operazione merlino

Fuscaldo – Blitz Merlino: indizi da rivalutare e precisazioni su Ramundo

Come anticipato ieri, le motivazioni per cui la Cassazione ha rigettato il ricorso – presentato dalla Procura della Repubblica di Paola – in merito agli sviluppi della vicenda giudiziaria scaturita dall’operazione “Merlino”, non hanno afflosciato l’impianto accusatorio messo in piedi dal dottor Pierpaolo Bruni.

Tuttavia, stante una precisazione diffusa a mezzo stampa, i legali che assistono il sindaco fuscaldese Gianfranco Ramundo, è necessario operare dei “distinguo” riguardo le posizioni di ciascun indagato che, nella fattispecie relativa al primo cittadino, vanno inquadrate nell’ambito della sola accusa di “falso ideologico” relativamente agli aspetti procedurali ed amministrativi con cui è stato aggiudicato il servizio di gestione del depuratore comunale.

«Il ricorso del Pubblico Ministero, avverso alla decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro – hanno fatto sapere gli avvocati Giuseppe Bruno e Nicola Carratelliè stato integralmente rigettato, con sentenza emessa dalla Corte Suprema di Cassazione e quest’ultima, nella parte motivazione, ovvero all’interno delle motivazioni del dispositivo, non ha mai affermato la conferma delle accuse, ma, più semplicemente, che, le stesse, saranno oggetto del processo penale, in cui si valuterà la correttezza della procedura di aggiudicazione del servizio di gestione del depuratore comunale. Si ricorda che la Corte Suprema di Cassazione ha ribadito che non vi erano i presupporti per l’arresto del sindaco Ramundo».

Per quanto concerne gli altri, iniziando dall’assessore Paolo Fuscaldo, gli “ermellini” romani hanno disposto la rivalutazione  del quadro indiziario, al fine di verificare (con riferimento al capo “s”, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, ndr) la configurabilità o meno di gravi indizi in ordine al delitto di cui all’art. 353-bis cod. pen. e, se del caso, di esigenze cautelari tali da legittimare l’adozione di misure cautelari.

Il rimando dei giudici, riguarda un’occorrenza della quale s’è dato conto nell’imminenza degli arresti (clicca), relativamente ad un affidamento diretto risalente al 2017, quando – senza alcuna procedura di gara – il servizio di pulizia delle aree libere del litorale di Fuscaldo venne affidato al consorzio di cooperative “Job”, presieduto dall’imprenditore paolano Salvatore Montanino.

In quella circostanza, secondo l’accusa, l’assessore Paolo Fuscaldo avrebbe esercitato pressioni sul tecnico comunale Michele Fernandez, al fine di omettere la celebrazione della gara, ricevendo in cambio dall’imprenditore paolano Salvatore Montanino la promessa (poi mantenuta) relativa all’assunzione di numerosi soggetti nell’ambito del consorzio cooperative Job, con conseguente vantaggio personale.

In conseguenza dell’annullamento, per difetto della gravità indiziaria degli ordini di carcerazione emessi dal giudice del Tribunale di Paola, il ricorso del Pubblico Ministero paolano è da ritenersi fondato limitatamente al capo “s”, per cui la Cassazione rileva «che la valutazione del Tribunale non si è debitamente confrontata con il fatto oggetto di contestazione. Ed invero il fulcro dell’addebito risiede non solo nel mancato svolgimento della gara ma anche nell’affidamento diretto del servizio di pulizia spiagge al Consorzio Cooperative Sociali Job, propiziato dalle indicazioni fornite dal Fuscaldo al Fernandez. In tal modo avrebbe dovuto ritenersi contestata una condotta di tipo collusivo, coinvolgente anche il terzo beneficiato, incidente sull’atto di affidamento del servizio e dunque sulla scelta del contraente, con la conseguenza che la vicenda avrebbe dovuto essere valutata anche in relazione alla fattispecie di cui all’art. 353-bis cod. pen. da ritenersi primariamente evocata, al di là del formale richiamo dell’art. 353 cod. pen. Deve infatti sottolinearsi che il reato in esame è stato introdotto allo scopo di estendere la tutela penale alla fase anteriore alla pubblicazione del bando, in relazione al compimento di atti di turbativa del procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente, aventi la finalità di condizionare la scelta del contraente. Risulta indispensabile in tale prospettiva che venga turbata la correttezza della procedura amministrativa, con sviamento del suo regolare svolgimento. D’altro canto attraverso il riferimento all’atto equipollente si è inteso includere qualunque provvedimento diverso dal bando di gara, avente la funzione di giungere all’individuazione del contraente, compreso il caso dell’affidamento diretto, cosicché la fattispecie finisce per riguardare ogni forma di aggiudicazione diversa dalla gara e la stessa fase di selezione dello strumento di aggiudicazione. Sulla scorta di tali premesse, l’analisi contenuta nel provvedimento impugnato, incentrata sull’insussistenza dell’obbligo di procedere alla gara e sulla ritenuta irrilevanza dei principi sanciti dall’art. 30 d.lgs. 50 del 2016, risulta insufficiente, in quanto il Tribunale non si è cimentato con il tema della concreta configurabilità del reato di cui all’art. 353-bis cod. pen., pur descritto in punto di fatto nel capo di incolpazione, ciò a prescindere dall’astratta obbligatorietà della gara ma in relazione al concreto rispetto dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, efficacia e pubblicità, sottesi all’individuazione dello strumento di selezione del contraente. Per questa parte dunque si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale rivaluti il quadro indiziario…».

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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