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I pazienti oncologici del nosocomio “San Francesco” di Paola potrebbero finalmente tirare un sospiro di sollievo. Secondo quanto trapelato da ambienti ospedalieri, pare che la situazione in cui versava la farmacia del reparto si sarebbe “normalizzata”. Non sussisterebbero più quelle condizioni tali da aver costretto il management dell’ospedale a procedere secondo un protocollo di urgenza utile a coprire solo un tempo limitato, pertanto sarà possibile dispensare trattamenti chiemioterapici a “tempo indeterminato” a tutti i pazienti che ne hanno bisogno.
Questo anche se la realtà operativa dello “Spoke” paolano continua a registrare condizioni di carenza relative al personale ed all’assetto amministrativo, ancora in mano a dei facenti funzione che, a livello regionale e provinciale, non sono stati sostituiti da figure in grado di assumere decisioni autonome.
Inserito nella classe di appartenenza “Spoke”, riferita a centri ospedalieri a media intensità di intervento che gravitano intorno a grandi scali specialistici (gli “Hub”), il nosocomio cittadino s’è rivelato centro d’eccellenza per l’oncologia, un reparto che nonostante lavori ancora con i deflussori a caduta (quindi senza pompe d’infusione) è stato comunque definito “fiore all’occhiello della sanità calabrese” per via dell’alacre lavoro condotto quotidianamente dal personale medico e infermieristico.
Per denunciare questa situazione sarebbe stata indetta una conferenza stampa da svolgersi martedì in ospedale, per mettere in chiaro tutte le difficoltà insite nell’operare con un organico medico sottodimensionato e con gli infermieri che, come spiega Gianluigi Aloia della Uil Fpl, «da dieci anni lavorano senza indennità di alto rischio per la somministrazione e preparazione degli antiblastici (farmaci utilizzati in chemioterapia antitumorale che necessitano particolari precauzioni prima e durante la loro somministrazione , ndr) e che da due anni non usufruiscono dei controlli da parte della medicina del lavoro».
