Se non ci fosse stata di mezzo la disinstallazione della tensostruttura che fino a domenica scorsa ha ospitato la pista di pattinaggio su sapone, probabilmente la dodicesima invasione di campo effettuata dai venditori ambulanti (dispostisi nuovamente sull’area in cui è stato posto in essere quello che il vicesindaco Francesco Sbano ha recentemente definito un «bellissimo lavoro») sarebbe passata – nuovamente – in sordina.
Vuoi perché la solidarietà nei confronti degli espositori sarebbe universalmente manifestata dagli avventori del mercato, felici di potersi giovare di uno spazio consono alla quantità di merce esposta, o vuoi perché la pianta dispositiva preposta dagli amministratori comunali si basa su zone che mal si concilierebbero con i disagi di un portatore di handicap o con quelli di una donna che indossi scarpe col tacco, l’invasione “creativa” di taluni venditori di generi alimentari viene tollerata con facilità.
Nonostante ciò comporti una diminuzione degli spazi predisposti al parcheggio e sebbene l’area in questione si presenti in uno stato di degrado vigoroso (ad ogni scroscio d’acqua si creano pozzanghere piuttosto profonde che, oltre a costituire un potenziale pericolo per le persone alla guida, è anche un antipatico biglietto da visita per chi deve destreggiarsi a piedi), per gli avventori sembrerebbero preferibili questi disagio rispetto alla disposizione delle bancarelle organizzata fino all’inizio del dicembre scorso.
Quanto sembrino lontane le comodità della precedente area mercatale, è un dato che si evince dalle dichiarazioni rilasciate a mezza bocca sia dei commercianti che dei clienti, tutti sommessamente disposti ad ammettere che nella zona di contrada Pantani fosse tutto più agevole. Il (nuovo) mercato domenicale paolano, una volta di più, sta palesando situazioni che mal si conciliano con le ordinanze sindacali, persino con quelle delle amministrazioni precedenti. Se il dispositivo diramato da Ferrari è apparso sin da subito “inapplicabile” (per via delle reiterate spiegazioni fornite in merito alla necessaria “contiguità settoriale” lamentata con vigore dai venditori di generi alimentari), quello che stupisce è il mancato rispetto di un dettame diramato nel lontano 2009 da Roberto Perrotta (e reiterata dal suo successore, Basilio Ferrari).
Il “caso strano” in questione riguarda l’inconsueta vendita all’aperto delle fave. Questo legume, com’è noto, è vicario di effetti “mortali” per coloro che sono affetti da una patologia nota come “favismo” e, pertanto, sia la sua coltivazione che la successiva vendita sono regolamentate. Fatto salvo questo principio, nell’ordinanza n.41 del 2 settembre 2009, Perrotta ha istituito che: «La vendita di fave fresche, ove venga effettuata nel perimetro urbano, negli esercizi commerciali in sede fissa, al minuto e all’ingresso, nel mercato comunale, nelle aree pubbliche autorizzate, è consentita purché le stesse siano preconfezionate in sacchetti sigillati ai sensi di legge e dando corretta pubblicità della vendita con appositi cartelli di dimensioni minime 30 x 40 cm, con la seguente dicitura “Avviso per i cittadini a rischio di crisi emolitica da favismo, in questo esercizio commerciale sono in vendita (sono esposte) fave fresche”». Una prescrizione che i venditori presenti al mercato domenicale paolano non hanno rispettato, esponendo impunemente il legume – per di più “fuori stagione” – su quasi ogni banco alimentare presente.
Quindi, oltre allo sconfinamento “gratuito” (perché l’area che avrebbe dovuto ospitarli è rimasta deserta per l’intera durata del mercato), un nuovo tassello “trasgressore” s’aggiunge alla storia di questo ripristinato mercato nel centro cittadino. Un’epopea che ha davvero dell’incredibile.