Arrestati gli assassini di Cocò

COSENZA – Arrestati gli assassini di Cocò. I carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza hanno arrestato due persone accusate dell’omicidio, avvenuto il 16 gennaio 2014 a Cassano Jonio, di Antonio Iannicelli, della compagna marocchina Touss Ibtissam e del nipotino Nicola Campolongo, di tre anni. I tre corpi vennero trovati bruciati in un auto, compreso quello del piccolo Cocò, come tutti lo chiamavano, dopo essere stati uccisi a colpi di pistola. L’omicidio di Cocò aveva suscitato l’attenzione di Papa Francesco, che gli aveva rivolto un pensiero e una preghiera il 26 gennaio 2014 nel corso dell’Angelus in Piazza San Pietro. Le indagini dei carabinieri, oltre a ricostruire il triplice omicidio, hanno consentito di individuare il movente, documentare la sua connotazione tipicamente “mafiosa” ed evidenziare le dinamiche Catturacriminali nel territorio della Sibaritide. Il bambino era stato affidato al nonno dopo l’arresto dei genitori, coinvolti in reati di droga, ed è proprio il traffico di stupefacenti il movente del triplice delitto i cui autori sono Cosimo Donato, alias “topo”, 38 anni, e Faustino Campilongo, 39 detto “Panzetta”, già detenuti nel carcere di Castrovillari per estorsione. Entrambi indagati anche per omicidio premeditato e distruzione di cadavere, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività del sodalizio ‘ndranghetista degli “Abbruzzese”. Per il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti “i due responsabili principali di questo delitto sono stati assicurati alla giustizia”, ma lo stesso magistrato conferma che gli inquirenti ritengono vi siano altri soggetti coinvolti. “E’ per noi motivo di grande soddisfazione – ha continuato Roberti – aver assicurato alla giustizia gli autori della carbonizzazione del corpo di un bimbo di tre anni”. Il procuratore capo della DDA di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo, ha poi spiegato che dopo le conferme da diverse fonti, gli investigatori sarebbero stati al corrente del fatto che Iannicelli avesse portato con sé il bimbo, durante l’incontro con Donato e Campilongo culminato nell’assassinio, nella convinzione che lo stesso Cocò potesse essere “una sorta di assicurazione sulla vita” e che “nessuno avrebbe osato fargli del male“.

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