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Paola – In trincea dall’inizio, il dr. Roberto Pititto svela Storie da coronavirus

di Roberto Pititto, medico e storico

Quella di Covid 19 è una storia, fatta di tante storie. E posso provarne a raccontarne qualcuna, dopo  qualche mese in cui, queste storie, le ho osservate, da una finestra, magari di periferia, ma pur sempre dall’alto di un osservatorio privilegiato, nel quale ho incrociato il destino, alla fine tragico, del primo paziente della nostra Calabria.

È una storia di morti, tanti, all’apparenza forse non tantissimi, considerando un’ottica nazionale, ma che diventano davvero troppi se ci avviciniamo di più a guardare nelle strade, nelle città, tra le case, dove la morte silenziosa o urlata, è arrivata.

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È infatti questa la storia di un’epidemia non dell’Italia, spalmata cioè in misura omogenea dalle Alpi a Lampedusa, ma di un pezzo di essa. Un pezzo importante, ma piccolo del Paese, una striscia di morte, dal Piemonte, al Veneto, che passa sulla bassa Lombardia e sul nord dell’Emilia, e che ha le sue estreme propaggini in Toscana e sul litorale marchigiano.

Oltre solo sporadiche chiazze di morte, per fortuna di pochi morti e di paura, tanta paura. Sembra una storia che divide l’Italia per certi versi, che la unisce per altri.

È la storia di un lungo corteo di bare, nella notte  buia e silenziosa lungo le valli bergamasche, di occhi senza il tempo per piangere i propri morti.

È la storia di strade vuote, saracinesche abbassate, semafori che snodano inutili colori, ambulanze che corrono con sirene ormai superflue, parchi deserti, file lunghe ed inaspettatamente ordinate fuori dai supermercati.

È storia di mascherine e tamponi, i nuovi vocaboli cult di questo tempo strano ed inatteso, in cui tutti parlano di virus, sconosciuti assassini, sospesi anche loro tra la vita e la non vita, come i mille e mille che hanno respirato e respirano con un tubo nella gola.

È storia di virologi, più o meno improvvisati, che cambiano opinione e previsioni con una velocità assai maggiore di un nemico, che per fortuna sembra essere stabile e che crescono di numero perlomeno alla stessa velocità con cui esso si replica.

È storia di scienziati, o presunti tali purtroppo, che tentano di apparire come star della televisione e che sull’altare di una effimera notorietà, hanno, probabilmente per sempre, dilapidato la loro credibilità.

È la storia di errori clamorosi, di una crisi che ha evidenziato drammatiche inadeguatezze.

È storia di pedanti bollettini, di numeri che a parte confonderci, nulla ci dicono delle reali dimensioni della paura.

È la storia di chi nel momento del bisogno ha trovato la misura del coraggio, senza essere o sentirsi un eroe, ma vincendo la paura, riscoprendo il lato migliore quando davvero era necessario farlo. Ed è storia di quelli tra loro che ci hanno lasciato, in silenzio come fanno gli eroi e che , come tali, non andranno mai dimenticati.

Ma è anche la storia di chi ha preferito nascondersi, defilarsi, rinchiudersi nella sua prigione di paura, delegando ad altri, giustificando in mille modi il suo comportamento, soprattutto con se stesso. E questa è la storia di tanti , persino di soldati di questa guerra, che quando si spoglieranno di un’ armatura ormai inutile per tutti, per loro inutile da sempre, scopriranno sotto essa l’ingombrante ed appiccicosa veste di una paura, che li accompagnerà per sempre.

È la storia della prima epidemia social di sempre, mille volte riecheggiata da essi, e da notizie, quasi sempre inattendibili, che la hanno, a dismisura, amplificata.

È la storia di profeti e catastrofisti, di cultori del sospetto, di assertori del mostro creato e fuggito da segreti laboratori o, addirittura, a bella posta, diffuso. La solita storia di folli visionari, terrapiattisti e assertori di congiure o di negazionisti ad oltranza, che, gruppo per fortuna sparuto, grazie all’uso dei social riesce a apparire e ad urlare indisturbato.

Ma soprattutto è una storia di paura, dell’oggi e del domani, di un futuro più che mai incerto.

È la storia di un organismo grande qualche miliardesimo di metro in grado di sconvolgere tante certezze. E sarà storia di un mondo futuro, in cui forse la paura diverrà compagna dell’umanità, come è già successo in passato. E già più volte la paura ci ha reso più egoisti e meno solidali, ci ha costretto a rivedere le nostre convinzioni, rendendoci più insicuri e privi di progettualità. E se da questo scaturirà un mondo migliore o peggiore, al momento non ci è dato saperlo, e questo rende ancora meno tollerabile questo terribile presente. Certamente sarà un mondo diverso.

È questa la vera essenza  della Storia.

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