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Diecimila euro per morire, è questa la cifra che pagano gli sfortunati ammalati italiani, colpiti da terribili malattie quale il tumore. In silenzio da anni, chi ha la possibilità economica, e non è disponibile ad affrontare l’agonia di una grave malattia, si reca in Svizzera dove in una clinica destinata a questi pazienti, si pone termine alle proprie sofferenze e ad una vita che non può più essere vissuta come si vorrebbe. Questo termine si chiama eutanasia, ed è da anni fonte di scontri religiosi e politici.
Personalmente rispetto la volontà di ciascuno, e vorrei che l’eventuale volontà di chi desidera porre fine alle proprie sofferenze , non debba essere soffocata da nessuna religione o governo. In tanti anni ho conosciuto persone eccezionali, lavorando – neo laureato – in una clinica geriatrica a Roma, ho vissuto la sofferenza di persone che avevano creato attività imprenditoriali, studiosi, politici, la più svariata umanità. Ho letto negli occhi la speranza di poter vivere, ma anche il desiderio della morte, in quanto vedersi ridotto ad un vegetale, dover dipendere in tutto da altri, incapaci di poter far fronte ai banali bisogni , ti spinge a qualunque gesto.
Ma in Italia non si stabilisce una legge in merito, invece neghiamo il diritto a due persone che si vogliono bene di stare insieme e di godere dei banali diritti, che nei paesi civili sono garantiti a tutti.
Già una strana nazione, dove politici divorziati, rappresentanti parlamentari colti in alberghi in allegra compagnia, si ergono a difensori delle famiglie, non disdicendo anche un po’ di fumo. Politici che sulla famiglia si sono arricchiti, promettendo a tanti ragazzi posti di lavoro. Esponenti religiosi che contrattano al telefono la morbidezza di qualche corpo femminile, o il prelato che svela finalmente la sua reale omosessualità.
A chi gli italiani debbono pagare lo scotto di questo asservimento?
Abbiamo ottenuto il divorzio grazie al referendum , l’aborto dopo la morte di tante donne costrette ad andare dalle’ mammane’.
In Italia ogni diritto diventa una battaglia, e come in una interminabile partita ci si accapiglia sul gol.
