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Città “a disposizione”: lo spazio di tutti è un’opinione? Chiedo per un amico

“Il Marsili Notizie” riceve e pubblica una lettera di un suo lettore*

Nella certezza di essere dalla parte meno erudita della comunità, quella che galleggia nella quotidianità senza porsi troppe domande, vorrei sottoporre all’attenzione di questa testata una riflessione che, da cittadino, mi sta consumando come un tarlo il cervello.

Vado subito al punto, la questione riguarda la tolleranza ultimamente riservata a comportamenti borderline, sul piano etico, messi in atto da persone che della risolutezza sembrano aver fatto la loro ragione di vita.

Nel corso degli ultimi anni, da cittadino scarsamente interessato alle dinamiche di assegnazione di spazi e permessi, ho assistito alla progressiva occupazione “privata” di aree che un tempo erano ad uso pubblico.

La cosa non mi ha mai meravigliato, perché da persona comunque rispettosa delle leggi e del diritto, ho sempre ritenuto che alla base di ogni cambiamento ci fosse l’autorizzazione del famigerato “ente preposto”. Dunque, confidando nei controlli e nella buona fede di chi investe per lo sviluppo del territorio, ho visto crescere stabilimenti balneari, parchi connettivi e parcheggi “per gentile concessione”, ho visto affidare beni strumentali e complessi immobiliari ad associazioni impegnate nel sociale, capaci di intervenire tanto con un defibrillatore, quanto con due maracas, un cestino di frutta sulla testa e un motivetto caraibico come sottofondo.

Mai una volta che sia stato allibito, anzi, con orgoglio ho assistito a saggi spettacolo e partite di beach tennis, ritenendo quelle attività fondamentali per la vitalità dell’intero comprensorio, con iniziative divenute negli anni vere e proprie imprese, grazie al lavoro di famiglie oggigiorno ben più che autonome sul piano economico.

“Nessuno ci va a perdere”, ho sempre pensato, “anzi, forse ci guadagniamo un po’ tutti, perlomeno sul piano del rispetto territoriale”.

Ah, quanto mi sono dovuto ricredere di recente! Ah, quanto è stato brutto dover apprendere che attualmente ci sono spiagge occupate abusivamente da campetti con reti divisorie! Ah, quanto ho dovuto pentirmi di essere stato distratto, quando ho visto coi miei occhi (e documento con delle foto), che un passamano messo al servizio di chi percorre il marciapiede, ha dovuto cedere la sua integrità a favore di un ingresso non segnalato, e apparentemente senza alcun collaudo, che s’incontra con una altrettanto improvvisata discesa sabbiosa, tanto brutta quanto presumibilmente mossa su terreno demaniale. Ah quanta sofferenza, nel vedere un lembo di spiaggia che oggi appare deturpato dall’immondizia, prodotta di fresco forse da quanti sudano sotto al sole dopo aver fatto rimbalzare una palla da una parte all’altra dei campetti.

Ah, quanto disgusto ha suscitato in me il dover prendere atto che ci sia stato qualcuno capace di brigare per boicottare l’iniziativa di due giovani imprenditori alle prime armi, genitori di fresco con la voglia di predisporre un mondo migliore al futuro che cresce, frustrati nelle loro ambizioni organizzative da un editto promulgato da chi, solo qualche tempo prima, aveva fatto vanto di sé stesso nelle vesti di benefattore/restauratore di un’area che, prima d’essere intitolata, era comunque ritrovo di ragazzi e sede di concerti.

Ecco, siccome il tutto sta svolgendosi senza un intervento formale di chicchessia, vorrei perlomeno che se ne parlasse, che se ne discutesse ad un livello ulteriore rispetto a quello del mero chiacchiericcio.

Cioè, in definitiva, in questa città lo spazio pubblico è un po’ più di tutti per qualcuno mentre lo è di meno per qualcun altro?

Chiedo per un amico.

 

(*) N.d.R.: Contestualmente al testo pubblicato, il lettore si è premurato di far pervenire anche video e foto documentali rispetto a quanto riportato

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