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Paola – Il Santo, il 4 Maggio e l’unità di un popolo nel nome di Francesco

di Antonella Luppoli

In piazza Gustavo Pizzini lo sguardo del paolano orgoglioso si incrocia con quello del (paolano) espatriato che, oggi più che mai, è fiero delle sue origini. Le coperte sventolano dai balconi. Le nonne hanno scelto le più belle, le più candite, perché così vuole la tradizione. I palloncini variopinti si fondono al nero dell’abito dei Minimi. Che, a sua volta, si lega al rosso cardinale. Sua eminenza Angelo Bagnasco sorride ai numerosi piccini che gli scorrazzano intorno e spiega: “Grazie genitori per tutti questi bambini. Quanti ne ho visti! Grazie perché permettete a Dio di continuare a testimoniare il dono più grande: la vita”. Ma, del ringraziamento più sentito Bagnasco è destinatario. “Grazie per i bei pensieri che ha voluto donarci, per la sua presenza di fede” dice il correttore generale dei Frati Minimi, padre Francesco Marinelli.

Il 4 maggio a Paola è un giorno particolare. L’argento, per esempio, luccica più del solito. Quello della statua di San Francesco, che avanza per i gradini di Via Macchia, quasi abbaglia gli occhi emozionati delle migliaia di presenti. Il sole accarezza le loro teste. A scaldare l’anima invece è la visione del simulacro del Santo della Carità, a cui tutti affidano le preghiere e i desideri più reconditi del cuore. Puntuale intorno alle 12.30, giunge “mienz u’ Canciedd”. Qui a San Francesco si affida la chiave della città, di cui è figlio illustre. Protettore e patrono. Ad attenderlo, come ogni anno, un popolo unito nel suo nome, raccolto tra le mura dei palazzi agé della cittadina tirrenica che non hanno timore di mostrare i segni del tempo.

La statua si fa largo nel fiume di gente. C’è chi fa gli onori di casa, e anche chi è arrivato da ogni angolo della Calabria, dell’Italia e del mondo, per manifestare il suo amore a San Francesco. Che, guadagnato il centro della piazzetta, staziona in parte al palchetto. Di buon mattino lo hanno infatti allestito gli operai del comune. Il calore umano è uniforme sotto e sopra il proscenio, gremito di autorità. Da quelle parti, la chiamano devozione.

A prendere la parola è il primo cittadino, l’avvocato Basilio Ferrari, abituato ormai all’emozione del toccante momento. “Mi avete eletto sindaco ma lo sono diventato davvero solo dopo aver donato, per la prima volta, questa chiave al nostro amato San Francesco” spiega. Poi, si lascia andare ad un’arringa. A tratti, un bilancio del suo mandato elettorale che si concluderà tra poco più di un mese. A riportare un clima raccolto e di preghiera ci pensa però padre Marinelli.

Ci siamo: il sindaco si sporge per offrire al Santo la chiave della città. Lo scroscio di un applauso, ricco di gratitudine, accompagna il gesto. Intanto, la banda intona note di festa. La statua si avvia verso Corso Cristoforo Colombo per proseguire il suo cammino in processione. Piazza Pizzini piano piano si svuota. Le note di “Al Santo Glorioso” risuonano ancora leggiadre. Sui sanpietrini restano i petali di rose e i coriandoli. Nell’aria e nel cuore la benedizione di San Francesco.

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