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Senza veli: scoperto testo teatrale inedito del 1926 (di Gianmarco Cilento)

Il giovane collezionista e scrittore napoletano Domenico Livigni ha recentemente scoperto il testo di una vecchia pochade teatrale scritta dal commediografo Alessandro De Stefani. La commedia si chiama “Senza veli” e la stesura risale al 1926. Fino ad oggi di questo testo non si aveva nessuna notizia. L’unica traccia della sua esistenza finora era reperibile soltanto nella monografia “Rose lubriche e telefoni pallidi: la scena plurale di Alessandro De Stefani” scritta dal prof. Alfredo Sgroi nel 2003, incentrata appunto sulla carriera del commediografo e scrittore friulano. De Stefani, oltre ad essere stato grande autore di testi teatrali e di sceneggiature cinematografiche in Italia e all’estero, è stato anche un duttile autore di traduzioni dei capolavori di Shakespeare, Cervantes e altri. L’autore del sopracitato libro conferma comunque che di questa commedia, messa in scena al Teatro degli Arcimboldi di Milano, non si aveva nessuna notizia riguardo la trama e il copione.

E invece ecco che il copione originale (con tanto di timbro del teatro milanese) è stato scovato da Livigni (21 pagine) in un lotto di copioni teatrali da lui acquistato. Quindi siamo finalmente in grado di conoscere la pochade. “Senza veli” racconta, in un solo quadro, di Matteo, un giovane Gigolò che riceve nel suo elegante salotto l’audace Lea, bella e colta ragazza borghese in procinto di partire per gli Stati Uniti e in odor di relazione occasionale con il giovane. Il dialogo è interrotto soltanto dalla breve visita della baronessa Elena, ipocrita aristocratica che, viziosa quasi quanto loro, si arroga una morale superiore che in realtà non le appartiene. Finita la permanenza della nobile, i due protagonisti iniziano le loro effusioni amorose su un letto. Alcune frasi che suggeriscono l’inizio del rapporto sessuale concludono la pochade Il testo, diviso in tre scene e dalla scrittura asciutta e ben bilanciata, appare ben in linea con la produzione media dell’epoca di De Stefani. Oltre alle allusioni erotiche decisamente audaci per il pubblico dell’epoca, il testo tratta del tema del gigolò, quindi di un’evidente prostituzione maschile, che nell’Italia benpensante dei primi anni di Regime non poteva che suscitare scandalo. Vero anche che la sessualità al cinema durante il Ventennio Fascista non era poi così castigata. Le prime scene di nudo le abbiamo avute proprio grazie film quali “La cena delle beffe” (1941) e “Carmela” (1942). Grazie alla scoperta di “Senza veli” adesso siamo al corrente di quanto anche a teatro si ci era spinti oltre quel comune senso del pudore borghese. E chi se lo immaginava così tanto oltre…

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