cosmo de matteis

La Sanità avrà un “nuovo” Ministro, il dottor Cosmo De Matteis gli scrive

Lettera scritta dal dottor Cosmo De Matteis, camice bianco paolano – vicepresidente nazionale del Sindacato dei Medici Italiani – che si rivolge al futuro Ministro della Sanità per metterlo al corrente riguardo lo “stato dell’arte” di uno dei settori nevralgici dello Stato italiano.

Mentre Le scrivo non so chi Lei sarà, e non lo sa nemmeno Lei. Però posso anticiparLe il mio pensiero. Lei è il guardiano dei livelli essenziali di assistenza, bada a che nessun italiano sia discriminato nelle cure. Alla vigilia di elezioni impegnative per Lei –e pure per me, medico di famiglia da 40 anni, prossimo alla pensione– Le descrivo il mio stato d’animo prendendo a spunto una storiella di zio Paperone degli anni Settanta: governante in una valle sperduta dove nessuno voleva fare quel mestiere, gli avevano messo un elmetto-robot con le manine metalliche e se “sbagliava” a decidere o anche solo a pensare prendeva bei ceffoni; tanti ne prese che la sua faccia non passava per le porte. Così un po’ io vedo me e molti miei colleghi oggi.

Vivo male questi ultimi anni e non per colpa mia. Ho perso un rinnovo contrattuale; ho speso varie migliaia di euro per alfabetizzarmi con l’informatica e per assumere un assistente di studio salvo poi dovermi difendere con un contenzioso di anni da un’Irap non dovuta perché il Fisco mi scambiava per imprenditore. Mi è stato chiesto di usare programmi per computer che mi avvertono ogni 28 giorni di quando scade un antipertensivo o una statina. Ad alcuni colleghi compare una faccina arrabbiata se prescrivono prima del tempo o fuori nota Aifa. Quella faccina nell’intento di chi l’ha inventata dovrebbe anche far sorridere. Ma non c’è nulla da ridere se a un paziente molto malato prescrivo un farmaco salvavita costoso nell’ambito di un piano terapeutico specialistico e dopo anni, con il paziente deceduto e le sue carte buttate via dalla famiglia, l’Asl mi chiede di vedere quel piano, di confrontarlo con le mie indicazioni, di verificare se ho seguito tutte le regole, dette e non dette, scientifiche e compilative. La mia principale preoccupazione dovrebbe essere dunque conservare tutto, tutelarmi affinché le mie azioni non siano usate contro di me? Dovrei forse anteporre la mia convenzione al bene dell’assistito, annientare entrambi? O magari dovrei compiacere una Regione che mi usa per rimediare a un suo errore: prima compra la medicina salvavita a metà prezzo, e poi la fa dispensare in farmacia con un ricarico molto superiore per il farmacista rispetto al resto d’Italia, salvo poi chiedere a me medico convenzionato la differenza di costo rispetto alla mancata distribuzione ospedaliera?

Tante cose ho detto ai pazienti per difendere questo servizio sanitario, che però anche di recente ci ha ripagati con regole contraddittorie. Il decreto sui livelli essenziali di assistenza che pone vincoli di appropriatezza agli esami specialistici, dovrebbe rendere accessibile a tutti una sanità con risorse limitate. Di fatto, il paziente che si vede negata la ricetta per una diagnosi cui prima aveva accesso contesta, mastica amaro, cambia medico, allontana la soluzione del suo problema. Ma è sul fronte farmaci che nelle regioni in piano di rientro si rischia di fare più male. Quando le Asl guardano gli scostamenti prescrittivi dei medici dalla spesa storica, non considerano i pazienti singoli, le loro situazioni. Prendiamo gli antiulcera: il servizio farmaceutico-tipo pensa di aver sgamato il medico compiacente solo perché a un infartuato in cura con cardioaspirina ha prescritto l’antiulcera senza gastroscopia con meno di 65 anni. Per proteggere lo stomaco, in Italia, il sessantacinquennale è strategico, a meno di non fare un esame che costa centinaia di volte la medicina. Volessi il bene dei bilanci dell’Asl dovrei evitare di curare al malato “giovane” il bruciore di stomaco anche se mi smetterà la cardioaspirina prima del tempo. Mi si dice che con la medicina di iniziativa potrei organizzarmi – non so ancora a spese di chi – con i colleghi del comprensorio per ritardare al Servizio sanitario quella spesa di tre euro al mese a ricetta. Ma se penso agli sprechi presenti nella mia sanità, al persistere di situazioni di comparaggio nelle cronache dei quotidiani – e sono solo la punta dell’iceberg – da uomo, vorrei mandare al diavolo la suddetta medicina di iniziativa.

Caro Ministro che verrà, di questi tempi ai medici di famiglia si chiedono cose indecenti. A Catania 800 colleghi sono stati denunciati sia alla Procura della Repubblica sia alla Corte dei conti per aver prescritto alendronato contro l’osteoporosi senza prima aver fatto eseguire la densitometria ai pazienti. E’ vero, la nota nazionale raccomanda la densitometria per accertare la patologia; senonché una nota assessorile in Sicilia da anni restringe la densitometria solo a casi rari e particolari (familiarità conclamata, grave rischio frattura etc). Riepilogando, alla faccia dell’autonomia e dello statuto speciale, i medici di famiglia siciliani sono chiamati a lesinare le cure ai loro assistiti rispetto al resto degli italiani. E se non lo fanno a Catania sono accusati di un reato.

Questo povero medico “ceffonato” come zio Paperone, e spesso vicino alla sua età anagrafica, ha un’ultima cosa da dirle, caro Ministro. L’Agenzia del Farmaco intende attribuire a noi medici di famiglia la possibilità di stilare i piani terapeutici per i nostri pazienti. E’ un compito che ci spetta ma non dev’essere una grana, l’ennesima. Se la pari dignità con gli specialisti ci fosse attribuita per usare i nostri gestionali e i rendiconti contro di noi, perché la ricetta dello specialista ospedaliero è “a mano” e si controlla meno, non plaudirò alla concessione Aifa. Caro Ministro, chiunque lei sia, sappia che il Suo medico –a parte casi specifici– non vuole essere l’utile idiota del malaffare, non intende più favorire a sue spese la fioritura di irregolarità, non intende sacrificare il paziente per sostenere altri sprechi. E nel mio piccolo anch’io, lo voglia o no, sono il Suo medico.

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