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Parcheggio in centro: PERICOLO MORTALE!

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Un esempio di recinzione, sicura e affidabile come un box per bambini, adatta per Parcheggio

Lo “sgarbo” non era ancora stato metabolizzato e l’ignobile catena imbrigliava ancora il cuore del fanciullo, “Parcheggio in centro” così languiva nella morsa dell’avocado Tovaglioli che, nei suoi riguardi si esprimeva con parole dolci. «Anche io sono tuo padre – scandiva con tono preoccupato – e non pensare che ti voglio male se t’incateno il cuore. Lo faccio perché temo i pericoli del mondo, le ruote bifolche di quei mezzi pesanti che potrebbero deturparti il viso. Le fondamenta immonde di quel circuito su cui si gareggerà per l’ambito trofeo noto come “Coppiera Dellamico”. No, no, Parcheggino mio. Papà non ti lascerà nelle mani di non conosce il tuo giusto prezzo, quello che io stabilirò man mano che lo scontro si acuirà. Vedi? Per tenerti più sicuro paparino adesso ti fa un bel box, dove tu potrai gioire indisturbato».

E così diceva mentre alzava un recinto, di tondini e rete da cantiere, attorno ai piedini dell’infante.

Parcheggio in centro non pareva più tanto spaventato, anche se ogni tanto gettava l’occhio curioso dalle parti di sua sorella “Isola”, bellissima e appariscente per la festa che – annualmente – la vedeva sfilare nel nucleo della Città con il Nome di Donna.

Rubicondo ridacchiava ancora quando, sul far del mattino, le ruspette gli grattavano il pancino e Fieramosca Scanu, assieme a Baracca del Rampante Cavallino, andavano a fargli compagnia inscenando comiche giravolte sulla bicicletta.

«Maledizione – esclamava spesso Fieramosca Scanu – così deturpato è tornato alle sue dimensioni prenatali, quando facendo l’ecografia era emerso chiaramente il segno del suo sottosviluppo. Sicuramente i detrattori adesso saranno sul piede di guerra, con quest’ordine di idee non si può presentare una proposta accattivante. Sono sinceramente preoccupato, forse era davvero una gravidanza da interrompere».

«Ma che vai blaterando – diceva Baracca del Rampante Cavallino quando lo sentiva partire con questa litania – Ti ho già detto mille volte che questa Città, avendo un nome di donna, gradisce essere maltrattata. Me lo ha detto un amico che si occupa di opportunità esasperatamente parificate. Se ha un nome di donna, vuol dire che è così, altrimenti sarebbe un travestito. Ed io tutto posso sopportare, tranne le cose che stanno sull’altra sponda. Quelle proprio le odio. Pertanto, se mi trovassi ad amministrare un travestito, lo maltratterei provandoci piacere io, stavolta. Ma, ribadisco, stai tranquillo che se è donna le piace ciò che le stiamo facendo».

Ad interrompere questa gratificante conversazione arrivò però un evento inaspettato. Uno schiocco improvviso, come di fune che si stacca dall’albero maestro di una nave. Baracca del Rampante Cavallino e Fieramosca Scanu si voltarono in direzione del rumore, e videro.

Il loro amico di consigli, Franzisco Cobra, li guardava catatonico. Col viso annerito come fosse bruciacchiato, stava in piedi dinnanzi a loro, coi capelli dritti che sembravano usciti da un religioso disegno. Era “fulminato” ma ancora vivo.

«O no? No? Famm’ parlà… – balbettava tremolante – I ringhierin’, a’ muraglia cinese… i panetton’… Vuogli’ l’ossigen’… Lungomar’ variopint’… Purtatm’ l’ossigen’…». Come fosse scioccato, Franzisco Cobra si esprimeva in maniera incomprensibile.

«Cosa è accaduto?», ripeteva Baracca del Rampante Cavallino, mentre gli si faceva dappresso correndo. «Esprimiti Franzisco, parla!».

«Io penso che non potrà parlare per un bel po’ – intervenne un operaio Grattatore li presente – Ho visto tutto. Signorvicesì, l’amico vostro ha preso la scossa».

«Ma che vai farneticando? – disse Fieramosca Scanu – Quale scossa? Quale corrente?».

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Tipico esempio di lavoro fatto “alla muzza”, per far passare la corrente da un punto all’altro

«Quella che avete fatto mettere voi per alimentare il faro notturno – gli rispose l’operaio – quella che parte da questo palo dell’illuminazione pubblica e, senza alcun criterio di sicurezza, è stata collegata con un filo malmesso al palo di cemento alla fine di Parcheggio. Quel palo la, lo vedete? Il povero Franzisco Cobra vi stava ammirando da lontano, quando ha deciso di accendersi una sigaretta e per questo s’è appoggiato al lampione pubblico che è di metallo. Come ha messo la mano sul palo, “zac”, è rimasto attaccato».

«E chi l’ha fatta fare sta porcheria sopra a parcheggio?». Chiese perentorio Baracca del Rampante Cavallino.

«Ehm… Sono stato io». Rispose, puntando a terra il piedino, Fieramosca Scanu.

«E perché l’hai fatto?». Incalzò il suo superiore di grado in giunta.

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Particolare che aiuta a comprendere il senso dell’espressione: “Lavoro grossolano e privo dei crismi di sicurezza”.

«Perché avevo paura che l’avocado Tovaglioli potesse allungare nottetempo le sue mani su parcheggio. Volevo sgamarlo». Disse, Scanu, che continuò: «Sai com’è, c’è pure la festa. Che figura avrebbe fatto Parcheggio se non avesse avuto neanche ‘sto lumino?».

«Veramente sono due – rispose secco Baracca del Rampante Cavallino – E poi non mi pare che siano stati tanto utili contro Tovaglioli, lo vedi che ha alzato un altro recinto la sotto? Non ce la faccio più a ripetervi che le cose, prima di farle, me le dovete dire. Non posso essere sempre l’ultimo a capire che succede!?!»

«Hai ragione, non succederà più – promise Fieramosca – D’ora in poi ti dirò tutto, ma adesso portiamo Cobra all’ospedale perché come tu ben sai, io mi occupo di salute, e questo non mi pare proprio messo bene».

E così dicendo s’avviarono verso Via delle Disgrazie Donate, laddove era sito il nosocomio.

 

Avete appena letto il terzo capitolo di “Città con il Nome di Donna”, romanzo a puntate. Fatti e persone sono frutto della fantasia dell’autore, ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale. Per leggere i capitoli precedenti, clicca qui (Cap. I) e qui (Cap. II).

About Giampiero Delpresepe

Autore "collettivo", nominato caporedattore della Testata on-line Marsili Notizie, mi occupo dello scibile in generale, con particolare attenzione alla Politica.

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