cosca dei giardini

Paola – Quell’insana nostalgia per capimafia e criminalità organizzata

Stanti le cronache degli ultimi giorni, Paola starebbe subendo le scorribande di un branco di “sgherri” che, senza rispondere ad alcun vincolo d’affiliazione malavitosa, avrebbero intrapreso un’attività criminale dedita alla realizzazione di colpi senza un’apparente strategia (se non quella di massimizzare i proventi dell’attività illecita).

Danneggiamenti, risse, spaccio di droga, minacce e furti (soprattutto d’auto), sarebbero stati messi a segno in maniera seriale ma senza lasciare indizi capaci di fornire una chiave di lettura riguardo la natura e l’appartenenza dei malviventi.

Nel tentativo di dare una forma al fenomeno, qualche avventato e superficiale opinionista ha utilizzato l’espressione “cani sciolti”, formula utile a denotare la mancata familiarità coi branchi organizzati dei clan o delle consorterie tradizionalmente radicate sul territorio.

Avallando siffatta concezione, il ragionamento conseguente è risultato “viziato”, profondamente alterato da una premessa secondo cui, se a Paola non si fossero smantellati determinati sistemi di gestione del potere criminale, probabilmente a nessuno sarebbe venuto in mente di delinquere senza dar conto ad alcuno.

Nell’analisi proposta ad un ampio pubblico si fa addirittura riferimento al “carisma” dei capiclan, gente che – a parere dell’opinionista agostano – avrebbe senz’altro controllato il territorio in maniera capillare.

Ma questa convinzione, oltre a mancare di rispetto all’impegno quotidianamente profuso da inquirenti, forze dell’ordine, associazioni e familiari delle vittime di mafia, è strutturalmente falsa.

Perché quando a Paola c’erano i capiclan, magari non s’assisteva al “furto con scasso” perpetrato ai danni di un incensurato, ma si piangevano i morti.

Non occorre andare troppo lontano con la memoria, perché basta pensare a quanto accaduto allorquando un capoclan aveva deciso di far fuori un suo rivale ed invece ha tolto la vita ad un innocente e laborioso padre di famiglia.

Solo per fare qualche esempio: quando mai è accaduto che sotto il controllo dei “boss storici” (la famigerata gente divenuta finanche “carismatica”) in città non sia circolata droga?

Quando mai si è verificato che non ci siano state rapine, violenze, stupri e minacce?

C’erano o non c’erano i boss quando nei fiumi si sversava l’impossibile e si faceva del mare un cimitero di rifiuti tossici?

Questa favoletta, che pare trarre spunto da quelle apologie distorte del “quando c’erano loro”, è un inganno che offende. Offende la memoria, offende l’attualità e anche il tempo a venire. Perché chiunque s’azzarda a mettere nero su bianco che c’era più controllo quando in città vigeva il coprifuoco, implicitamente auspica il ritorno di pericolose tirannie, quelle che solo l’impegno di un’imponente macchina inquirente è riuscito a smantellare.

Forse occorrerebbe soltanto un maggiore senso civico, un’attenzione collettiva mirata alla stigmatizzazione dei comportamenti deviati. Magari basterebbe non chinare la testa davanti al sopruso.

Perché una cosa è certa: quando un cane sciolto incontra un suo simile, o si azzanna o fa branco. E se la seconda ipotesi dovesse prendere il sopravvento, si potrebbe assistere alla recrudescenza di fenomeni che Paola già ha conosciuto e subito, contandone i casi nei petali dei crisantemi.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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