Oggi iniziano le votazioni per rinnovare il Parlamento Europeo, circa 373 milioni di Europei sono chiamati al voto, per oltre 22 milioni è la prima volta alle urne, la prima volta in cui, da cittadini europei, avranno la facoltà di esercitare quello che è il diritto fondamentale della Repubblica Democratica: scegliere i propri rappresentanti per partecipare, tramite essi alla gestione della “cosa pubblica”.
Tra il 6 e il 9 giugno i cittadini dei 27 Paesi membri Ue si recheranno alle urne per determinare la nuova composizione del Parlamento Ue durante la decima legislatura, ma per un terzo degli Stati membri l’attenzione sarà rivolta ai rapporti di forza e agli equilibri interni che emergeranno non solo da questo appuntamento le istituzioni sul territorio dopo le elezioni. elettorale, ma anche da tutta una serie di voti nazionali, regionali e locali.
In Italia i partiti nazionali si giocano molto, sia per gli eurodeputati che saranno eletti a Bruxelles, sia per chi guiderà le istituzioni sul territorio dopo le elezioni. In Italia si gioca una partita determinante per la qualità della vita democratica, perché non è la Democrazia ad essere in pericolo, ma la sua qualità sostanziale. Una differenza sottile che, trasformando la democrazia da liberale in illiberale, cambierebbe la vita di tutti, annullando il sacrificio fatto dai nostri nonni e dai nostri padri, mortificando il prezzo che essi hanno pagato per permettere a noi di nascere e vivere all’interno di una democrazia liberale e sociale. Non torneranno gli squadristi del Duce, dopo 80 anni di pace e benessere sarebbe anacronistico, ma il fiume carsico del populismo sovranista inventato da Mussolini è tornato a scorrere in superficie. I leaders dei partiti populisti costruiscono il loro consenso, non sui progetti, non sulle speranze, ma sulle paure con cui riempiono il vuoto delle idee. E mentre coltivano le nostre paure, raccontandoci la bugia di combattere un nostro nemico immaginario, smantellano la democrazia e la Costituzione e tentano di smantellare anche l’Europa. Quella istituzione che impedisce all’Italia di fallire, perché senza la cintura di sicurezza dell’Europa e dell’euro, l’Italia è un Paese tecnicamente già fallito, il nostro debito pubblico sfiora i 3000, pari al 138% del pil, laddove il trattato di Maastricht ne stabilisce il limite massimo al 60%.
Nessun sovranista potrà mai modificare questo dato numerico o invertire la rotta.
Non sarà il premierato che trasforma i cittadini in sudditi sottoposti al volere di uno. Non sarà il decreto dl Calderoli che smantellerà l’articolo 3 della nostra Costituzione, frammentando l’Italia in tante piccole repubblichette diseguali e senza risorse. Non sarà la censura della libera informazione. Non saranno le intimidazioni e le identificazioni di polizia che mirano ad annullare lo scambio ideologico democratico. Non saranno i manganelli delle squadre d’assalto durante le libere manifestazioni che colpiscono i nostri giovani. Non sarà niente di tutto questo a tutelare la qualità della democrazia italiana, della nostra vita e del nostro futuro. L’Italia e l’Europa si possono salvare solo salvaguardando la loro democrazia liberale e creando una identità unica, politica, economica, sociale, culturale. Un solo mondo per resistere al nuovo mondo che si organizza e si unisce. Oggi il nostro mondo occidentale rappresenta soltanto il 15% della popolazione mondiale, il restante 85% guarda a Brics a noi contrapposti, che esprimono il 36% del Pil mondiale e il 41% della produzione di petrolio. Dividerci, frammentarci, disgregarci equivale per noi a diventare una loro terra di conquista.
Se noi Italiani tutti ritrovassimo nella parola Patria il rispetto delle istituzioni, a cominciare dal Parlamento e dalla democrazia che in esso si articola, il rispetto della Costituzione che della democrazia è il fondamento, il senso di appartenenza ad un popolo, la solidarietà popolare, la dignità del senso della propria persona in relazione alla società in cui è inserita, allora saremmo in grado di costruire un’Italia ed un’Europa garanzia di libertà, diritti, benessere e sicurezza.
Non è un nemico esterno che ci minaccia, è la nostra mancata partecipazione alla vita politica, il nostro disinteresse alla vita pubblica, la nostra rassegnazione davanti agli attentati alla Costituzione, che si tramutano in un atto di autolesionismo. Viviamo tempi complessi, è vero, tempi in cui il vuoto delle idee è riempito dagli slogan dell’odio populista, tempi in cui la corruzione dilaga e gli Italiani in questo sono campioni, tempi in cui riconoscersi in una rappresentanza risulta difficile.
Ma la soluzione non può essere arrendersi, cedere alla rassegnazione e all’indifferenza. Esprimere un solo voto solo per protesta, senza alcuna alternativa costruttiva, equivale a nascondersi in cabina per guardare da un oblò la nave mentre affonda e noi con essa. Così facendo, uccidiamo due volte le migliaia di persone morte per difendere la democrazia, i diritti, le libertà, la giustizia, la cultura, il pensiero. Le chiudiamo nuovamente in galera e buttiamo via la chiave.
La domanda che in ogni epoca gli analisti si pongono è: l’impegno civile e la solidarietà sociale sono conseguenze delle Istituzione presenti e passate, oppure, al contrario, sono le istituzioni ad essere il prodotto di impegno civile e solidarietà sociale, che a loro volta sono effetto della condotta dei singoli individui?
La risposta è assolutamente la seconda ipotesi, è il comportamento individuale prima che crea un comportamento sociale, che a sua volta determina il modello di società e di civiltà. La storia siamo noi, e, se la vogliamo raccontare la Storia, dobbiamo riconoscerci parte di essa, riconoscere di essere uno dei tanti, uno come tutti, e come tutti coinvolto, implicato e partecipe.
Andare a votare e la sola azione che possa renderci quantomeno consapevolmente responsabili del nostro destino, piuttosto che rassegnarci a subirlo.un