A tutti coloro che, in questo periodo pasquale, sono tornati alle proprie famiglie geografiche: “Bentornati” (o meglio, “Benvenuti”)! A tutti quelli che l’aria della città di Paola la respirano in tutti i giorni dell’anno: “Benestanti”! A quelli che saranno qui solo per un week-end e una scampagnata: “Ciao”!
A tutti, tutti coloro i quali dovessero trovarsi sotto gli occhi queste righe: “Alé”! (E non per imitare Floris).
Paola, Pasqua 2013: “Che Meraviglia”!
Un cassone di pattume sparso per le strade periferiche, perfida parodia della mancanza di spazi ove conferire l’immondizia unita alla totale inerzia economica nelle casse comunali. Fogli sventolanti alla brezza di un ricorso non ammesso, macigni di zavorra che rotolano lungo i pendii dei lavori imbucati allo svincolo di San Francesco e tanta, tanta felicità!
Che Meraviglia!
Di Comuni che versano nella stessa, critica, situazione di Paola ce ne sono tanti. In Calabria.
Il fatto che siano molti non affievolisce il sentimento del danno esistenziale vissuto dai cittadini di questi posti, anzi ne aggrava le speranze in vista di un’epoca nella quale la collaborazione sarà il valore aggiunto dell’umanità. Perché tra confinanti non esiste un accordo, perché ogni zona della nostra amata Terra rivendica un campanile che – nell’evo dei macrocontinenti – non trova giustificazione e quindi “futuro”.
Con queste premesse, se tutto va bene, siamo condannati.
Che Meraviglia!
Come se non bastassero le questioni “meridionali” che ci sovrastano, come se tutto il degrado e l’arretratezza progressista non fossero costanti, come se la massima aspirazione di un giovane non sia quella di poter accedere ad un mutuo.
Osanna!
Eppure la realtà visibile ostenta una sincera aspettativa, un desiderio di cambiamento imminente, la voglia di un turbine di fuoco che rada al suolo il vecchio per lasciare – concimato – terreno al nuovo che “dovrebbe” germinare. Il condizionale è un modo verbale che spiana la strada alla possibilità.
Ma il termine “possibilità”, con il termine “attualità”, condivide soltanto una patetica rima. “Attuale” è il cassone dei rifiuti stracolmo ed incendiato lungo la dorsale dei bracci, da contrada Pantani a seguire, perché è perfettamente inserito nel tempo di un ricorso bocciato e nello spazio di una Regione assai esposta ai danni della situazione di ingovernabilità nazionale. E come questo ci sono una lunga sfilza di “atti” che sono percepibili dall’occhio e dal cuore di tutti coloro che hanno, preliminarmente alla lettura di queste righe, ricevuto un saluto. Tutti possono vederlo, quando è un “atto”.
Discorso opposto va riservato alla “possibilità”: possibile è il ripristino della normalità istituzionale, possibile è il pagamento di scrutatori, presidenti di Seggio e segretari delle passate elezioni amministrative cittadine, possibile è pensare che fino all’undici di Ottobre il Comune si muoverà nella direzione del Governo della Città, possibile è tutto quello che “potrebbe” o “dovrebbe” e loro negazioni. Chi di speranza vive, disperato muore.
Perché l’attualità parla chiaro: “atto” è stata la dichiarazione di sforamento del Patto di Stabilità decretata dalla ex Amministrazione Perrotta, “attuale” è la situazione di Paola intesa come Città amministrata che ha perduto l’occasione di un “dissesto”, “attuato” è l’errore di non aver alleggerito un’eredità “pesante”.
Eppure i cittadini pagano le tasse. Anzi, no.
Che Meraviglia!
Ci sono cittadini come Dolce&Gabbana che le tasse non vogliono pagarle e inventano trucchi, questa volta smascherati, per eludere il loro “dovere” di cittadinanza. Il Tribunale d’Appello di Milano li ha condannati a risarcire alle Casse dello Stato 343 milioni di euro (a fronte di una prima richiesta da un miliardo), soldi che – se fossero stati incassati al tempo in cui erano “dovuti” – avrebbero senz’altro aiutato la Ricerca, l’Università, gli Ammortizzatori Sociali, la Sanità e cosi via a scendere sino ad arrivare anche alla Regione Calabria e, quindi, anche a Paola. E invece no. Dolce&Gabbana hanno preferito indirizzare questi soldi al Lussemburgo e, come in una Fiera dell’Est, tutto a ruota ne ha risentito. Anche il Comune di Paola e l’Ospedale di Paola. Non che Dolce&Gabbana siano i soli responsabili dell’attualità, ma il loro contributo allo status quo è stato notevole, come quello offerto da tutti gli evasori di ogni sorta di dovere.
Ora perdono i ricorsi e alla fine, in un futuro, dovrebbero pagare. Ma l’attualità? Chi restituisce l’attualità a Città come Paola? A generazioni come la mia? A sentimenti suicidati nella crisi del presente?
Bello sarebbe andare nei negozi che mercificano il brand dei due stilisti e richiedere gli abiti più costosi che ci sono, piccoli rimborsi immediati di un futuro tarpato, per trascorrere insieme – ed orgogliosamente – la giornata più griffata di ogni tempo. Dopodiché unire ogni vestito con un nodo e farne la fune più costosa del mondo da usare, una volta a Paola, per legare tutti i sacchi d’immondizia in un’unica nassa costituita dalla carta straccia della dichiarazione di dissesto, da lanciare fino alle casse in cui sono custodite le evasioni di Dolce&Gabbana e di tutti quelli come loro.
Ma questo, “bello sarebbe”. Un altro condizionale, quindi un’altra “possibilità” non attuata. Perché dimentico che l’eleganza a Paola, nell’ombelico di Paola, mai come in questo periodo è la moda dominante.
Elegantemente, ma senza alcun vestito, l’attualità paolana s’avvia verso un possibile 4 Maggio.
Buona Pasqua fatta. Che Meraviglia!