roberto pititto

Ospedale San Francesco di Paola: tanti calvari per i pazienti

L’ ospedale San Francesco di Paola, nella sua condizione di nosocomio slegato dall’idea di “Spoke”, ad oggi sembrerebbe più che altro una struttura ambivalente, capace cioè di rappresentare al tempo stesso la “croce” e la “delizia” di coloro che si trovano ad averci a che fare.

Perché le dinamiche da cui sembrerebbe trarre vita o (a seconda dei punti di vista) morte, sarebbero così contorte da non aver permesso – almeno nel caso del sig. G. M. di Paola – un’operazione necessaria.

“Necessaria”, purtroppo, ma non “urgente”. Secondo questo principio, al signor G. M. (dializzato pluriennale, aggravato da una serie di altre patologie) è stato rinviato l’intervento chirurgico. A causa della non immediata necessità di dargli sollievo, al pensionato G.M. sarebbe stato applicato, inutilmente, il protocollo previsto per la procedura preoperatoria. Perché il paziente G.M., fino al giorno programmato per il suo intervento, ha rispettato la profilassi richiesta in questi casi: sebbene dializzato, non ha mangiato la sera prima e, sebbene sofferente di altre malattie, s’è accollato il pensiero di un “domani sotto ai ferri”.

Tutto ciò per niente. Perché nel giorno previsto per l’operazione, cioè l’altro ieri mattina, al papà G.M. ed a tutti i suoi congiunti, è stato comunicato che l’intervento era saltato. Rimandato, procrastinato, rinviato a data da destinarsi. A causa della penuria d’anestesisti di cui è affetto l’ospedale “San Francesco di Paola”, al cittadino G.M. (che paga le tasse e contribuisce alla vita dello Stato), sarebbe stata proposta l’alternativa di “rivolgersi altrove”.

Scartate le idee di Lamezia, Catanzaro o Cosenza, ai familiari non è rimasto altro che attendere a Paola. Sperando, magari, che a quell’avviso pubblico in cui l’Asp avrebbe richiesto, a tempo determinato, professionalità operanti nei reparti di anestesia a rianimazione, venga dato seguito. Perché la graduatoria che ne è conseguita sarebbe già stata stilata, ora basterebbe semplicemente attivarne il meccanismo burocratico per renderla operativa e, quindi, disponibile agli organici sottodimensionati come quello di Paola. Ma pare che l’Asp, nonostante sarebbero già trascorsi tre giorni dalla possibilità d’attivazione della procedura, non si sia ancora mossa.

Per garantire le attività di “sala operatoria” è necessario avere in servizio due anestesisti, uno che segue l’intervento chirurgico e l’altro che resta a disposizione per garantire eventuali urgenze. Se arriva un paziente da rianimare in pronto soccorso, la garanzia di un intervento nei suoi confronti dev’essere sicura. Se “l’unico” anestesista al momento disponibile all’ospedale di Paola, venisse impiegato altrove, verrebbe a mancare questa basilare condizione. Quindi il signor G.M. sarebbe una vittima del famigerato “piano di rientro” che, indipendentemente da Scura, non starebbe consentendo a Paola di stare in equilibrio.

Bilanciamento che vorrebbe trovare anche un altro paziente, cui – causa mancanza “gare di assegnazione” e scartamento dell’ipotesi “unico e infungibile” come argomento per andare “fuori gara” – il piatto tibiale potrebbe non essere riparato con una protesi di titanio al posto di quella, disponibile, d’acciaio.

AGGIORNAMENTO: stamane l’operabile G.M. si sarebbe potuto sottoporre all’intervento, ma le sue condizioni cliniche erano tali da non averlo permesso. Pare fosse troppo debole ma, questo il dato confortante, l’anestesista era a disposizione dell’equipe.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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