cambia paola

La “politica dei nodi” al vaglio del pettine di Cambia Paola

Nota diramata dal movimento extraconsiliare di sinistra, “Cambia Paola”

L’analisi del voto è uno sport particolarissimo, in cui sembra che i posti sul podio non siano i tradizionali tre, ma molti di più, spesso pari al numero dei contendenti in lizza. Nelle riflessioni tradizionalmente dispensate urbi et orbi dopo la chiusura delle urne, c’è sempre un dettaglio sfuggente, un dato nascosto che consente l’auto-consolazione anche per coloro che, a prima vista, parrebbero aver subito una Caporetto. Per altro verso, non è raro che un dato pur positivo venga “gonfiato” e celebrato al punto da apparire grottesco.

Ma andiamo con ordine. Il grande vincitore di queste Regionali è stato Mario Oliverio, proiettato sullo scomodo scranno di Presidente della Regione da un 61% dei consensi che appare, a prima vista, al di là di ogni previsione. Nessuno può trascurare, tuttavia, quanto il risultato sia stato condizionato dallo scabroso mandato di Scopelliti e dalle lacerazioni intestine del centro-destra, che non è riuscito a tenere insieme i propri pezzi e, in molte realtà locali (Paola in testa) ha subito un trasversalismo mai visto prima. Trasversalismo che appare una vera e propria cambiale in bianco firmata dal neo-presidente in favore dei soliti corsari della politica, i sempreverdi agilissimi nel cambio di casacca. A ciò si aggiungono le sempre più insistenti voci (benedette da Renzi e Magorno) di passaggio di Pino Gentile nell’orbita dei vittoriosi. Potremo esserne più sicuri già nei prossimi giorni, quando si dovrà nominare il successore di Scarpelli alla direzione dell’ASP cosentina. Né Oliverio può trascurare di aver raccolto, in termini assoluti, il 61% dei voti in una Regione dove ormai si reca alle urne meno della metà degli elettori (il 44%, peggiorando il record negativo del 45% visto alle ultime Europee). Il dato nasconde due importanti questioni: intanto certifica una fortissima intolleranza dei cittadini nei confronti di una classe politica numericamente eletta ma democraticamente delegittimata. E non pare cosa da poco. Inoltre, rappresenta una spada di Damocle ormai così consistente da far ritenere volatile qualunque consenso: se solo la metà degli astenuti tornasse a votare, agli odierni vittoriosi potrebbe passare la voglia di ridere.

Se si scende nel dettaglio del risultato cittadino, poi, i nodi al pettine diventano particolarmente consistenti: il PD e la lista “Oliverio Presidente” raccolgono oltre il 46% dei voti (circa 3400), ma evidenziano in modo plateale le profonde fratture che attraversano il centrosinistra cittadino: Guccione, sostenuto dal gruppo che fa capo alla CGIL (anche se qualche voto del sindacato è andato a Pietro Lecce), da una parte consistente degli ex DS e parte dei Giovani Democratici, da Prospettiva Comune e dal consigliere di centrodestra Aloia, raggiunge le 622 preferenze; Aieta, trainato dai “civatiani” e dai “giovani turchi” del PD, da Ferruccio Fedele, da Piero Lamberti e dal consigliere Fabio Buono, arriva a 536; Franz Caruso, “portato” da Roberto Perrotta e dai socialisti storici sfiora quota 500; Mimmo Bevacqua, sostenuto da un’altra fazione “dissidente” del PD e dal consigliere Silvio Buono, totalizza 209 voti. A quanto pare, poi, i renziani hanno distribuito i loro voti fra altri candidati come Forciniti, Giudiceandrea e Mirabelli, mentre i “dottori del centrosinistra” hanno riversato 61 voti su Elio Bozzo. Dopo l’idillio con Roberto Perrotta, si è sganciato dal centrosinistra Tonino Pizzini, il cui candidato di centrodestra Giuseppe Graziano totalizza soli 98 voti. A fronte di ciò, appare evidente l’accerchiamento subito dalla candidata “ufficiale” del PD Maria Francesca Corigliano, espressione della segreteria cittadina e dell’asse Pirillo-Di Natale che, nonostante il soccorso di Sergio Stancato, Maria Antonietta Maiorano e Giorgio Sganga, non prevale e si ferma a 556 preferenze. Questo stato di cose certifica con palese chiarezza due cose: anzitutto le lacerazioni interne del cosiddetto “centrosinistra”, in cui la linea ufficiale del PD non solo non è maggioritaria, ma addirittura raccoglie meno di un sesto delle preferenze complessive tributate ai principali candidati. In secondo luogo – e conseguentemente – dimostra che la corsa di Graziano Di Natale alla tanto agognata leadership è molto in salita, visto che la grande maggioranza del suo partito lo ha isolato e non sono stati in grado di aiutarlo nella raccolta dei consensi neppure i patti trasversali stretti con alcuni fra gli esponenti più in vista del centrodestra cittadino (tuttora formalmente a sostegno di Basilio Ferrari). Anzi, proprio questo ricorso ai trasformisti può aver danneggiato la candidata di Di Natale, risultando probabilmente sgradita agli elettori un’alleanza con chi appare troppo incline a cambiare bandiera e, quindi, è percepito come altamente inaffidabile. Il peso elettorale dall’ala che fa capo a Di Natale, dunque, si è manifestata perfettamente equivalente a quello di tutte le altre frange interne al circolo locale del Pd il che significa, analizzando la circostanza nella prospettiva delle future elezioni comunali, che nessuna opzione può darsi per scontata quanto alla candidatura a sindaco e che, qualora l’attuale rappresentante del partito di Matteo Renzi nell’aula Lo Giudice dovesse ostinarsi a voler realizzare la propria ambizione a correre per la poltrona più alta del Sant’Agostino, dovrà mercanteggiare proprio con quei gruppi e quelle persone che solo un paio di mesi fa proclamava pubblicamente di voler “scaricare” per incarnare un cambiamento netto e profondo nella politica locale.

Il centro-destra cittadino è uscito devastato dalle elezioni. Le divisioni fra Forza Italia e NCD hanno spezzato i principali pacchetti di voto (soprattutto quello della famiglia Sbano, schierata su due fronti), e, soprattutto in considerazione dell’annunciata “non belligeranza” fra Gentile e Oliverio, sta velocemente portando alla sua disintegrazione. Big come Mancini e Morrone da un lato e Gentile e Trematerra dall’altro racimolano scarsi consensi. Spicca solo Fausto Orsomarso, che con i suoi 483 voti è il più votato del centrodestra. Se tuttavia si pensa che questi voti gli sono stati tributati da quel che rimane della “maggioranza” cittadina, il suo risultato è ben poca cosa rispetto agli oltre 5000 voti delle comunali. A questo punto, considerato che ci troviamo di fronte al bis delle provinciali, prima di andare incontro ad un’ingloriosa caduta, farebbe bene il Sindaco a prendere atto della situazione e presentare spontaneamente le dimissioni. Salverebbe almeno la faccia.

L’Altra Calabria e il Movimento 5 stelle conquistano, rispettivamente, il 5% e il 7% dei voti. Evidentemente la loro proposta di rottura non è riuscita ad attrarre gli elettori sfiduciati che, anziché mobilitarsi, hanno preferito rimanere a casa. I Grillini probabilmente pagano il fatto di non aver saputo tradurre in concreto il consenso ottenuto alle politiche del 2013, quando hanno conquistato oltre 160 parlamentari che – però – finora non sono stati in grado di incidere sull’agenda governativa. In più crediamo che abbiano pesato anche le lotte interne fra i gruppi che fanno riferimento a Morra e Molinari (oggi più che mai ai ferri corti), la candidatura di aspiranti consiglieri del tutto privi di radicamento territoriale e il disimpegno di Beppe Grillo dalle elezioni calabresi. L’Altra Calabria, pur se portatrice di un programma articolato e definito, ha probabilmente dato l’impressione sin dall’inizio di non essere in grado di superare il quorum dell’8%. Ciò anche a causa del mancato accordo con SEL, che invece era stata parte integrante della lista “Altra Europa” solo sei mesi fa. Il risultato è che entrambi i raggruppamenti a Paola cedono terreno (“laSinistra” prende poco più di 100 voti). E’ un vero peccato, perché mai come in questo momento appare necessario dare rappresentanza a un’ampia fascia di cittadini che ha le tasche piene di un metodo amministrativo clientelare e poco trasparente, in cui – a Roma come a Catanzaro – gli interessi privati tendono sempre più a prevalere sui diritti sociali (dal lavoro alla sanità, dall’ambiente alla scuola).

Il compito che deve assumersi oggi la Sinistra è quello di riacquistare credibilità agli occhi delle migliaia di cittadini che non si sono recate alle urne, costruendo non tanto un’alternativa, quanto piuttosto una “prima scelta”, basata su due perni fondamentali: da un lato la chiarezza di idee e la competenza di settore, perché è inutile proporsi all’elettorato se non si hanno dei progetti precisi per intervenire sui guasti prodottisi negli ultimi 20 anni; dall’altro lato l’affidabilità, perché si è capito che il consenso (quello slegato dai pacchetti clientelari di voto) può essere ottenuto solo quando si riesce ad infondere la fiducia che le promesse saranno mantenute e i progetti realizzati. Ciò è possibile a tre condizioni: 1. Unire nel progetto di rinnovamento tutte quelle anime autenticamente progressiste che hanno una concezione ALTA della politica e pensano che fare politica significhi mettersi al servizio del bene comune in modo trasparente, leale, coerente; con meno ideologismi e più ideali; meno slogan e più contenuti; meno rabbia e più determinazione; meno pancia e più cervello; meno teoria e più concretezza; meno steccati e più dialogo, puntando su ciò che unisce piuttosto che su ciò che divide. 2. Segnare una decisa discontinuità con le esperienze fallimentari che hanno precipitato Paola nel baratro e dunque emarginare tutti i saltafosso, i voltagabbana, i cambiatori di bandiera che finora sono stati solo in grado di far cadere le amministrazioni e non di sostenerle. A tal fine appare imprescindibile un serio codice etico, che consenta di mettere le persone giuste al posto giusto; 3. stimolare la partecipazione attiva della “città reale” (associazioni, sindacati, movimenti, comitati, partiti, singoli cittadini) nell’elaborazione di una proposta politica a misura d’uomo, per ridisegnare una Città Nuova, inclusiva e attenta alla cura dei beni comuni. Ci piacerebbe che non siano i candidati scelti dall’alto a chiedere il voto pretendendo una delega in bianco ma che siano gli stessi cittadini a proporre nomi e cose da fare, realizzando finalmente quella democrazia partecipata che è l’unico modo per restituire ai paolani il controllo delle proprie scelte.

 

About Redazione

Check Also

emanuele carnevale

Le ragioni del NO – Conferenza stampa del 6 settembre sul Referendum

Si è costituito anche a Paola il comitato aderente al coordinamento referendario calabrese per il …

Rispondi