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Paola – Incuria al Sant’Agostino: le teche coi reperti esposte agli elementi

Da quando è terminata l’insana pratica di parcheggiare auto sulla scalinata esterna all’ingresso del plesso monastico che ospita il comune di Paola, l’area attorno al Sant’Agostino appare più confacente all’idea di un bene culturale.

Tuttavia, sebbene gran parte dell’apparenza monumentale dell’edificio sia stata messa al sicuro dai comportamenti meno consoni alla maestà dei luoghi, ci sono particolari situazioni che ancora denotano uno stato d’incuria sul quale bisognerebbe intervenire al più presto.

In sostanza si tratta di quegli accorgimenti che a nessuno è ancora venuto in mente di considerare, come ad esempio la preservazione di quelle teche di vetro al cui interno sono custoditi reperti storici fragilissimi, esposte alla furia degli elementi dalla passata amministrazione che – forse per far spazio a totem informativi e altri tipi di supporti propagandistici – li ha stoccati nella parte coperta della balconata che sovrasta il chiostro da cui s’accede all’auditorium “F. Ferrari”.

Malgrado la tettoia, l’area è comunque esposta ad ogni sorta di capriccio climatico, senza dimenticare che la notte diviene porto salvo dei pipistrelli, i cui escrementi – depositati lungo tutto il perimetro del quadrilatero pavimentato in cotto – ne indicano una massiccia presenza.

I materiali conservati nelle colonnine in vetro, o disposti su supporti funzionali a metterne in evidenza la manifattura, sono perlopiù pezzi di cornici, stucchi, pietre lavorate, originari del convento degli Eremitani di Sant’Agostino (già Santa Caterina) risalenti al quindicesimo secolo.

Vi sono poi i resti dei pavimenti dell’antico luogo sacro, disposti in forma museale su superfici che – per via dell’intaccamento elementale – hanno perso la loro presa, e qualche “mattonella” appare divelta dalla sede cui era stata collocata.

Come se ciò non bastasse, bisogna aggiungere che le teche in vetro sono quasi tutte aperte, senza alcun dispositivo di sicurezza utile a dissuadere eventuali malintenzionati, il ché comunque favorisce l’ingresso di acqua e vento che – presumibilmente – rappresentano le cause per cui molti materiali custoditi al loro interno hanno preso a sbriciolarsi.

Il convento del Sant’Agostino è stato fondato nel 1145 e, originariamente, la chiesa conventuale era stata dedicata a Santa Caterina Vergine Martire.

Giusto per farne comprendere la valenza storica e architettonica, sarebbe opportuno riportarne la sintetica ed esaustiva descrizione fornita sulle guide turistiche realizzate dalla Proloco qualche anno fa.

«Presenta un maestoso portale archiacuto di pietra intagliata, largo stipite a sguancio con colonnine tortili, capitelli decorati, archivolto modanato ed intagliato con foglie ed animali. L’edificio, a navata unica, disposto su tre piani con l’aggiunta di locali seminterrati, all’interno presenta ancora notevoli tracce dell’originaria struttura gotica quattrocentesca, con l’abside a tre campate di volta a crociera e diverse cappelle minori, nonché un doppio suggestivo chiostro con archi in pietra».

In altre parti d’Italia e d’Europa, per entrare in una struttura del genere verrebbe sicuramente richiesto il pagamento di un biglietto d’ingresso, previe rigide prescrizioni comportamentali.

A Paola, invece, le cose funzionano al contrario, con gli avventori occasionali della struttura costretti ad allibire dinnanzi all’uso che ne fanno i frequentatori “abituali”.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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