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Tela del Ragno, l’imprenditore non paga? «Spaccagli la testa»

Messo in pausa da un malessere stagionale che ha colpito il Pm Eugenio Facciolla, il processo denominato “Tela del Ragno” riprenderà domattina presso il tribunale di Paola. Il dibattimento in aula, sino ad oggi, ha svelato situazioni acclarate e retroscena inquietanti dell’attualità cittadina, del modo in cui si “malavive” alle pendici del Santuario ma anche sull’involuzione che il sodalizio criminale operante su Paola e Cosenza, è riuscito a mettere in atto nel corso degli anni.

Stante la prima parte della requisitoria condotta dal magistrato nell’ultima udienza, la mafia locale ha smesso di rispettare persino le basilari regole che contraddistinguono la ‘ndrangheta calabrese. Coloro i quali hanno preso parte al sodalizio criminale che ha imperversato sulla costa e nei dintorni, negli ultimi trent’anni si sarebbero macchiati di reati e crimini che in altre zone della regione (Facciolla ha citato ad esempio «la guerra di mafia a Reggio Calabria») non sarebbero stati tollerati. Questo perché non hanno mai dato conto a nessun codice di riferimento, agivano per spartirsi un territorio solo ed esclusivamente mossi dalla logica inumana dell’accaparramento seriale. In un passaggio del suo discorso il Pm, parlando di queste modalità, ha detto: «che continuano ancora oggi» su un territorio dove «si e no, ci sono generi alimentari». Tuttavia, per comprenderne le dinamiche, il magistrato non ha esitato a puntare il dito contro le nuove leve, subentrate laddove i “vecchi e rispettosi” boss sono stati fatti fuori. «L’omicidio che in qualche modo ha segnato lo spartiacque tra una situazione di “pace”, di “tregua” tra i clan armati, è stato senz’altro quello di Marcello Calvano. Perché con questo delitto è stato fatto fuori un soggetto che rappresentava, insieme a Franco Pino e Gino Romeo, un passato criminale che era rispettoso di “regole” di ‘ndrangheta».

E siccome le dinamiche «continuano ancora oggi», ed i protagonisti che le mettono in atto sono i discendenti di quella filosofia che Facciolla ha definito «mafia bastarda», è forse il caso di riportare un estratto dell’interrogatorio di Adolfo Foggetti, il quale esprime dei giudizi sul modo locale di vivere la criminalità.

Una malavita basata su: «estorsioni… droga… chi faceva sottobanco – confessa Foggetti – gli davo la tassa da pagare e poi non lo dovevano fare più perché se no lo sparavamo o gli facevamo incendiare le macchine… insomma tutte queste cose qui». Poi, per chiarire le modalità di “approccio” agli imprenditori, l’ultimo collaboratore dice: «una volta mi ricordo che mi hanno portato un imprenditore a Cosenza, che io avevo fatto una telefonata, perché ero molto incazzato in quanto mi stava prendendo un po’ in giro dicendo… “mo… mo… domani… dopodomani… fra tre giorni… così e colà…”». Al “gancio” che avrebbe dovuto condurre l’imprenditore a Cosenza, Foggetti aveva comandato: «prendi a questo qua, salilo sopra, spaccagli la testa… piglialo a calci…».

Una “nuova” mafia ancor più «bastarda» della precedente.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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