calabria zona rossa

Calabria “Zona Rossa”. C’è da meravigliarsi? O è un “pianto antico”?

*Nota per il lettore: “Pianto antico” è lo splendido stornello calabrese con cui, Otello Profazio, ha cristallizzato la permanente attualità di questa regione e, per questa ragione, un player con la riproduzione del brano è in fondo alla pagina. La “r”  di regione è volutamente minuscola, perché la faccenda non riguarda solo l’ente amministrato dal facente funzioni Spirlì (si, proprio quello dei “negri” e dei “froci”, leghista salvinista, di Alberto da Giussano vicario sullo Stretto), ma un intero territorio.

Composto da 1 milione e 947mila persone (dati 2019), il popolo calabrese è variamente assortito, per comodità lo si è diviso dapprima in tre province, successivamente in cinque. Come le dita di una mano.

Una mano che non ha mai dato carezze e che non ne ha mai ricevute. Alla stregua di un artiglio selvaggio. Una zampa imbrigliata da catene simili a quelle cui sono legate le bestie da circo, i fenomeni da baraccone ridicolizzati e resi bizzarri, persino a se stessi.

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Con un reddito pro capite al di sotto di qualsivoglia standard europeo, con la disoccupazione che, se fosse Covid, la vedrebbe nominata “zona nera” (per quanta ce n’è), con una sanità che fa cilecca ogni due per tre, vuoi per le strutture fatiscenti, vuoi per una certa “ciucciaggine” che a queste latitudini è sempre stata “più tollerata” che altrove, la Calabria è la Donna Cannone dello spettacolo.

Zeppa di così tanti problemi “a piede libero”, l’intera coda della spina dorsale d’Italia rappresenta una vera e propria polveriera.

È normale che il governo centrale abbia imposto il lockdown da “zona rossa”. Troppe criticità.

In primis quella di una classe politico-amministrativa inadeguata, soprattutto in un momento di grave tribolazione come è quello determinato dalla pandemia. «Inadeguata», non si offendano lor signori con la “smania dell’On.” davanti al proprio nome, perché con la morte della “vera On.” Jole Santelli, anche giuridicamente, questa compagine regionale ha perso qualsivoglia rappresentatività istituzionale. Fatto salvo il facente funzioni Spirlì, questo è ovvio.

Una classe politico-amministrativa che, andando indietro con gli anni, è stata pure più volte sputtanata da inchieste giudiziarie, molte delle quali concluse con sentenze da fare accapponare la pelle. Gente che ha rubato a man bassa, coinvolta in traffici loschi, sempre in testa alle classifiche di vicinanza alla criminalità organizzata, appaiata al punto da esserne parte integrante. Gente, però, sempre al vertice, anche da dietro le quinte, anche in contumacia. Funzionari perenni negli enti strategici, sostituiti “a fine vita” da novizi, accuratamente selezionati attraverso bandi concorso farsa, coi quali bilanciare ogni pianta organica e soddisfare parecchie promesse fatte durante il “voto di scambio”. Eletti e rieletti ad ogni consultazione, in ogni organismo di sottogoverno, i nomi che girano sono gli stessi da sempre. Vengono costantemente votati. “Per lo sviluppo del territorio”, lo avete mai sentito dire? O preferite “volano di sviluppo”?

A cascata, questi difetti si ripercuotono in tutti gli ambiti, creando criticità a livello esponenziale che, purtroppo, rendono finanche comprensibile il confinamento domiciliare dell’intera popolazione, rea di partecipare allo sfacelo ad ogni chiamata nei seggi, agli sportelli di qualche ufficio (dove il diritto diventa “favore”), o dietro qualche porta con il cappello in mano.

Con una sanità organizzata “a immagine e somiglianza” della classe politico-amministrativa, quindi assolutamente “inadeguata” (tant’è che è commissariata da una vita), con l’ordine pubblico da tenere sottocchio per via delle scarsissime disponibilità economiche del territorio (gli assalti ai supermercati sono quasi impossibili se si sta tutti a casa), è quasi ovvio che il governo abbia imposto la restrizione scarlatta.

Commercianti, imprenditori, esercenti e via dicendo, giustamente non sono d’accordo, perché vedono lesa ogni possibilità di sopravvivenza. Sono i primi a lamentarsi e non saranno gli unici. Come un effetto domino, questo lockdown regionale arriverà a tutti. La domanda è: si può continuare a “sopravvivere” come si è sempre fatto (vale a dire tollerando lo schifo descritto sinora e replicando lo schema che ci ha reso gli ultimi degli ultimi)? O si preferisce dare una chance alla vita, mettendo tutto sul piatto, in vigile attesa della conclusione di questo periodo?

Quando sarà possibile tornare a manifestare, a riempire le piazze e le urne per far sentire la voce, sarebbe opportuno farsi trovare numerosi, anche per vendicare chi, da sempre, proprio perché diverso dal sortilegio che avvolge questa martoriata realtà, o è stato “fatto fuori” o è morto di “inadeguatezza”.

Forse il covid, nella sua drammatica tragicità, è anche un’occasione per schiarirsi le idee, per prendere consapevolezza e rispondere, al momento opportuno, alla chiamata del cambiamento.

Comunque c’è ancora chi confida, legittimamente, nel ricorso di Spirlì.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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