Caso Villa Ortensia. Domani l’udienza di una burocrazia infinita

Un’odissea lunga oltre quattro anni. Così gli ex dipendenti di Villa Ortensia, nota clinica di Cosenza, descrivono gli ultimi anni ad attendere che la burocrazia faccia il suo corso, aspettando le retribuzioni arretrate e le somme TFR spettanti secondo la legge, ma senza risultati.

La clinica in questione è stata dichiarata fallita nel 2011, e già nel 2010 il curatore fallimentare Aldo Rizzuti avviò le procedure per la sua messa in liquidazione. Ma nonostante siano passati oltre quattro anni, nulla si muove, e i 40 dipendenti della clinica non riescono ad ottenere giustizia, e versano, in alcuni casi, in condizioni economiche precarie.

Dopo l’udienza del 23 settembre 2015, rinviata a domani 26 febbraio, i dipendenti avevano scritto una lettera, invitando le maggiori testate giornalistiche a far emergere il caso di lenta burocrazia, quest’ultima spesso colpevole di iter lunghissimi che i giudici protraggono all’infinito senza risolvere le controversie. È il caso anche di villa Ortensia, che oltretutto, in base alla ricostruzione dei movimenti finanziari, è emerso non avrebbe versato le ritenute fiscali e previdenziali ai dipendenti. Non solo quindi mesi di stipendi arretrati e mancato pagamento del TFR, ma anche mancanze sotto un punto di vista pensionistico per i lavoratori.

Pochi mesi dopo il dichiarato fallimento, un pizzico di ottimismo aveva fatto sperare che la situazione potesse volgere al meglio. Secondo accordi sindacali, l’imprenditore che ha acquisito la clinica avrebbe dovuto infatti anche riassumere gli stessi dipendenti, ma ciò non è avvenuto.

Oltretutto, come si legge anche nella lettera scritta dai lavoratori insieme al loro legale, il curatore fallimentare ha ricevuto dagli stessi le domande di ammissione tardiva per il trattamento di fine rapporto, ma fino a quando non terminerà la verifica delle domande tempestive, non si potrà proseguire con quella delle domande tardive, facendo quindi prospettare tempi più lunghi di quanto previsto.

Non meno grave il fatto che l’immobiliare Villa Ortensia srl ha richiesto il pagamento dei canoni d’affitto, per una somma pari all’intero attivo fallimentare. Di 1milione e 300mila euro disponibili per liquidare gli stipendi – di cui 900 mila ricavati dalla vendita dell’azienda, e altri circa 400 mila da recuperi dei ricoveri dell’ASP, messi in banca – una parte andrebbe ai creditori, una al curatore fallimentare, senza che nulla vada nelle tasche degli ex dipendenti, continuando a lasciare così i lavoratori in una situazione economica instabile, che oltre alla consistente somma di denaro attendono gli sia restituita la dignità rubata.

Alcuni di essi tempo fa hanno anche intrapreso vie legali, denunciando i titolari per la contabilità gestionale dell’azienda. Tale percorso legale sta andando avanti, ma non ha ancora portato purtroppo a nessun risultato.

Alcuni di essi saranno domani presenti in tribunale. «Molto pacificamente» come da loro riferito «intendiamo, alla fine della causa, porre alcune domande al giudice, il quale non è d’aiuto per quanto riguarda accorciare i tempi per la risoluzione del caso, anzi! Come ad esempio “Quanto tempo ci vorrà per ricevere la somma dovutaci? E perché non dare intanto a noi come creditori privilegiati il denaro a disposizione?”». Queste e altre domande verranno fatte al giudice domani, con la speranza che qualcosa si muova, e la parte lesa possa ottenere, e soprattutto al più presto, ciò che avrebbe dovuto ricevere già da molto tempo.

Di seguito la lettera scritta dai dipendenti nello scorso novembre:

Egregio direttore,

chi le scrive è un gruppo di ex dipendenti della Casa di cura chirurgica “Villa Ortensia srl” di Cosenza, chiusa nel dicembre 2011 per fallimento.

Con la presente è nostra intenzione denunciare il profondo disagio economico e morale di tutte quelle persone che, a causa di un iter burocratico lento e pieno di ostacoli e di una giustizia che riteniamo profondamente “ingiusta”, sono nella più grande disperazione, in condizioni economiche e sociali insostenibili, frustranti e che tolgono dignità a chi le vive. 

Nel maggio 2011 è stato dichiarato il fallimento della Casa di cura chirurgica “Villa Ortensia” con la fissazione della prima udienza di verifica dello stato passivo. Da quel momento è iniziata la nostra odissea in quanto, a distanza di circa quattro anni, non solo non ci sono state pagate le retribuzioni arretrate ma non possiamo neppure chiedere al fondo di garanzia INPS le somme che ci spettano a titolo di trattamento di fine rapporto.

La maggior parte di noi, più di quaranta, è stata licenziata durante il fallimento, per cui abbiamo inviato al curatore le domande di ammissione tardiva per il TFR, ma i tempi si prospettano lunghissimi poiché siamo stati informati che non sarà possibile fissare le udienze di verifica delle domande tardive fino a che non sarà terminata la verifica di quelle tempestive.

Avevamo avuto assicurazioni che la società che acquistava la casa di cura avrebbe assunto tutti gli ex dipendenti, da mesi è stato aperto un centro anziani ma nessuno di noi lavora in questa struttura. Dopo l’udienza del 23 settembre scorso, rinviata al 26 febbraio 2016, abbiamo saputo che l’Immobiliare Villa Ortensia srl che ha comprato a suo tempo l’immobile della Casa di cura chirurgica Villa Ortensia srl (le due società peraltro sono composte dagli stessi soci) ha anche richiesto il pagamento dei canoni di affitto maturati prima e dopo la dichiarazione di fallimento, per una somma che coprirebbe tutto l’attivo fallimentare.

Siamo preoccupati poiché, qualora venisse riconosciuto questo credito, già una volta chiesto dall’immobiliare e non ammesso per motivi meramente formali non resterebbe alcuna somma per le mensilità non corrisposteci.

Inoltre i nostri ex datori di lavoro, per quelli di noi che avevano pignoramenti o cessioni di crediti per mutui o altro, hanno trattenuto il quinto dello stipendio in busta paga senza però versarlo ai creditori, non hanno pagato i contributi e forse non hanno versato i TFR al fondo INPS.

Chi spiegherà alla madre di famiglia, ex dipendente della casa di cura, che dopo aver aver perso il lavoro non ha più potuto far fronte alle spese mediche per curare il figlio gravemente malato che la speranza non la aiuterà ad ottenere ciò che le spetta e che con angoscia attende?

Chi pagherà le rate del mutuo di casa degli ex dipendenti rimasti senza lavoro e senza altri mezzi di sostentamento? Chi darà tutte queste risposte?

Questa nostra lettera vuole essere un grido disperato. Ogni giorno lottiamo per sopravvivere in questa situazione sentendoci soli e abbandonati da tutti.

E’ nostra intenzione organizzare una manifestazione pacifica davanti al Tribunale di Cosenza per far sentire la nostra voce e le nostre ragioni a chiunque voglia ascoltarci, ma soprattutto per smuovere le istituzioni dal torpore. I nostri diritti di cittadini e lavoratori non possono e non devono essere calpestati.

La salutiamo cordialmente con l’augurio che il nostro grido non rimanga inascoltato e che possa aiutarci a far conoscere la vicenda.

 

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