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Sanità ed elezioni – La salute non si baratta e non è un “favore”

In un recente confronto elettorale abbiamo assistito allo scontro verbale tra due candidati a sindaco, sull’opportunità che la politica tolga le mani dalla Sanità, oltre che alla disputa su chi dei due si fosse speso di più per la difesa dell’ospedale di Paola.
Mi è sembrato doveroso provare a chiarire alcuni concetti, perché, se di un problema non troviamo l’origine e non curiamo il cancro iniziale, tutti gli sforzi fatti per ridurre le metastasi, risulteranno inutili.
Il problema della sanità parte da lontano, parte da un disegno politico, perché, se si vuole smantellare un sistema, per prima cosa bisogna tagliare i fondi, in modo da renderlo inefficiente. Sbagliare la programmazione, mortificare, non incentivare, sono le tre attività in cui i gestori della sanità pubblica eccellono.

Il numero chiuso alla facoltà di medicina è stato introdotto alla fine degli anni Novanta, cosa è successo da allora? Nel 2011 Anaao Assomed rende pubblico uno studio drammaticamente profetico: gli effetti dell’esodo pensionistico e il numero insufficiente di posti nelle scuole di specializzazione produrranno entro dieci anni un buco d’organico di 30.000 medici ospedalieri. Gli investimenti sul futuro, però, non producono consenso perché non si vedono subito, di conseguenza non sono interessanti per i politici.

Ora quel futuro siamo noi e ci siamo dentro. Dal 2015 al 2020 parliamo di 13.048 medici in meno. La sostituzione dei medici pensionandi rimane bloccata dal 2005 al 2019, cioè sotto i governi Berlusconi 2, Berlusconi 3, Prodi 2, Berlusconi 4, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni. Poi arriva il Covid che mostra tutta la fragilità del sistema sanitario nazionale e si aumentano le scuole di specialità del 75%, ma è troppo tardi per intervenire in emergenza e così entrano in campo i gettonisti. I globetrotter della salute che fanno anche tre, quattro turni di seguito guadagnando fino a 4-5000 euro in 3 giorni; mentre, a parità di potere d’acquisto, lo stipendio riconosciuto ai medici ospedalieri in Italia è all’incirca il 73 percento in meno dei colleghi olandesi, il 67 percento in meno dei tedeschi, il 39 percento in meno dei britannici.

E allora, se rendi la sanità un facile oggetto di lucro, tutto va in direzione del guadagno facile e dellla privatizzazione: oggi più della metà dei posti nelle scuole di specializzazione per medicina d’emergenza-urgenza e per le specialità più impegnative  rimane vuoto, al contrario, sono quasi tutti occupati i posti di Chirurgia plastica e ricostruttiva, così come quelli di Dermatologia e Oftalmologia, specialità super-gettonate perché danno facilmente accesso all’attività privata non convenzionata.
Neppure la metà di tutte le scuole di specialità è risultata davvero in regola. All’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro, la scuola di specializzazione in Medicina interna ha sede nell’ospedale Mater Domini. La legge prevede che servano milleduecento tra ricoveri ordinari e day hospital, il loro numero si ferma a 581, nemmeno la metà di quelli necessari. Manca persino il Pronto soccorso, che vuol dire che si impara a trattare neanche i casi urgenti. Il reparto di Pediatria non c’è, l’unica scuola di Pediatria d’Italia che non possiede la degenza ordinaria.

La fuga dai Pronto soccorso è emorragica. Si chiama Pronto Soccorso perché è un luogo riservato alle emergenze, ma se i Pronto soccorso si riempiono di codici bianchi e verdi, questa immediatezza è impossibile da garantire, soprattutto con un personale sotto-organico. Da tempo è chiaro a tutti che per migliorare la qualità dell’assistenza e abbassare le spese totali per il Servizio sanitario nazionale occorre potenziare la medicina territoriale. E allora perché non si fa? Perché i medici di base non vengono formati per fare semplice prevenzione? Perché le farmacie sono finanziate per fare esami che potrebbero essere fatti dal medico di base? Perché non si attivano le Case di Comunità?

Dal 2001 la sanità è materia di competenza delle Regioni: la connivenza pubblico-privato è fatta di coincidenze di interessi: tu mi porti i voti e io ti accredito. Tu fai quello che ti pare, e io nelle mie Asl piazzo i direttori più fedeli, non necessariamente quelli più competenti. Dalla parte del privato accreditato l’obiettivo è invece il profitto. Di conseguenza, la scelta cade quasi sempre sulle prestazioni meglio rimborsate, mentre per le prestazioni salvavita la lista d’attesa si allunga all’infinito.

Gli ospedali e soprattutto i privati convenzionati eseguono le analisi del sangue, gli accertamenti diagnostici e la riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale finché ci sono i soldi dei rimborsi. Quando finiscono, come capita spesso, guarda caso, nell’ultimo trimestre, chiudono le agende per le prenotazioni e rimandano tutto all’anno successivo. I privati accreditati spingono verso l’attività a pagamento anche i malati oncologici in attesa di intervento. Questo non è vergognoso… è osceno! Ti accredito per fare quello che serve e non solo quello che ti conviene.

Dal 2007 al 2019 la Calabria sborsa in consulenza 85,4 milioni di euro per farsi dire come diventare più efficiente. Nonostante le consulenze, al 2020 la Calabria non riesce nemmeno ad azzerare il disavanzo e non raggiunge i livelli essenziali di assistenza, offrendo una minore speranza di vita ai cittadini calabresi.

E poi ci sono stati i decreti del federalismo fiscale voluti dalla Lega e dalla destra e mai osteggiati dalla sinistra e la conseguente distribuzione dei fondi diseguale, ma non poco. Solo per citare dei dati: ogni cittadino lombardo riceve dallo stato italiano 2220 euro per le cure mentre uno residente in Campania si ferma a 1600, pur essendo più popolosa; nel 2018 La Lombardia ha avuto 2530.00 euro procapite per ogni cittadino, la Calabria 1521.00. A voi sembra una lotta pari? Perché? Perché noi siamo meridionali, per curarci dobbiamo andare negli ospedali del nord, così loro avranno sempre più soldi e noi sempre meno. Basta innescare il circuito e il divario diventa sempre più ampio.

E poi ci sono state le chiusure decise dagli algoritmi del governo Monti e da allora tutti sappiamo che per evitare la chiusura degli ospedali, si poteva fare una sola cosa: creare dei poli specialistici: medicina generale, diagnosi, ginecologia, chirurgia……..Ognuno avrebbe potuto diventare un’eccellenza e noi avremmo potuto ricevere le cure necessarie a casa nostra, magari facendo 40 KM, ma non 800. E invece no. Non si è mai realizzato perché la lotta campanilistica paga di più la vecchia politica del potere.

Paga di più comprare voti lucrando sul bisogno, sulla fragilità delle persone. Al momento giusto si fa una telefonata: “avete un familiare malato? Vi serve un piccolo favore? Un aiuto a saltare una lista d’attesa? Un posto letto? Ci sono qui io. Lo faccio con piacere……..Poi vi chiamerò quando mi servirà riempire la piazza per i comizi. La vita si ripaga con il voto!

I cittadini danno il loro voto a chi tiene in piedi questo sistema fallace e misero, facendo passare per carità e favore il diritto sancito dall’art. 32 della Costituzione, piuttosto che deidere, con il loro voto, che quel diritto torni in cima alle priorità dell’agenda politica.

 

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