cuore del marsili

Il Cuore del Marsili – Certa gente andrebbe applaudita… in faccia

Sogno o lungimiranza?

Quando il personaggio protagonista di oggi ha preso contatto con noi per dare la sua testimonianza, abbiamo avuto un momento di stupore: tutti conoscevamo già la sua storia, ma le 1000 domande che ognuno di noi aveva in serbo per lui non gli erano mai state rivolte per educazione e per riserbo. Domande, domande, domande…in testa per due giorni ho avuto come un vortice di parole che ruotavano intorno alla sua foto poco sorridente.

Martedì 6 gennaio, h18.00, casa sua.*

Siamo arrivati puntualissimi. Dietro la sua porta eravamo come ragazzini sorridenti dietro il botteghino del cinema; ha aperto, ci ha guardato e ha detto: «Mi sembrate un po’ troppi, non credete? Entra tu, gli altri avranno sicuramente di meglio da fare». Io mi sono sentita onorata, orgogliosa e presuntuosamente ma affettuosamente ho lanciato un’occhiata superba al resto del team…e l’ho pagata… perché distraendomi, ho inciampato e sbattendo la testa alla porta, l’ho chiusa. Con freddezza glaciale, ha spento sul nascere quel sorrisino da ebete che viene a chiunque commette gaffe di questo genere (che di sicuro saranno rarissime) e: «Se ritiene di aver chiuso bene la porta mi segua!». Mi sembrava di avere a che fare con il maggiordomo della famiglia Addams. Capirete benissimo quanto mi sia vergognata, e non mi ha chiesto neanche se mi ero fatta male! Il salotto era bello, comodo ma io trattenevo a stento una risata esplosiva ripensando alla figuraccia fatta, sono certa che si sia pentita di aver scelto me, ma io con l’animo da comico, proprio non riuscivo a pensare ad altro. Col sorriso stampato, tipo paresi, mi guardavo intorno e catturata dalla bellezza della casa, non mi ero accorta che era seduto già da un pezzo, il nostro personaggio. Era seccato, aspettava che lo facessi anche io. Seduta compostissima come una scolaretta intimorita dal vecchio maestro, lo fissai; cinque secondi lunghissimi si silenzio per me imbarazzanti, prendo fiato, ma mi precede e dice: «Lo statuto del PCI tra i doveri del militante, indica la necessità di una vita esemplare anche nella sfera privata. Può sembrare nostalgico, ma che fine ha fatto la dignità di certe persone, come si fa a mescolare vita pubblica e privata in un modo tanto sbagliato? La generazione nata con la capacità di usare il computer, è stata prima ammansita, poi soggiogata dalle attrattive più banali. Certo non tutti, non allo stesso modo, ma, sì, si è verificato. Avevamo un sogno, avevamo un ideale: lo abbiamo abbandonato! La pace, il benessere non si possono costruire sulla speranza…». Si alza e si dirige verso la porta della stanza, continuando con una voce che sembrava un tuono: «Ho finito». E poi: «È solito bere the a quest’ora del pomeriggio?», «No, sono più per le bibite fredde e gassate», «Allora può andare, grazie del tempo dedicatomi». Sono rimasta frastornata, muta, camminavo come un automa, i sentimenti in subbuglio, il cervello in confusione totale. Mi aspettavo una chiacchierata normale con domande e risposte, su un qualche episodio della sua vita…invece …non ne voleva sapere di raccontarsi, aveva già detto tutto ed era tornato nel suo guscio.

Come se non bastasse, una volta in macchina, cercavo di partire col freno a mano azionato, e sì che, se mi avesse osservato dalla finestra, avrebbe avuto l’istinto di andare a sbatterla lui la testa alla porta, per la conferma che aveva consegnato le sue amarezze a un elemento del popolo web irrecuperabile. Catturato da quei momenti imbarazzanti e comici allo stesso tempo, ho trascorso i giorni a seguire come in trance, alternando senso di vergogna a ilarità; non dicendo nulla, e come potevo.

Ora però che ho elaborato, finalmente esco allo scoperto, aiutato dal film ‘Teste di cocco’, il film commedia diretto da U.F. Giordani.

Ho la testa dura, ma non vuota, posso essere seme di noce di cocco: loro possono germogliare anche dopo tanti giorni di galleggiamento sull’acqua, percorrere chilometri, ma depositarsi e attecchire all’arrivo della primavera.

Ecco, ho la possibilità di essere un seme di noce di cocco, esattamente come voleva essere lui quella sera. Tutti i buoni consigli tornano alla mente, se questa non è avvizzita; aleggiano, stanno in ombra, fanno capolino un po’ alla volta fino a quando si concretizzano e in modo dirompente escono alla scoperta.

Dalle parole di Oriana Fallaci:

L’abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Per abitudine si vive accanto a persone odiose, s’impara a portare le catene, a subire ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto. L’abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente, cresce poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza, e quando scopriamo di averla addosso ogni fibra di noi s’è adeguata, ogni gesto s’è condizionato, non esiste medicina che possa guarirci.

Insomma voleva semplicemente ricordare alla moltitudine un atteggiamento ovvio ma dimenticato per cattive abitudini.

*è questo il motivo per cui affibbiammo il nome di Epifanio/a, al personaggio/protagonista di oggi.

Sono sicura che una manifestazione del soprannaturale avverrà davvero, tra tutti coloro che vorranno essere semi.

OMega

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