Domani ricorre il 77° anniversario del primo bombardamento su Paola, per mano delle forze angloamericane. Era il 24 luglio 1943, e alle 12:29, centotrenta bombe si scagliarono sui vari quartieri della città, causando la distruzione di interi quartieri (Sette Canali, la Rupa, XXIV Maggio, ecc…), e provocando la morte di oltre cinquanta persone nel giro di pochi minuti.
In questa occasione non posso non menzionare i ricordi di mio nonno Raffaele Gallo, instancabile fotografo, scomparso sei anni fa. All’epoca dei bombardamenti aveva 15 anni, e negli ultimi tempi, nonostante i quasi settant’anni trascorsi, il ricordo di quella tragedia era ancora vivido nella sua mente.
“Quando abbiamo sentito la sirena, siamo tutti scappati come matti. Ci siamo salvati, ma non è possibile immaginare il raccapricciante spettacolo a cui ho assistito poco dopo! Il quartiere delle Sette Fontane era andato completamente distrutto, la polvere e le macerie erano qualcosa di orribile, sembrava che era arrivata la fine del mondo. Nello spazio che sovrasta i Sette Canali c’erano un sacco di palazzi, anche molto grandi, e con quelle bombe si sono ridotti in briciole”
Tra i ricordi d’infanzia di nonno c’era anche la breve sosta di Mussolini alla Stazione di Paola, avvenuta il 30 marzo 1939. Il Duce non ha comunque messo piede a Paola, anche se tutti si aspettavano una sua visita alla cittadina.
“Ricordo ancora quando il treno in lontananza stava per arrivare, io ero salito su un cancello, per poter vedere meglio lo spettacolo. Mi sbracciavo come tutti i ragazzini, avevo dieci anni. Non appena il treno si è fermato, la folla a gridare a squarciagola ‘Mussolini, Mussolini!’. Lo vedevano come un grande uomo, lo esaltavano come un capo supremo del quale avevano bisogno. C’era un’aria di festa difficile da dimenticare”.
Un’aria di festa, destinata subito dopo a svanire, con il divampare del secondo conflitto mondiale, poco più di un anno dopo. “Poi è arrivata la guerra, le difficoltà sono state tantissime, avevo iniziato l’avviamento professionale, ma gli eventi mi hanno costretto ad abbandonare. Per guadagnare due soldi se ne pativano di belle, a quei tempi iniziavo a fare i primi lavoretti con mio fratello minore, Peppino, pur di andare avanti e guadagnare due lire di pane. I bombardamenti ci avevano messo in ginocchio, sembrava che l’Italia fosse stata abbandonata da tutti”.