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Un’ordinanza di demolizione, quando viene emessa da un comune nei confronti di un privato cittadino, è un affare abbastanza semplice. In buona sostanza, si tratta di una procedura talmente elementare da rientrare nell’ABC delle amministrazioni. A chiunque anelasse ad un ruolo dirigenziale negli uffici da cui un’ordinanza siffatta può essere emanata, tale procedimento dovrebbe essere familiare sin dai tempi del primo esame all’università. Perché i criteri secondo i quali è regolamentata la prassi sancita per questi casi, sono costituiti da passi schematici. Siccome una recentissima ordinanza del Tar di Catanzaro ha di fatto “sospeso” la deliberazione con cui, l’ing. Fabio Pavone – attuale reggente dell’Utc cittadino – aveva imposto la demolizione dello stabilimento balneare “Holiday Beach” di Roberto Pennestrì, nelle motivazioni addotte per tale decisione sono contenuti dei dettagli che basterebbero a ridimensionare la figura “comandante” del tecnico, perché l’omissione commessa è talmente macroscopica da apparire “ridicola”. In base all’art. 35 del T.U. (richiamato nel dispositivo emesso dal Tar), il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, emette dapprima una diffida a regolarizzare lo stato dei luoghi, indirizzata al responsabile dell’abuso, ed in caso di inottemperanza ordina al medesimo la demolizione ed il ripristino della situazione preesistente ai lavori, dandone comunicazione all’ente proprietario del suolo. Il passaggio relativo alla diffida, almeno nel caso di Pennestrì, non è stato rispettato e – forse per la fregola di chiudere la pratica al più presto – essendo stato omesso, ha invalidato la repentina ordinanza di demolizione emessa. Come si suol dire in un proverbio dialettale: «a’ gatta pressarula ha fatto i figli cicati» (“La gatta frettolosa ha fatto i gattini ciechi”) che potrebbe essere letta come: «La fretta è cattiva consigliera». E Pennestrì “ringrazia”, prende atto della sospensiva e, per l’estate 2016, riapre il suo lido.
