Ospedali di Paola e Cetraro, campanilismo e risultati zero.
Da decenni si trascina una assurda diatriba tra i due comuni del tirreno, quasi che la salute sia appannaggio del territorio ove è ubicato una sede ospedaliera.
Sin dai tempi della prima giunta Ganeri, proponemmo quale alternativa all’ospedale unico, che realisticamente sarebbe la soluzione di molti mali, la possibilità di far cessare le assurde ostilità tra i due comuni, con la distinzione di un polo medico e di un polo chirurgico. Ma la miopia di molti, l’avversione dei dipendenti amministrativi, medici, paramedici, per la verità solo alcuni, fece invalidare il progetto. Il tutto perché per alcuni implicava ,doversi spostare di qualche chilometro per il proprio turno lavorativo. I risultati in questi anni sono: una migrazione sanitaria continua ,i dati sono pubblici, per qualsiasi patologia di una certa gravità, per chi può permetterselo, vi è la ricerca spasmodica di un centro di riferimento quasi sempre in altre regioni.
Di fatto oggi abbiamo due ospedaletti fotocopie, dove alcune volte a causa delle normative attuali si rischia molto. Pur non essendoci una emodinamica, oggi fondamentale, per gli eventi cardiovascolari, il paziente deve essere portato presso l’ospedale più vicino, quindi Paola o Cetraro ambedue impossibilitati ad effettuare quelle procedure che se attuate velocemente potrebbero salvare una vita.
Identico discorso per quanto concerne accidenti cerebrovascolari.
Che dire dell’urgenza nei pronto soccorsi. Un solo medico con poco personale deve far fronte alle urgenze di un intero territorio, qualunque cittadino del tirreno che ha avuto la disgrazia di essersi dovuto recare in ospedale ,ha quasi sempre avuto una brutta esperienza. Fatta salva lo spirito di sacrificio di molti operatori, questi presidi ,spesso vengono affidati a medici che non sono stati preparati per le emergenze, addirittura in molti ospedali nella nostra regione, vengono inseriti giovani medici di guardia medica, che contrattualmente fanno parte di ben altro contratto ed attività.
Che dire poi delle liste d’attesa, mesi per l’esecuzione di indagini diagnostiche, per cui si è costretti a rivolgersi al privato per risolvere i quesiti diagnostici.
Un altro aspetto, venuto alla luce in questi giorni, è l’infiltrazione mafiosa in campo sanitario. Plauso a chi ha reso pubblica questa piaga, ma era da decenni a conoscenza di tutti la presenza intimidatrice, anche tramite assunzioni , di personale imposto dalla malavita. Anche in questo si equivalgono i due presidi, oggi parliamo, molto tardivamente di Cetraro, dimenticando che negli anni 80 presso l’ospedale paolano, qualche medico e paramedico, succube delle minacce, in qualche caso complice, raccoglieva il pizzo dai colleghi per consegnarlo al referente malavitoso.
Anche in questo caso, non scrivo nulla di eccezionale, in quanto i nomi dei personaggi sono stati resi pubblici dalla stampa.
Certo oggi assistiamo alle reprimende, in quanto nessuno si è fatto avanti per denunciare questa situazione, facile a dirsi, io ricordo quel triste periodo allorché il primo che reagì al ricatto, solo dopo ventiquattro ore dalla sua denuncia al commissariato di Paola, fu ucciso platealmente in pieno giorno. Nello stesso ospedale paolano, moriva Lo Sardo che preferì parlare ad altri e non a chi sarebbe stato preposto alle successive indagini.
Oggi la politica si agita, bene è l’occasione di rivedere tutta la sanità sul territorio, tralasciare i campanilismi, guardare anche fuori dagli ospedali. Intervenire sulle problematiche delle nuove aggregazioni dei medici di famiglia, bloccate da mesi in quanto alcuni pseudo rappresentanti sindacali, pretendono come al solito soldi a pioggia senza alcun impegno lavorativo.
A molti medici farebbe comodo stare tranquillamente a casa o in altri posti, prendendo ulteriori incentivi, piuttosto che stare fisicamente e prestare la propria opera in una struttura, ove sei obbligato a lavorare per alcune ore al giorno, a favore di qualsiasi utente. Ma questa, come dice Lucarelli. È UNALTRA STORIA