estate in calabria

La durata relativa dell’estate calabrese, unica stagione di diritti “evaporanti”

Probabilmente intesa come “occasione” per far girare quel famigerato «volano di sviluppo» tanto in voga nei comizi, l’estate vissuta alle latitudini locali s’allunga e s’accorcia a seconda delle esigenze.

C’è chi la prende prima, chi la lascia dopo e viceversa, la bella stagione dell’offerta turistica e delle iniziative promozionali del territorio, più che una scalata “in cordata” pare una sorta di tiro alla fune tra le diverse località.

Quando “La Stagione” (in dialetto «’A Staggiùn’») è nel suo vivo, l’intero circondario si ammanta di una tensione continentale che induce un impegno collettivo, teso a rappresentare una contemporaneità col momento presente.

L’estate, per le realtà “a vocazione turistica” (come lo è tutta la Calabria), è il periodo dell’anno che rappresenta la “vita”. Mare e montagna lavorano in coppia, le campagne sono prese d’assalto, i luoghi di Culto raggiungono l’apice delle presenze e il traffico sulle strade ha un tenore “europeo”. Quasi attuale.

L’offerta turistica è praticamente “totale”, comprensiva di beni culturali e archeologici a partire dalla preistoria, perché la Calabria è un’alchimia che a descriverla sono necessarie le parole di Leonida Repaci.

«Quando fu il giorno della Calabria, Dio si trovò in pugno 15 mila kmq di argilla verde con riflessi viola. Pensò che con quella creta si potesse modellare un paese per due milioni di abitanti al massimo. Era teso in un vigore creativo, il Signore, e promise a se stesso di fare un capolavoro. Si mise all’opera, e la Calabria uscì dalle sue mani più bella della California e delle Hawaii, più bella della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi. Diede alla Sila il pino, all’Aspromonte l’ulivo, a Reggio il bergamotto, allo stretto il pescespada, a Scilla le sirene, a Bagnara i pergolati, a Palmi il fico, alla Pietrosa la rondine marina, a Gioia l’olio, a Cirò il vino, a Nicotera il fico d’India e a Pizzo il tonno. Diede al Crati l’acqua lunga, allo scoglio il lichene, alle montagne il canto del pastore, alle spiagge la solitudine e all’onda il riflesso del sole. Assegnò Pitagora , Alcmeone e Filolao a Crotone, Gioacchino da Fiore a Celico, San Francesco a Paola, Telesio a Cosenza, Campanella a Stilo, Mattia Preti a Taverna, Manfroce e Cilea a Palmi, Alvaro a San Luca e Calogero a Melicuccà. Poi distribuì i mesi e le stagioni alla Calabria. Per l’inverno concesse il sole, per la primavera il sole, per l’estate il sole, per l’autunno il sole. A gennaio diede la castagna, a febbraio la pignolata, a marzo la ricotta, ad aprile la focaccia, a maggio il pescespada, a giugno la ciliegia, a luglio il fico melanzano, ad agosto lo zibibbo, a settembre il ficod’india, a ottobre la mostarda, a novembre la noce, a dicembre l’arancia. Volle che le madri fossero tenere e le mogli coraggiose, gli uomini autorevoli e i vecchi rispettati; i mendicanti protetti, gli infelici aiutati, le persone fiere leali socievoli e ospitali. Volle il mare sempre viola, la rosa sbocciante a dicembre, il cielo terso, le campagne fertili, l’acqua abbondante, il clima mite, il profumo delle erbe inebriante.
Operate tutte queste cose nel presente e nel futuro il Signore fu preso da una dolce sonnolenza in cui entrava la compiacenza del Creatore verso il capolavoro raggiunto. Del breve sonno divino approfittò il diavolo per assegnare alla Calabria le calamità : le dominazioni, il terremoto, la malaria , il latifondo, il feudalesimo, la malaria, il latifondo, le alluvioni, la peronospora, la siccità l’analfabetismo, il punto d’onore, la gelosia, l’Onorata società, la vendetta, l’omertà, la falsa testimonianza, la miseria, l’emigrazione. Dopo le calamità, le necessità: la casa, la scuola; la strada, l’acqua, la luce, l’ospedale, il cimitero. Ad essa aggiunse il bisogno della giustizia, il bisogno della libertà, il bisogno della grandezza, il bisogno del nuovo, il bisogno del meglio. E, a questo punto, il diavolo si ritenne soddisfatto del suo lavoro, toccò a lui prender sonno, mentre si svegliava il Signore. Quando aperti gli occhi, poté abbracciare in tutta la sua vastità la rovina recata alla creatura prediletta, Dio scaraventò con un gesto di collera il Maligno nei profondi abissi del cielo. Poi, lentamente, rasserenandosi disse: “Questi mali e questi bisogni sono ormai scatenati e devono seguire la loro parabola. Ma essi non impediranno alla Calabria di essere come io l’ho voluta. La sua felicità sarà raggiunta con più dolore ecco tutto. “Utta a fa jornu c’a notti è fatta”. Si sbrighi a far giorno che la notte è passata. Una notte che contiene già l’albore del giorno».

Questa speranza finale, condivisa da uno nato nel 1898, è un augurio che ancora stenta ad espandersi a tutte le stagioni.

Perché gli unici bagliori si vivono in estate, quando si è “costretti” a misurarsi con i “visitatori”, con quelli che spezzano la maledetta routine imposta – come suppone Leonida Repaci – «dal diavolo».

L’estate come esempio del “disegno divino”, si vive soprattutto nel tentativo di parificare i diritti, di stare al passo coi tempi, di riservare maggiori attenzioni, iniziando dalla nettezza urbana, dalla depurazione e dai trasporti.

Cresce l’offerta commerciale, aumentano le necessità ospedaliere, vengono alla luce criticità da risolvere e punti di forza da valorizzare.

Nell’anno in corso, il 2018, alla data odierna c’è qualcuno che ha già chiuso i battenti. E una spiaggia pubblica senza passerella per i disabili, il 7 settembre (ma si vocifera già dal 3), per qualche comunità è già sinonimo di ritorno alla “diabolica” routine, dove una persona sulla sedia a rotelle non può vedere e vivere il mare da vicino (a parte il periodo in cui si rischia di fare una brutta figura coi “visitatori”).

Bisognerebbe trasmettere lo spirito dell’estate alle altre stagioni. Perché la soglia d’attenzione resti alta, si pretendano i diritti e si adempiscano i doveri, primo tra tutti quello di stare svegli.

L’autunno non deve diventare “preparazione al letargo”, perché quando in Calabria ci si addormenta, il diavolo viene sempre a scombinare le cose.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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