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Al collega giornalista (nonché attivista politico della sinistra extraconsiliare cittadina) Alessandro Pagliaro, non è piaciuta la veste “indipendente” con cui, secondo Cambia Paola, sarebbe stato mandato “al macello” in Piazza del Popolo lo scorso sabato sera. L’oggetto della contesa verte su una divergenza di vedute riguardo le ragioni delle scelte referendarie, questioni che hanno contrapposto le parti fino al punto di rottura. In realtà, come hanno fatto notare i referenti di Cambia Paola, l’allontanamento movimentista di Pagliaro andrebbe fatto risalire al novembre 2015 quando – all’alba di una collaborazione giornalistica – dichiarò di volersi fare da parte per «correttezza ed etica professionale». Passato quasi un anno da quella ibernazione, i fatti si sono succeduti secondo una dinamica aggravatasi nelle dimissioni pubbliche, condivise sul web e così motivate: «L’interpretazione […] condivisa da Cambia Paola di come si è svolto il dibattito sul referendum l’altra sera è assolutamente scorretta e faziosa. […] Risulta oltremodo offensivo per me e Salvatore Brogna asserire che come “indipendenti” saremmo stati mandati al “macello” dal PD avendo noi costituito invece un Comitato autonomo del Si. […]da oggi la mia indipendenza è anche da Cambia Paola da cui rassegno le dimissioni».
A stretto giro è giunta però la risposta di Marta Perrotta, anima femminile del movimento, la quale ha precisato che l’obiettivo della nota (oltre a rimarcare la débâcle argomentativa dei promotori del “Si”) era riferita a quel Pd cui Pagliaro sembrerebbe essere molto vicino, un partito che a Paola «non ha avuto nemmeno la grazia di rispondere all’invito del Cdc (Comitato per la Democrazia Costituzionale, ndr), mandando sul palco persone non iscritte». Pagliaro intanto, a parte l’impegno dibattimentale in favore della proposta di modificare la costituzione, dovrebbe ormai far parte del passato politico della città. Che ne dirà il Pd?
