gioacchino cassano

Lo sfregio ai ragazzi che muoiono lontano da casa

Nel brano condiviso ieri, scritto e cantato da un giovane paolano – Daniele Grassia, in arte “Neroone” – il mix di sentimenti, frustrazioni e stati d’animo interpretati al ritmo della musica, ha colto in pieno l’immaginario dei lettori. All’atto di scrivere questo articolo, la canzone “Speransia” – recensita sul Marsili Notizie ieri sera – ha superato il migliaio di visualizzazioni, segno evidente che ha suscitato curiosità.

Senza menare troppo il can per l’aia con i dati riguardanti i “mi piace” e le condivisioni sui social network, ciò che è risultato evidente a Google Analytics è stato il dato delle connessioni territoriali.

“Speransia” è stato visto ed ascoltato praticamente in ogni parte d’Italia e in una buona porzione dell’Europa, qualcosa s’è accesa anche a livello intercontinentale ma ciò che parso chiaro sin da subito, è stato il rilievo relativo all’età potenziale del pubblico raggiunto. Per la maggior parte ragazzi e ragazze che, se fosse possibile riconoscere nei loro tratti anagrafici, si scoprirebbero quasi tutti come “emigrati”.

Andati, indotti e costretti ad allontanarsi da casa, tanti giovani hanno ascoltato le parole di Neroone, hanno trovato in quella “Speransia” la nostalgia, mista ad un sentimento di rivendicazione che non guasta mai. Una costante nelle generazioni recentemente offese dal ministro Poletti, una presenza immanente nel posto vuoto alla tavola domenicale di ogni famiglia che li ha visti andare via.

Ragazzi e ragazze che, per un ineluttabile destino di mercato, sono lontani e non solo vivono di “Speransia”, ma rischiano addirittura di morire per lei.

Perché quanto è accaduto a Berlino, con l’atto terroristico tra i mercatini di Natale, dimostra chiaramente che chi di Speransia vive, di Speransia muore. Anche se ha due lauree, la voglia di metterle a frutto in un contesto economicamente riconoscente (nel caso specifico la Germania, ma può essere qualsiasi posto da Napoli in su), anche se sta pensando a fare i regali di Natale per i suoi congiunti, il ragazzo o la ragazza emigrati, andati, indotti e costretti a vivere lontano dalla terra natia, mette in gioco la sua stessa esistenza. Costantemente.

Perché?

Per vivere il proprio tempo ed espanderlo al passato e al futuro, a una storia da ricercare come comandamento divino, per credere possibile la “terra promessa” dove ognuno ha il diritto di giocarsi la propria possibilità.

Per vivere lontano da posti in cui, invece, le possibilità sono concesse solo a coloro che hanno chi gli calcia il sedere, per spingerli a forza in posti che potrebbero essere assegnati diversamente.

Per stare alla larga da una realtà frustrante, dove i sacrifici servono solo per essere vaporizzati altrove, in posti dove uno stipendio dignitoso e compatibile alle capacità messe in atto, non è una chimera. In luoghi dove è possibile pensare che la normalità non sia uno stato d’eccezione.

In terre che abbozzano il diritto all’esistenza, quei giovani allontanatisi dalle loro case, trovano sempre più spesso la morte.

Strano scherzo del destino.

E alle famiglie che restano, cosa resta?

La tristezza di sapere i propri figli lontani, esposti a rischi che forse – se fossero avvolti nell’affetto di casa – non avrebbero corso. Dopo averli tirati su come persone oneste (perché solo queste ultime sono escluse dalla saga dei “calci in culo che sistemano gli altri”), tanti padri, tante madri delle nostre zone, sono costretti ad assistere alla fuga per non rimanere invischiati in questa frustrante attualità.

E li accompagnano alla stazione, in aeroporto, dietro ai finestrini di un pullman o dallo specchietto di un’auto che si allontana, li salutano con il groppo in gola e li vedono sparire.

A loro, ai loro sacrifici, ogni “bando vestitino” dovrebbe sembrare cucito con la pelle dei propri figli e col dissanguamento del proprio portafogli.

La “Speransia” è anche un po’ “rivendicazione”, forse sarebbe il caso di dissociare le parole e invertire i destinatari dei sentimenti di speranza e ansia.

Sarebbe una rivoluzione.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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