Lo scenario post-elettorale, venutosi a creare nel Sant’Agostino dopo l’appuntamento regionale di domenica scorsa, è tale da lasciar presagire una coda d’inverno piuttosto arroventata.
Ovviamente si parla dei presenti, vale a dire di coloro che hanno una rappresentatività all’interno dell’aula Lo Giudice, quelli che approvando o bocciando una proposta sono in grado di determinare effetti tangibili nella vita dei paolani.
Quindi da un lato la maggioranza a supporto di Roberto Perrotta e, dall’altro, la minoranza coi suoi tanti leader, uno dei quali era pure candidato per un seggio raggiungibile da queste ultime urne. Basilio Ferrari è uscito con un netto di 652 preferenze totali (meno del pentastellato Minervino, attestatosi a 748), voti di cui 438 provenienti da Paola, il ché gli conferisce un appeal di pochissimo superiore a quello dimostrato, ad esempio, da Luca Morrone, eletto con i Fratelli d’Italia per cui s’è speso il suo collega Totonno Lo Gatto (405 voti, figurarsi il risultato di quest’ultimo se fosse sceso in campo in prima persona). Motivo per il quale – tenendo esclusa dai conti la dottoressa Emira Ciodaro (solo perché la questione ruota attorno ai consiglieri comunali) – è lecito ipotizzare una persistente balcanizzazione del centrodestra paolano, con macro aree frammentate in tanti pezzettini che – allo stato attuale – non sembrano convergere su un nome capace di presentarsi alle prossime comunali. Questo perché la rappresentanza del centrodestra consiliare è ridotta a due soli elementi (data ormai Maria Pia Serranò come battitrice “libera”, capace di presenziare all’incontro con Pippo Callipo ma disposta a non sabotare la strategia “naturale” del suo gruppo d’appartenenza), coi restanti tre consiglieri che orbitano attorno a idee diverse di centrosinistra. Pino Falbo e Anna Anselmucci, annettendo al gruppo anche Giuliana Cassano (ma solo per contiguità di banco), alla fine hanno visto “confermati” i loro esponenti regionali, il cui prestigio è stato però “ridotto” a quello di oppositori di un’amministrazione di cui (almeno in partenza) non faranno parte.
Stesso discorso per la maggioranza “perrottiana”, con la Coalizione di Salute Pubblica che s’è mossa in maniera magmatica su ogni fronte, invadendo tutte le corsie, da destra a sinistra fino anche allo spartitraffico. Non è un mistero il dato secondo cui non tutti, nell’ala sinistra della sala “Lo Giudice”, abbiano appoggiato la cavalcata di Graziano Di Natale, eletto – Mundo ed eventuali ricorsi permettendo – con le sole forze della giunta (escludendo Mantuano) e dei consiglieri più affini a seguire tanto il sindaco, quanto il presidente del consiglio comunale. Da cronache “non smentite” di quotidiani cartacei locali, è emerso uno spaccato secondo cui almeno 5 esponenti eletti nelle fila verdi arancioni del 2017, abbiano concentrato e rivolto la loro attenzione su fronti diversi da quello che avevano al fianco. Ed è per questo che il risultato complessivo di Di Natale, 1537 voti (forse non ancora abbastanza “solidi” agli occhi di chi vorrebbe metterli in discussione), pare manchevole della rotondità necessaria ad affermare che in città c’è almeno una fazione capace di esprimersi ad una sola voce. Anzi, guardando più in profondità, su 5 consiglieri di maggioranza, ben quattro (Politano è rimasto in Calabria con Callipo) sono quelli che si sarebbero affacciati oltre confine, tra le frange santelliane. Uno di questi è senz’altro José Grupillo, già vincente alle europee con Vincenzo Sofo (europarlamentare leghista, subentrante a Bruxelles per via della Brexit), ed ora in predicato di vedere sia Novello che Nicolai seduti nella cittadella di Germanento, con posti messi eventualmente a disposizione da Molinaro e Gallo, entrambi papabili di un assessorato (anche se non è detto che si dimettano dalla carica di consigliere, Guccione docet). L’altro è Ivan Ollio, che a meno di ripensamenti sulla natura “politica” dell’amministrazione Santelli, ha visto sfumare al fotofinish la scommessa posta su Pino Gentile (che comunque pare abbia voglia di ricorrere contro il verdetto delle urne). Quindi Francesco Aloia che, benché sia dato in corsa per lo scranno più prestigioso della sala consiliare paolana, ha comunque dimostrato fiducia ad Orlandino Greco, piazzando le sue fiches nel centrodestra, sul nome di Cerra dell’Udc, un partito che ha visto eccellere Giuseppe Graziano da Corigliano/Rossano, candidato vicino al gruppo che ha portato all’elezione di Emilio Mantuano prima e di Stefania Mirafiori poi (subentrata proprio a colui che è divenuto assessore ai Lavori Pubblici).
Una situazione piuttosto disallineata, indice del fatto che – oltre all’asse falbiano – anche la maggioranza a supporto di Roberto Perrotta è in cerca di un cardine a cui fissarsi in vista del rinnovo di ogni carica nel 2022.
Centrodestra e centrosinistra in cerca d’autore, con la Regione contraddistinta da tanti punticini messi a segno (il più importante, almeno per Paola intesa come Comune, resta quello di Graziano Di Natale).
Una situazione d’incertezza che, forse, solo il prossimo pronunciamento di Marzo sul bilancio potrà iniziare a chiarire in maniera netta.