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Paola: Se lo Spoke non funziona bisogna razionalizzare (di Roberto Pititto)

Come una malattia cronica, caratterizzata da periodiche riacutizzazioni, la diatriba sui rispettivi ruoli degli Ospedali di Cetraro e Paola, in rigoroso ordine alfabetico, attira l’attenzione e la devia dai reali problemi della tutela della salute nell’area del tirreno cosentino. Mentre nel resto dell’Italia (ma forse bisognerebbe omettere la parola resto) già da un paio di decenni ci si è avviati verso una razionalizzazione della rete ospedaliera, con la chiusura delle strutture piccole ed il loro naturale accorpamento in presidi con almeno 300 posti letto, tra Paola e Cetraro ci si ostina a difendere ciò che in realtà è indifendibile. Io comprendo come possa essere doloroso per un cetrarese o un paolano pensare di chiudere l’Ospedale della propria città ed è naturale che, di fronte a questa prospettiva, insorga e dia luogo a forme di protesta assai eclatanti. In effetti se ad ognuno di noi fosse posta la domanda :” vuoi che si chiuda l’Ospedale della tua città?”, non avrei alcun dubbio sulle risposte che verrebbero date. Ma se la domanda più correttamente posta fosse: “ vuoi che si chiuda il tuo piccolo e poco efficiente Ospedale e ne sorga un altro a 15-20 o 30 chilometri, in grado di darti delle risposte in termini di efficacia ed efficienza, assai migliori di quelle finora avute?”, credo che le risposte sarebbero differenti. Chi difende a spada tratta le attuali realtà, magari poi criticandole aspramente quando incappa nelle loro inevitabili inefficienze, davvero non tiene conto della realtà. Chi si reca in Ospedale, per dirla in altri termini, cerca risposte diagnostico terapeutiche corrette, e non bada certo ai chilometri che deve percorrere per raggiungere la struttura. La prova sta proprio nel fenomeno dell’emigrazione sanitaria che costa alla Calabria e quindi a tutti noi, diverse centinaia di milioni di euro all’anno. E in quel caso i chilometri da percorrere sono non più decine, ma molte centinaia o migliaia. Circa quindici anni fa scrivevamo cose analoghe, parlando dei tre Ospedali di Cetraro, Paola e Praia a Mare (sempre in ordine alfabetico) affermando che andavano chiusi tutti e tre per consentire la costruzione di uno nuovo, più grande e funzionale, e persino più economico. Eravamo stati facili profeti affermando che era meglio farlo al più presto, prima che ci venisse imposto magari in una congiuntura economica assai meno favorevole. Ma non si è fatto nulla, preferendo accapigliarsi, come capponi di manzoniana memoria, e non tenendo in alcun conto la direzione verso la quale le moderne esigenze in campo sanitario ci conducevano Oggi un moderno Ospedale deve avere oltre alle Divisioni di base anche quei reparti di media specializzazione, che assieme ai primi rispondono ad oltre il novanta per cento delle richieste e soprattutto deve possedere dei Servizi diagnostici, sia in termini di apparecchiature che di professionalità, in grado di dare risposte rapide e corrette. Purtroppo tali Servizi sono costosi e pertanto vanno allocati in un solo posto. Sento ogni tanto qualcuno, un politico di solito, affermare :” mettiamo la TAC a Paola e la Risonanza a Cetraro, (o viceversa è lo stesso)”. Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere, dato che solo il caso fortunato determinerebbe la coincidenza tra attrezzatura e necessità diagnostica per il paziente ricoverato. Né vale pensare ormai di fare un Ospedale Medico ed uno Chirurgico, perché tante volte accade che un paziente abbia bisogno, dall’inizio o per problemi subentranti, di entrambe le cose. La verità è che oggi, per come sono strutturati, per le risposte che sono in grado di dare, per i piani messi in cantiere per l’immediato futuro, i due Ospedali di Cetraro e Paola, sono assai più consoni alle necessità dei dipendenti che vi operano che non dei pazienti che devono ricorrere ai loro servizi. Se pensiamo seriamente a questo, se evitiamo che i campanilismi vengano scientemente usati come armi di distrazione di massa, se ci riappropriamo della consapevolezza che la salute è un nostro diritto, da troppo tempo scippato, e che la nostalgica difesa dei nostri antichi e gloriosi ospedali non è un rimedio terapeutico efficace, forse eviteremo di continuare a farci prendere in giro da chi non ha alcun interesse verso la tutela della saluta, ma usa la paura per curare il proprio squallido orticello politico. Vogliamo un Ospedale che funzioni, ci interessa assai meno se è a Cetraro, Paola, Fuscaldo, San lucido, Guardia, o Acquappesa, non me ne frega se è sotto casa mia o tua!

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