pompeo panaro

Paola – “Ritornava una rondine al tetto”: il caso Panaro, vittima di mafia

Ritornava una rondine al tetto: l’uccisero”.

Pompeo Panaro non tornava propriamente a casa quando, tanti anni fa, era alla guida di una Fiat 127 per le strade cittadine. Forse pensava di farlo al ritorno, una volta restituita la macchina al cognato (perché la sua gli era stata appena rubata). Non lo ha fatto, perché ovunque si sia recato, da quel giro in 127 Pompeo Panaro non tornò più.

Probabilmente non ebbe neanche il tempo di dire “perdono” e non è dato sapere se gli “restò negli occhi un grido”, perché di Pompeo Panaro non è rimasto neanche il cadavere intatto, la salma che nella “casa romita” aspettano invano da anni.

Non un lutto da rinnovare al cimitero, dove neanche alcuni resti – ritrovati a distanza di un anno ma attualmente consegnati agli inquirenti – stanno più li a testimoniare la presenza di un congiunto, che prima di ogni altra qualità aveva quella di “padre”. Non un feretro da accarezzare idealmente, posando una mano su una lapide.

Era innanzitutto un uomo Pompeo Panaro, una persona capace di affermare pubblicamente il proprio dissenso in un periodo in cui, a Paola, si parlava la lingua di piombo.

E lo fece in consiglio comunale, quando – consigliere eletto – lasciò i banchi della sua compagine perché in dissenso con la linea politica.

Era un commerciante di successo Pompeo Panaro, capace di fatturare cifre importanti al tempo in cui la “Lira” valeva qualcosa.

Il 1982 è stata l’annata in cui l’Italia vinse la coppa del mondo di calcio, in un’estate forse un po’ più avviata rispetto a quella attuale. E se non accadde in Agosto, come nella poesia di Giovanni Pascoli, avvenne a Luglio, qualche giorno dopo quella fantastica domenica dell’11, in cui Dino Zoff levò al cielo la coppa più ambita.

Mercoledì 28 Luglio 1982, Pompeo Panaro scomparve. Almeno alla vista dei suoi familiari e di quelli che gli volevano bene. Ma restò impresso negli occhi di coloro che gli volevano male e che lo guardarono sino alla fine, finché il suo corpo non cadde al suolo sotto i colpi subiti.

La morte violenta di Pompeo Panaro (fascicolata come omicidio già nel 1984 ma rimasta nel novero delle “morti presunte” sino al 1994), per molto tempo venne indagata come caso di “lupara bianca”, malgrado le rivelazioni di un collaboratore di giustizia che, poco tempo dopo la sua scomparsa, parlò delle modalità e degli esecutori materiali del delitto.

Per questa ragione, la giustizia sul suo caso deve ancora essere fatta.

E sono quindi necessarie nuove indagini. Di questo è convinto il figlio Paolo, che come denuncia il movimento “Cambia Paola” in una nota, dopo essere riuscito «a ricostruire una storia a dir poco sconcertante, scoprendo ritardi, omissioni, depistaggi», sta tentando in ogni modo di fare luce sul peso che da anni trascina la sua famiglia nell’oscurità.

Per questo motivo, il ragazzo, da qualche tempo è entrato nel raggio d’attenzione di qualcuno che – sempre secondo la nota della compagine che, in coalizione con la “Rete dei Beni Comuni“, ha portato Vincenzo Limardi (oggigiorno sostituito da Giuliana Cassano) nel Consiglio Comunale di Paola – pare volere «che questa tragedia sia derubricata e dimenticata».

Questi i fatti descritti nel comunicato stampa: «Da anni, da quando cioè ha iniziato a lottare per ottenere verità e giustizia per il padre, Paolo Panaro subisce intimidazioni e minacce; tutti episodi verificatisi in sconcertante sincronia con i momenti chiave delle indagini o con le tante denunce pubbliche lanciate da Paolo: danneggiamenti alla sua auto, uccisione dei suoi cani, da ultimo una volpe impiccata a fianco della sua macchina, messaggi intimidatori. Paolo oggi ha querelato gli ignoti (per ora) vigliacchi autori di tanto odio, ma ovviamente questo non basta.

I cittadini e le istituzioni non possono lasciare solo Paolo Panaro. L’intero contesto sociale ha la responsabilità di supportare Paolo nel rendere giustizia alla memoria del suo papà, di proteggerlo dall’isolamento, di alleviare lo stato di prostrazione e di impotenza che certamente soffre un figlio che si batte contro tutti per amore di una verità che molti hanno paura di ammettere.

Il nostro compito non è solo quello di offrire la massima solidarietà a Paolo Panaro ma anche quello di far comprendere che una vittima delle mafie non è un dolore solo per i parenti, è un dolore e una sconfitta per l’intera comunità e che il diritto di conoscere la verità sulla scomparsa di Pompeo Panaro è un diritto per tutti noi.

La vicenda Panaro deve indurci a riflettere, ancor più che sulla legittima ricerca della verità, sulla inquietante ed allarmante gestione degli eventi giudiziari che rischiano di cancellare persino il ricordo di un uomo da prendere invece ad esempio per la sua condotta civica. Per questo potremmo dire, senza ombra di smentita, che Pompeo Panaro rischia di morire una seconda volta!

Per questo LIBERA si è determinata nell’intento di organizzare a breve una iniziativa pubblica che avrà lo scopo di smuovere le nostre coscienze assopite gridando forte che la lotta di Paolo deve essere invece una lotta di tutti noi, perché i nostri figli possano crescere in una Italia della quale essere orgogliosi».

Un’iniziativa cui partecipare, perché possa quantomeno assorbirsi una lacrima dal “pianto di stelle” che inonda “quest’atomo opaco del male”.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

Check Also

maria pia serranò

Paola – «Siete in linea con il comune» ma non col sindaco

«Siete in linea con il Comune di Paola. Se conoscete l’interno, digitatelo ora, oppure digitare: …

Rispondi