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Paola – Danneggiata la fontana di “Varco le Chianche” sulla Crocetta

Dopo i roghi che hanno funestato l’intera dorsale tirrenica cosentina, le montagne del comprensorio paolano hanno iniziato a subire un altro tipo di attacco.

Se con le fiamme è stata messa in mostra l’empietà e la totale mancanza di rispetto nei confronti della natura, con la distruzione della fontana di Varco Le Chianche – caratteristico punto di ristoro lungo i tornanti della vecchia “Palombara”, nota anche come “Valico della Crocetta” – i dolosi accanimenti di inciviltà raggiunti, hanno dimostrato l’irreversibile disponibilità ad invadere pure la sfera identitaria del territorio.

Perché Varco Le Chianche è un luogo simbolico, non è una semplice fontana alla quale riempire fresche bottiglie tanto più gradite in estate.

È il posto che mostra la cifra storica di un popolo che ha conosciuto anche il brigantaggio, dove si tramanda che in quell’insenatura siano sepolti i cadaveri di tutti i nemici uccisi, invasori accatastati uno sull’altro come in una vera “chianca” (che in dialetto definisce l’anticamera del “macello”).

Eppure, armati di strumenti adeguati, alcuni soggetti che si fa fatica ad ascrivere al genere umano, si sono recati nei pressi dell’indifeso rivolo intubato e, senza alcuna pietà, hanno preso a martellarlo per parecchio tempo.

Perché tentare di sabotare la vasca di raccolta dell’acqua, col “coperchio” in cemento spesso 18 centimetri, può significare soltanto aver avuto a disposizione frazioni di ora superiori ai tre quarti.

Pertanto, armata di mazza o piccone, probabilmente conscia della struttura da colpire, la mano molesta che s’è abbattuta su Varco Le Chianche non ha risparmiato neanche il rubinetto della fontana, piegato con una rabbia tale da instillare preoccupazione.

Nella malaugurata ipotesi che qualcuno possa pensare a danni prodotti da un qualche animale “vagante”, difficilissimo da concepire ma possibile nella mente di qualcuno, si tenga presente che l’area alle spalle della fontana – consistente in un costone di montagna – è stata opportunamente transennata con ferro spinato.

Pertanto, riprendendo il filo a partire dalla conta dei danni, si tenga presente che uno dei coperchi delle vasche è stato completamente perforato, lasciando scoperta una porzione dalla quale ogni tipo di agente esterno può entrare a contatto col flusso d’acqua sottostante.

L’altro, quello più spesso, è stato comunque danneggiato in almeno un punto, palesando caratteristiche assai differenti da quelle che sarebbero ottimali.

Il tubo di raccordo con la struttura da cui spunta il rubinetto, è stato tranciato e reso inservibile, così come alcuni altri manufatti sono stati spaccati a picconate.

Dulcis in fundo, quella che a tutti gli effetti è parsa un’ignobile firma, consistente nella deposizione di escrementi all’interno dell’area colpita dal raid.

Ovviamente l’ipotesi che possa trattarsi di materia organica di natura umana è basata sul fatto che, come già detto, tutt’intorno l’area è circoscritta da paletti legati con ferro filato, anche se non è da escludersi la possibilità che possa trattarsi del prodotto fecale di un animale di taglia minuta.

I danni, probabilmente, con una spesa opportuna potrebbero essere riparati nel breve termine, ripristinando lo stato di luoghi che – indipendentemente dalle suggestioni folkloristiche proposte – hanno una storia millenaria collegata prima d’ogni altra cosa, al passaggio di San Francesco.

Mancare di rispetto a ciò che ha temprato lo spirito del Patrono della Calabria, è come togliere un pezzo di dignità a ciascuno. Vilipendere una risorsa naturale come la montagna, significa mortificare gli sforzi di coloro che vanno in direzione di un rilancio turistico, economico e sociale.

Un danno per tutti, insomma.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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