la disgregazione della scuola pubblica. Accade così che i docenti vengano suddivisi in migliori docenti, docenti bravi, mediamente bravi e meno bravi. Poco importa che i diretti interessati rispondano con la levata di scudi, perché il sondaggio è rivolto a tutto il paese e intanto riesce con falsa innocenza a espandere a macchia d’olio l’assunto tutto ideologico che la scuola italiana non funzioni per responsabilità del corpo docente.

Non perché negli ultimi anni lo stato ha tagliato selvaggiamente i fondi (ma non alle private), non perché ormai le classi pollaio sono la norma, non perché non è stato previsto uno straccio di piano di formazione qualificata per la complessità umana crescente nelle classi, non perché il sostegno, fondamento della realizzazione del diritto di studio di tutti ed ognuno, è stato falcidiato, non perché le equipe di supporto (psicologi, sociologi, assistenti sociali) sono troppo poche e con troppi casi da seguire, non perché comuni sempre più poveri ed amministrazioni sempre più incapaci non riescono a garantire i servizi di base al diritto allo studio. E nonostante tutto, grazie anche ai docenti, la scuola ancora funziona.

Il problema per Renzi invece sono proprio loro: i fannulloni di brunettiana e anche montiana memoria. E per questo li mette in competizione per un piatto di lenticchie, scatenando una guerra tra poveri in cui tutti perderanno, perché perderanno il diritto collettivo: quello di vedersi aumentare la propria retribuzione nel tempo come riconoscimento del valore di una categoria e non come riconoscimento della miserrima capacità del singolo di fare la raccolta punti nei corsi di formazione a pagamento e di compiacere il dirigente.

Attraverso “la buona scuola”, il governo in realtà vuole crearsi una base di consenso diffuso nel paese contro i docenti, colpevoli di essere istituzionalmente promotori di consapevolezza e garanti della resistenza democratica di questo paese.

E così si arriva addirittura alla chiamata diretta da parte della scuola: senza diritti, i docenti saranno immessi nel mercato, al pari di un chilo di carne. Ecco, forse la sintesi di tutto il documento sta proprio in questo, la buona scuola è una scuola dell’incontro tra domanda e offerta, legge ferrea che non contempla il concetto di diritto, di qualità, di senso.

Renzi lo ripete più volte: la riforma della scuola come risposta alla crisi occupazionale, martellando in modo subliminale un’idea quanto mai bizzarra, e cioè che la crisi non si supera per l’inadeguatezza della scuola pubblica.

Vale la pena ricordare a Renzi che la crisi non l’ha creata la scuola e che la soluzione sta evidentemente nella politica economica di questo paese, non in quella scolastica.
E che il diritto allo studio è un diritto primario e non può essere soggetto ai capricci del mercato e della finanza, sia sul piano nazionale, sia su quello locale, dove grazie all’ipocrisia più evidente si versano lacrime di circostanza per l’incapacità di garantire i servizi essenziali di trasporto e mensa.

Ma in fondo questa è l’unica cosa che sanno fare i nostri amministratori: dolersi di non poter fare quello che dovrebbero fare. E piangono, mentre massacrano i diritti di tutti, le tutele ai più deboli e l’art. 3 della Costituzione.

About Redazione

Check Also

elisoccorso paola

Paola – Uomo colto da ischemia al rione Motta, interviene l’elisoccorso

Impossibilitato a toccare terra nei pressi dello storico rione Motta a Paola, dove un uomo …

Rispondi