Calabria Bestia

calabriaDietro la lavagna si fatica a vedere la luce. Nel cono d’ombra che l’ardesia proietta è impossibile distinguere il volto reale dei compagni di classe a cui sono rivolti i polpacci vergognosi, che si stagliano nell’aula dal riquadro punitivo cui è relegato il “somaro”. Il cantuccio della Bestia è il meno anelato di tutta la scuola, perché si tratta di uno spazio angusto sul quale è concentrato il ludibrio del ben pensiero, del rispetto delle regole democratiche, della spasmodica corsa tesa a primeggiare e, soprattutto, della pubblica morale.

Dietro la lavagna c’è una cupa rassegnazione, fatta di quel silenzio che avvolge la speranza di una voce amica e favorisce l’amplificarsi di un rombo magistrale che in un tuono spiega le ragioni della punizione. Così, nell’ombra che spegne la vista di ogni ipotetico sguardo, si resta in attesa. Soprattutto di quando sarà finita, del momento in cui, dinnanzi al tramortito volto del punito, verranno proposte le espressioni di tutti gli altri, compresa la maestra che avrà da dire: “Allora! Hai capito?!”. Uno shock di luce e suoni che, dietro la lavagna, è impossibile sentire. Ed allora le reazioni più strane prendono corpo ed il Somaro, la Bestia, entra in relazione al suo riformato comportamento ed alla sua nuova immagine.

Dopo la lettura di alcune repliche relative all’articolo “Calabria, la donna non vale nulla” a firma di Domenico Naso, pubblicato su un blog de “Il Fatto Quotidiano” il 27 Maggio, e – soprattutto – dopo la messa in scena mediatica che è conseguita all’atroce notizia del delitto avvenuto a Corigliano Calabro sabato scorso, è divenuto chiaro e lampante che nell’Istituto Europeo di Condivisione Monetaria, in una classe identificata come “Sezione Sud”, l’alunno Calabria è quello che, la maestra Italia, ha messo dietro la lavagna. Il Ciuccio, lo Scostumato, il Saltimbanco, il Nullafacente, il Violento. Quello che non ha neanche il contentino del sentirsi dire: “è intelligente ma non si applica”, quello a cui è sconsigliato “proseguire gli studi perché è meglio che impari un mestiere”. Lo spauracchio, il poco di buono da indicare come cattivo esempio da tenere lontano per non condividerne la fine ignobile e miseranda. La Bestia irrecuperabile, quella che nello shock di luce e suoni vede per la prima volta riconosciuta la sua esistenza, replicando sempre quel medesimo comportamento e divenendo il “faccia al muro della classe” perché altrimenti passerebbe inosservato. Quasi con simpatia affronta la gogna, non capendo le ragioni della punizione tramuta la punizione stessa in un momento di visibilità, perché magari fa ridere qualcuno. Ed in questi anni i leghisti hanno riso tanto, Agnelli ha sghignazzato felice e gran parte dell’economia mondiale si è prestata gaudente allo sfruttamento della Bestia calabrese. Perché è pericolosa e contemporaneamente mansueta, perché non anela ad alcuna libertà in quanto è piegata e tronfia dei dispetti che fa ad un sistema che ne ha già decretato la fine. “Che impari un mestiere,  è refrattario alla cultura”. Ed effettivamente il timore che le cose stiano così prende consistenza ogni qual volta in Calabria si deve decidere relativamente a qualcosa di interesse collettivo. In Calabria non succede nulla se si è avuto il Concorsone, se il Presidente della Giunta Regionale è l’ex Sindaco di un Comune sciolto per Contiguità Mafiosa, se i Consiglieri Regionali si fanno rimborsare finanche i “gratta e vinci” e se un comico le affida i natali di un personaggio tremendo come Cetto La Qualunque.

Niente, nemmeno un campanello d’allarme, in fondo “abbiamo la consorteria criminale più forte del mondo”. È motivo di vanto.

E qui si comprende che Bestia ha preso il sopravvento, che la patologica ed infantile interpretazione della punizione si racchiude nell’espressione: “delinquo, dunque sono”.

Ed è grave che la calabresità si relativizzi a questo, in fondo la Calabria è la culla del nome “Italia” e nessuno può metterne in dubbio le fondamenta classiche, in fondo la Calabria ha buone radici che a qualcuno fa comodo tenere occultate, nascoste nelle onde elettromagnetiche dei mass media. Perché a qualcuno serve sempre una valvola di sfogo, un capro espiatorio in grado di assorbire tutto il marcio dell’intera scolaresca Nazione, quell’ente a cui attribuire ogni colpa per l’imperfezione generale. Quante maestre dovrebbero essere rinchiuse! Quante volte una perizia ha dimostrato che le responsabilità dell’alunno erano infinitesimali rispetto al sistema didattico adoperato dall’insegnante.

Di responsabilità la Storia è piena ma questo non deve scoraggiare dinnanzi alla possibilità che qualcosa possa realmente cambiare. Basterebbe non indignarsi ed agire, iniziando dalle elezioni, quando bisogna scegliere tra il cambiamento e coloro i quali sulla frequenza del sentimento di Bestia hanno costruito le proprie fortune. Sarebbe già un modo per non far trasformare un caso di cronaca nera (gravissimo e odioso) in un pretesto utile ad avviare la stesura di un vero e proprio manifesto della razza contro la Regione che ha dato i natali ad un Santo Patrono universalmente esemplare.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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2 comments

  1. ancora una volta magistrale (per restare in tema 😉 ), Fra’…

  2. Concordo , provando molta amarezza per questo stato di cose. La Calabria, culla di civiltà e i calabresi nel mondo… un titolo da estrinsecare a chi ancora non lo sapesse. Cambiare le cose dalle elezioni.. facile a dirsi.. difficile da attuarsi, la politiche ha promesse pre elettorali e compro-messi storici. Ricordo a riprova del tuo dire quando si parlò di ”mani pulite”, una faccenda da poco conto… eppure pensai se solo un caso di quelli si fosse saputo in Calabria, da lì i titoloni ”La cosca degli appalti” , ” La mafia nell’edilizia”. Eppure lì, dopo la notizia.. le voci furono messe a tacere, le acque si calmarono fino a sparire del tutto e chi se ne ricorda più…..? L’unico caso che dopo qualche anno si lesse nei giornali calabresi sembrava la punta di un iceberg tutto da scoprire.. ma così non fu. I pregiudizi e le false opinioni che accompagnano questa amara terra, culla di antiche civiltà, la relegano sempre più al ruolo di ultimo della classe costringendo una volta ancora le nostre menti migliori ad emigrare altrove, dove sanno farsi valere e vengono da tutti rispettati ed ammirati. Tanto dovevo per amore della mia terra, questo mio piccolo contributo. Angela Forgione

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