Dopo oltre due secoli, al netto di una storia prestigiosa e impreziosita dall’aver calzato i piedi delle personalità più illustri della politica e del jet set mondiale, anche per il marchio “De Tommaso” sembra giunto il momento di lasciare l’Italia. Ad annunciarlo è stato il patron della casa che effigia i suoi prodotti con l’aquila coronata, Cosimo De Tommaso, che al Quotidiano del Sud – parlando dell’imminente acquisizione da parte di un gruppo statunitense – ha dichiarato che «Le trattative sono alle fasi finali».
Attraversando indenne il clamore delle sirene d’oriente, con i cinesi intenzionati a rilevare l’azienda che De Tommaso ha difeso in quanto «quelli se ti comprano lo fanno solo per distruggere il marchio», resistendo agli anni e alle dure leggi di un mercato sempre meno propenso ad espandersi “lealmente”, per la casa cosentina che ha “fatto camminare” Napoleone, Papa Wojtyla e Benedetto XVI, è giunto il momento di confrontarsi ad armi pari con i giganti. Per farlo è stato necessario passare il testimone, dotarsi di una struttura che, oltre a basarsi sulla qualità manifatturiera, fosse capace di confrontarsi su piani finanziari sconosciuti alle nostre latitudini. A quanto pare, gli acquirenti a stelle e strisce hanno spalle larghe ed intenzioni nobili, perché nell’intento di non disperdere la conoscenza sin qui maturata, invieranno i propri dipendenti in Italia per imparare il mestiere. Dalla Calabria, quindi, si continuerà “a fare le scarpe” e a insegnare a farle fare, soprattutto a quegli americani che – sull’esempio di George Clooney, Brad Pitt e Tom Cruise – individuano nel marchio De Tommaso la garanzia di una qualità introvabile altrove. Un valore che, attualmente, è forgiato su tecnologie d’avanguardia che non prevaricano l’aspetto artigianale di un prodotto che, per ogni paio di scarpe, necessita di settanta minuti solo per la doppia cucitura eseguita a mano.
Per quanto riguarda invece il futuro imprenditoriale dell’attuale patron, Cosimo De Tommaso ha fatto sapere di volersi dedicare all’agriturismo, cercando di creare i presupposti per valorizzare ulteriormente un territorio sul quale, almeno noi calabresi, continueremo a “mettere i piedi”.