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Regione e vitalizi: la “responsabile umiltà” contro il moscone dispettoso

È curioso notare certi sviluppi, tutti “nostrani”, riguardo gli incespichi di popolarità cui sono soggetti i politici che ci rappresentano.

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È quasi surreale dover assistere al teatrino di una classe dirigente che fa e disfa a seconda dello “sgamo”. Perché è chiaro come il sole che, se nessuno se ne fosse accorto, la mozione sui vitalizi sarebbe passata all’unanimità.

Indipendentemente dalla “buona fede” di coloro che si sono sentiti gabbati alla stregua di Adamo quando venne sorpreso “colpevole” da Dio, ciò che resterà agli atti è il comportamento di un intero organo di rappresentanza, capace di promulgare leggi e ordinanze in grado di organizzare la vita di milioni di persone, che in seguito all’indignazione – senza colore politico, a 360 gradi – suscitata da un suo provvedimento, si ritrova costretta ad abrogarlo.

Il dizionario etimologico disponibile a questo link, specifica che il termine “abrogare” proviene dal latino, e nell’esempio riportato per farne comprendere il senso, riporta che “significò presso i Romani togliere una legge in seguito a domanda fatta al popolo riunito ne’ comizi, il quale decretava per via di suffragi”.

Con l’abrogazione della legge che pochi giorni fa aveva reintrodotto vitalizi quasi “aggratis”, coloro che governano la Calabria hanno davvero interpretato il senso etimologico del termine “abrogare”?

Leggendo quel che riporta il Fatto Quotidiano in merito alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Regionale, Domenico Tallini, si direbbe proprio che non ci siamo. Infatti, Tallini, dopo il ruolo interpretato in fase di approvazione della “legge vergogna”, sarebbe tornato – insieme ai colleghi – sui suoi passi, dimostrando un atteggiamento di “responsabile umiltà” nel momento in cui s’è accorto dell’errore commesso, uno sbaglio di cui non è ancora data sapere la natura (se “di valutazione”, “di analisi” o “di opportunità politica”).

Purtroppo, se la spiegazione è questa, il termine “abrogare” non va bene. Perché a nessuno è stato chiesto se era necessario cancellare tale diritto “da casta”. O meglio, a nessuno del popolo è stato chiesto niente. E niente continua ad essere chiesto ai calabresi che, da parer loro, tanto avrebbero da “pretendere”.

In questo momento, a Palazzo Campanella, ci sono soltanto loro, che fanno e disfano a seconda dell’indignazione, in una gara al ribasso dell’offerta che potrebbe arrivare ai comportamenti più sfacciati. La prova è quella di vedere fino a che punto la corda si spezza. Poi, casomai, si “abroga” e il flusso naturale della storia riprende il suo corso.

Scusateci, abbiamo sbagliato. Votiamo sempre con coscienza ma, dopo otto ore di intenso chiacchiericcio nel parlatorio comune, potrete immaginare la stanchezza nel leggere gli atti. Siccome qui tra noi siamo tutti galantuomini, non potremmo mai immaginare che qualcuno possa approfittare della nostra buona fede. Pertanto è con animo contrito che annunciamo a voi, plebe, d’aver rinunziato ad un privilegio che ci era stato concesso solo perché un moscone s’è tinto dell’inchiostro del calamaio e, ronzando ronzando, ha scritto qualcosa che noi non oseremmo neanche pensare, tanto siamo portatori di responsabile umiltà”.

Ecco, questa fantasiosa ricostruzione di stampo aristocratico, potrebbe essere un utile promemoria quando pensiamo a tutto il lavoro che, noi comuni mortali, dobbiamo “dimostrare” per maturare il diritto al riposo.

Il moscone, a livello politico, è sempre presente, sempre pronto a tingersi di inchiostro e trasportare su carta le particelle dell’elemento che gli è più affine. Stavolta ha trovato una classe politica stanca per le ore di discussione, e con le sue zampette tingenti, ha fatto un volo pindarico durato una manciata di giorni, prima che subentrasse la “cancellazione” mediante paletta scacciamosche, perché – come già detto – per avere un’abrogazione è necessario che il popolo venga coinvolto in prima persona, cosa che nel caso dei recenti “eletti” regionali, non è mai avvenuta. Loro sono vergini e innocenti come lo era Adamo prima che quell’altro moscone serpentino gli rovinasse la carriera. Ora anche loro, come Adamo, dovranno guadagnarsi il vitalizio col sudore della fronte (portando almeno a compimento la legislatura che, con questi difficoltosi inizi, potrebbe non essere così agevole da concludere).

A proposito dell’ottimo lavoro svolto dai nostri “governanti regionali”, ognuno può farsi un’idea di quanto siano magnanimi e generosi facendo un giro tra le assunzioni strutturali che spettano ad ogni componente dell’Assise Calabrese, dove spiccano coinvolgimenti istituzionali (con sindaci che finalmente avranno la possibilità di vedere il mondo lontano dalle 4 casette che amministrano nella radura della boscaglia montanara) e cooptazioni di principi e principesse del foro, che tra le scartoffie di palazzo Campanella sapranno senz’altro trovare risorse e idee da condividere con la collettività. Che nessuno si permetta a pensare che siano nomine dettate dalla necessità di dare uno stipendio a qualcuno o per accontentare i gruppi di supporters che stanno dietro certe elezioni.

Qualora i conti non tornassero, si può sempre pensare alla zampetta del moscone.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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