tu credi ai miracoli

Il Marsili presenta: “Mi sono innamorata di un poeta”

L’ha conquistata con parole romantiche e sguardi intensamente verdi che come calamite imponevano la loro energia anche da lontano, bastava la guardasse e lei era come ipnotizzata.

Tutto ebbe inizio con la poesia.

La prima volta che rientrava dal suo Paese fu accolta con un grande mazzo di margherite di campo, un po’ deludente, a dire il vero, se non fosse stato per il bigliettino rosa che le accompagnava; parole che le fecero girare la testa dall’emozione:

… Ho avvertito quaggiù,

tra la cravatta e il cuore, più su,

una certa malinconia intercostale,

era che tu all’improvviso non c’eri.

Hanno continuato a frequentarsi per mesi ma si vedevano solo tre volte a settimana, divisi dagli impegni di lavoro: lei estetista, lui finanziere. A ben pensarci, con il senno del poi, erano quei bigliettini a farla sognare, a renderla felice, molto più del tempo che trascorrevano insieme. Ora, se ci pensa, avevano poco in comune: lui non aveva quasi nessun interesse, non ascoltava musica, guardava pochissimo la TV, parlava pochissimo anche del suo lavoro tranne che per dire che era impegnativo. Non parlava mai della sua famiglia o dei suoi amici, ma … faceva mille domande; allora lei lo etichettò come introverso, meglio ancora, immensamente interessato a lei, alla sua vita. E sì, perché lui ascoltava tanto e sempre: sfoghi, lamentele, stanchezze, progetti… e come sdrammatizzava quando si superava il limite, com’era capace di cambiare discorso, farla ridere o anche solo sorridere!

All’improvviso le cose cambiano, anzi stavano già mutando e lei, totalmente inconsapevole di tutto, non poteva valutare: durante le feste lui era sempre di turno e lei non poteva telefonargli per non disturbarlo. Durante un giorno festivo non piovoso, sola e annoiata, si mette in macchina e gira per il paese, ma il tempo quando si è soli non passa mai, così decide di raggiungere la città vicina… ed ecco qua… caspita, è lui. Non è in divisa, ha in braccio una bambina, sta entrando nel bar. Lei aspetta in macchina, l’attesa sarà lunga, un’ora circa e alla fine vede anche la moglie… un classico, purtroppo.

Incassa il colpo e torna a casa. Le lacrime, ovviamente copiose, sono più grosse e salate non perché è periodo di festa, ma perché si tratta di una situazione che in tanti hanno già vissuto. Riprende il lavoro a stento, poiché non le sono concesse ferie e alle colleghe-amiche che notano la tristezza, racconta qualcosa, ma non tutto perché si vergogna.

Quando lui si ripresenta, ha il solito mazzo di fiori semplici ma accompagnati dall’altisonante biglietto rosa, chissà poi perché ha scelto sto colore che nel nostro Paese è usato per i maschi… mmmm… a già… la piccola che aveva in braccio!

Era la sete e la fame, e tu fosti frutta.

Era il dolore e la rovina, e tu fosti il miracolo.

Quante bugie le raccontò su quelle feste trascorse in tristezza senza di lei, a lavorare fuori sede per un servizio imposto da Roma… Da ora non ci sono più battute scherzose, solletico o programmi che possono ridarle il sorriso, questa volta è lui a ignorare cosa accade, è lei a nascondere un segreto.

Si sentiva offesa, raggirata, umiliata, ma perché? Perché farsi raccontare una vita sventurata per poi approfittarsene così vigliaccamente e perché illuderla ogni volta a guardare ad un futuro migliore? I suoi pensieri divennero sempre più bui, angosciati, depressi: ma che si vive a fare se non si riesce in niente, se nulla ti appaga… è come vegetare! E spesso si trovava a guardare quel rasoio, anzi a fissarlo, a rigirarlo tra le mani, ma non ne aveva il coraggio. Nel frattempo si allontanava da tutti, non aveva voglia di stare in compagnia, addirittura odiava la vista della gente, soffriva mentre lavorava, “le faceva proprio male il cuore”, disse un giorno, era una costrizione.

Ha raccontato che il tempo l’è trascorso senza che se ne rendesse conto, con indifferenza, con apatia, con rassegnazione. È stato un caso a farle aprire gli occhi della mente, ad asciugarle le lacrime dal viso… anzi è stata una frase ascoltata in TV: ”Una donna smette di soffrire quando il primo pensiero del mattino non è rivolto più a lui”.

Da quel momento ha cercato conforto, mi ha rintracciato, abbiamo parlato, abbiamo scoperto anche una vecchia conoscenza e raccogliendo le idee, piegando i vestiti, ha deciso… se ne ritorna a casa. I ruoli si sono invertiti, ora è lei a regalare il mazzetto di fiori, in realtà, tralcio di rametti e scrive un biglietto con le parole del suo stesso poeta, e sì, perché nel frattempo ha smascherato anche questo suo “rubare” sentimenti altrui e spacciarli per personali:

Lascia che ti parli anche con il tuo silenzio

chiaro come una lampada, semplice come un anello…

ho scoperto che sei solamente uno s…

Di questa storia mi ha colpito l’”immobilità” emotiva, l’assenza di rabbia; mancava la speranza nel miglioramento, la fiducia nel futuro. Ci siamo salutate con una triste verità, banale, ma umanamente vera e accessibile: «i giorni son ripresi ad alternarsi, senza lui, dolorosamente ma semplicemente; perché confortarsi con parole che illudono prima ancora di viverle, perché credere in un futuro che forse non è il nostro; ognuno di noi deve vivere quello che gli viene dato, sta a noi sfruttarlo al meglio e se ci toccano solo tristezze, che si fa? Si affrontano. Non siamo gli unici sfortunati, non siamo gli unici tristi… solo, bisogna accettarlo e superarlo!».

Queste parole a dirla tutta mi fanno sentire molto triste perché tutti ci consolano affermando che la ruota della fortuna prima o poi gira… e c’è chi aspetta da una vita, per tutta la vita… però ha ragione lei, se non ci aspettiamo niente, forse siamo più pronti a sorridere del niente, quindi felicità, contentezza saranno più a portata di mano e se non proprio quelle… ci accontenteremo di un semplice sorriso.

Ora mi sento meno triste, ma un po’ confusa…

Tu che ne pensi?

(M)

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