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Mondo al Contrario – Ilenia Volpe trasforma il veleno in Amore

E poi,succede. Tu non sai se e quando sarai pronto: è una questione di razionalità che ha i suoi tempi per poter affiorare. Si, succede che quella che è la tua passione, si rivela per essere la tua consapevole vita e si concretizza in note, messe lì in fila con le parole che guardano dritto negli occhi  e affermano che  SI !  si può attraversare la vita da vivi,senza armature,senza protezioni.  Si può, si deve, senza dover parare i colpi, perché tutto può colpire (e colpisce!) ma ogni cosa ha il suo legame con ciò che siamo,e lo decidiamo noi il tipo di legame ed il senso che decidiamo di assegnarle, permettendoci  di andare avanti per tramutare in amore il veleno,antidoto a ciò che di male esiste ma non potrà mai essere definitivo. Succede,adesso lo sai. Hai fermato tutte le stelle che potevi raggiungere,le hai prese una per una assimilandone la luce,una porzione di ognuna,tanto non finirà mai,cosa vuoi che sia se ne prendi un po’ per illuminare anche la tua parte di cielo?! Le stelle, insieme, ognuna al suo posto ma vicine a formare il firmamento ,ognuna con la propria luce a brillare insieme alle altre, come nella band di Ilenia Volpe, dove al buio e con gli occhi chiusi ogni componente allunga la mano e naturalmente trova quelle degli altri,cercando dentro di se la parte migliore che c’è in quel momento,luce che fa accendere la scintilla del desiderio incontrollabile di voler vivere un MONDO AL CONTRARIO rispetto al mondo che ci hanno imposto.

copertina-album
La copertina dell’Album

MONDO AL CONTRARIO, un mondo che si ribella alla fuga ,è il brano che apre il disco ed intavola un discorso dove ogni elemento scrive la sua riga,porta il suo segmento,un pezzo musicale che si insinua partendo da lontano e comincia a raccontare l’anima di questo disco, ribellandosi alla crudeltà contemporanea attraverso una dolcezza urlata. È per questo che “tutti vogliono figli e poi i figli qui non ci vogliono stare”, perché dev’esserci un posto migliore dentro ognuno di noi, dev’esserci un amore universale che riesce a sopravvivere a ciò che apparentemente ne legittima l’esistenza  facendo da contraltare all’odio,allo sporco,al dolore. Perché non è subalterno né indotto,ma è quanto di più puro possa esserci nel dichiarare “così bello non sei stato mai”,perché in realtà lo sei stato sempre,ma forse non lo sapevi neanche tu. O,forse ,non vedevi con questi occhi,guardavi ma non vedevi.  Occhi che si aprono ed innescano “MALEDETTA BELLEZZA” un pezzo di vita denso di  coraggio esplicato in un urlo d’amore così intenso  da diventare sussurro e carezza: è un vento che soffia forte ma invece di sradicare ramifica le radici intensamente e le manda in profondità, riportando all’urlo d’amore di una madre che chiama a se da un balcone la propria vita,i propri figli,mentre questi ancora non capiscono che quella voce che chiama,sicura e chiara, in realtà cela per un attimo una preoccupazione profonda che fa tremare il cuore ma non può permettersi tentennamenti. Già,tentennamenti : perché la bellezza diventa maledetta per se stessi quando non è affiancata dalla forza , che deriva necessariamente da contezza di se e consapevolezza. La bellezza, che se non riesce ad essere almeno funzionale agli altri, diventa cristallo bello da vedere ma così fragile che si ritorce contro e diventa maledetta. Succede ogni giorno a migliaia di occhi che si spengono . Succede a chi è diverso,a chi viene frettolosamente etichettato e liquidato nel dirupo di una stanza buia chiusa a doppia mandata. Perché la bellezza pura, emargina ed aliena,rende  altrimenti malati in base ad una società consolidata al contrario da sembrare giusta e l’unica possibile. Consolidata alla rovescia e nella postura per poter sembrare normale. Normale,come la corruzione imperante,fatta non soltanto da tangenti e mazzette,ma caratterizzata dal marciume di un pensiero unico generalmente ormai accettato,il pensiero esplicato dal terzo brano, “PORCELLI D’ITALIA”, sezione ritmica suburbana assimilata e perfettamente sorretta da chitarroni e da un basso incalzante. Un pensiero che decide ed indirizza la vita (?) delle persone. Apre la strada ad un picco epico,un transito che adesso non ammette incertezze nei passi “dell’ ESERCITO DELLE FORMICHE”. Scenario che lascia poco spazio all’immaginazione rispetto ad una necessaria reazione da esplicare attraverso una ragione che sembra smarrita,un raziocinio che sembra non appartenere più all’uomo medio,nel quale “Non c’è più spazio per il perdono” al riparo della forma “uno dei tanti,un click dei tanti” . Neo –rock lucido, pessimismo della ragione che descrive un mondo deformato nell’angoscia del vivere quotidiano attuale, pezzo trascinante, coinvolgente,l’incedere epico che riporta a “maciste contro tutti” e  che arriva senza fiatone alle stelle,a quelle “STELLE CHE CADONO E TU NON LE RACCOGLI”. E si ritorna, i temi si intrecciano…la bellezza ,le stelle. Dentro ognuno di noi,parte di questo disco senza averlo ascoltato: un’immersione verso ciò che abbiamo dentro di noi e viene messo in un cassetto, finché a furia di non aprirlo ce ne dimentichiamo…e la prassi diventa altro. Pennellate,delicati tratti in un contesto furibondo,che non concede pause in una vita moderna che mai come adesso necessita di una reale “RIVOLUZIONE DEI BUONI”,brano che segue la “caduta delle stelle” dove in ritmi serrati afro si realizza la perfetta fusione occidentale nella visione della musica rock d’insieme. D’altra parte,sono soltanto parti diverse di una stessa umanità ,anche musicale,che decidono naturalmente di incontrarsi. E’ il 6° brano in un disco che a questo punto diventa un brano unico, formato ed arricchito da segmenti  continui, musicali, umani,politici,sentimentali,portati dai musicisti a piene mani : ed  irrorano d’acqua e linfa vitale qualcosa che sembrava votata all’aridità per sempre.  “CHIUDETE  GLI OCCHI BAMBINI” arriva di seguito,di nuovo,a chiosare lo stupore della purezza,un pezzo che come succede per il brano d’apertura,si insinua piano,chiede quasi permesso prima di entrare,ma quando ti accorgi che è con entrambi i piedi oltre la soglia,si impenna e si impadronisce ferocemente di tutto,come può fare la bellezza,che a sua volta si impadronisce dei nostri sensi senza scampo quando ci ricordiamo di essere umani.  Ed è la resa ai sentimenti , urlata con voce rauca priva di rancore,la resa all’ineluttabile risposta che ogni individuo vivo non può che obiettare  al “ TERRORISTA”  del nuovo millennio,nel corso del quale l’unica rivoluzione possibile passa attraverso una nuova bellezza umana che dovrà necessariamente affermarsi per garantirci  nuovi episodi in un una vita che non vuole abdicare.  Un discorso mai interrotto che lascia la porta aperta la speranza a quell’ ” INTERLUDIO” che non scrive la parola fine ma intercetta l’attesa di una nuova ripartenza.

E’ un disco palpitante e debordante, afferma nella bellezza la propria essenza : sottovalutata, sovraesposta , proposta,coltivata, preservata da un vivere acido in grado di deturparla e farla marcire. Perché a ben vedere,in questa società, chi riesce a resistere alla propria bellezza,può ritenersi un sopravvissuto. Vibra,questo scrigno che non riesce a contenere tutte le note e le parole messe in fila,riordinate da una vita attraversata da viva. Vibra, si schiude,infine si apre inesorabilmente facendo fuoriuscire un bagliore crescente  per rovesciare un mondo al contrario dove tutto viene rimesso al suo posto. Un inno alla vita adulto e  magnifico, come può esserlo soltanto chi riesce a preservare la purezza fanciullesca dentro di se senza farsi male. Una vita adulta che ti mette addosso una pelle che non dismetterai mai più.

Procuratevi l’ascolto di questo disco : in questo Paese,fa bene imbattersi -ancora – nell’arte pura che, denunciandole, decodifica le storture  disarmandone le mani con una dolce rabbia. E’ il rock,il suo pugno.

E per certe persone,un pugno chiuso continua ad essere una carezza.

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