Venticinque anni fa, il 4 giugno 1994, ci lasciava il popolare comico e regista napoletano. In occasione di tale anniversario, giusto dedicargli un ritratto in una conversazione con l’amico Ennio Bispuri, biografo di Totò e storico del cinema classico italiano
Tra le tante conoscenze celebri che hai avuto (Fellini, Scola, Emmer, ecc…) mi raccontavi anche di quella con Massimo Troisi. Me ne vuoi parlare?
Certo, purtroppo non è stato un rapporto molto lungo, dal momento che lui è venuto a mancare non molti anni dopo… Lo ho conosciuto nel 1989 in Germania, mentre ero direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Colonia. Troisi viene fin da noi con Ettore Scola per una presentazione di “Splendor” Lo avevamo proiettato doppiato in tedesco, e a tal proposito ci fa una battuta: “come parlo bene in tedesco, ahah!”. In seguito ci siamo frequentati, e ho dei bei ricordi di lui
Lui com’era?
Mi ha fatto molto piacere conoscere il suo lato privato che andava al di là dell’uomo pubblico. Parlavamo da soli. Però era molto pigro, risaltava tantissimo tutto ciò. Da buon campano ereditava quell’epicureismo statico del non muoversi troppo. Altra sua caratteristica: la passione per le donne. Ricordo che quella sera a Colonia eravamo andati a cena al ristorante di un mio amico (italiano oltretutto). Dal telefono del locale chiama l’attrice americana Clarissa Burt, con la quale aveva una relazione, facendo spendere un sacco di soldi al ristoratore perché la chiamata durò 45 minuti! Oggi con il cellulare non avrebbe speso nulla (ride). Una conversazione tutta in italiano in quanto lui non conosceva l’inglese. Ma non era voluto questo sfoggiare il suo essere Casanova agli amici, gli veniva spontaneo e basta. Tutti noi ricordiamo della sua storia molto importante con Anna Pavignano. Meno quella con Jo Champa, che con lui ha recitato ne “Le vie del signore sono finite”, o con Eleonora Giorgi, la splendida Anna Falchi e per finire con Nathalie Caldonazzo. Ha saputo cogliere l’attimo con l’amore, e forse per questo ha sprecato molto tempo. Ma una volta mi disse proprio “il tempo più bello è quello che si perde”, frase che mi colpì molto. Naturalmente era molto limitato dai suoi problemi di cuore, mi raccontava dei suoi 3-4 bypass. Nonostante tutto mi confidava “Ma io continuo a giocare a calcio, faccio di tutto, non presto troppa attenzione”. Però non fumava, beveva il giusto, mangiava moderatamente…
Ti ha mai parlato dei suoi idoli comici?
Una sera molto spontaneamente gli avevo chiesto “Secondo te qual è l’elemento della comicità che ritieni fondamentale?” e lui “A mio avviso il massimo della comicità sono i duetti tra Totò e Peppino, insuperabili!”
Poco dopo avrebbe cominciato a girare il suo ultimo film, il ben noto “Il postino”…
Esatto, e guarda i casi della vita… Sul finire del 1993, proprio nel periodo in cui erano state annunciate le riprese di questo film, mi era stata assegnata la dirigenza dell’Istituto italiano di cultura di Santiago, in Cile. E “Il postino” che racconta di Pablo Neruda, poeta cileno di punta massima, cadeva a fagiolo per essere presentato in quel paese. Con Massimo eravamo rimasti così, gli dissi: “quando esce il film, vieni da me a Santiago che lo presentiamo e ti assicuro che facciamo una bella serata!”. Ma il 4 giugno 1994… Ero da poco tornato a Roma, mi trovavo nella libreria Feltrinelli di Largo Argentina, e sento dietro di me, la voce di una donna “E morto Troisi!”. Non ci potevo credere, mi si era trafitto il cuore. La sua scomparsa aveva mandato in fumo principalmente il nostro rapporto, ma anche il sogno di una così bella occasione di farlo conoscere in Cile vivo e vegeto. Il 2 luglio sono partito per Santiago, e pochi mesi dopo “Il postino” lo abbiamo comunque proiettato, senza Troisi, non era presente neanche l’ambasciatore. Fu una serata di grande tristezza…
Torniamo indietro nel tempo. Quando ha esordito al cinema lo hai subito apprezzato?
Certo, a livello teatrale era già noto. Le innovazioni comiche del trio “La smorfia” erano notevoli. Nei primi film mostrava storie originali, fresche, dal contenuto “moderno” anche se non pesante e da magistero. La sua mimica era brillante, non si limitava al regionalismo
Che tipo di qualità pensi abbia rispetto ai comici della generazione a lui contemporanea? (Benigni, Nichetti, Nuti, Verdone, ecc…)
Lo reputo, anche se non per partigianeria, il migliore di tutta quella generazione. Le sue qualità interpretative e registiche erano notevoli. Solo Benigni può reggere il confronto tra quelli da te citati, non a caso hanno interpretato insieme il mitico “Non ci resta che piangere” sul quale ho fatto una conferenza in Germania sempre all’istituto di cultura. Da biografo di Totò ho anche avuto modo di affermare molti anni dopo alla domanda “chi può essere un erede di Totò?”, io risposi proprio Troisi…
Noti particolari similitudini tra Totò e Troisi?
Sul Principe De Curtis ho calcolato ben sei registri recitativi, dalla marionetta a quello metafisico degli ultimi film di Pasolini. Troisi credo si avvicini in questo caso al registro più maturo, l’attore. Rispetto a Totò forse a Troisi manca il registro della marionetta. E proprio per questo tiene in pugno una comicità più matura, meno macchiettistica di molti comici di quegli anni, da Villaggio a Verdone
Secondo te qual’è il suo film più riuscito?
Il lavoro svolto con Scola rimane il punto più alto in questo senso, dove sul punto attoriale sembra dotato di un timbro recitativo universale. Ho ben in mente il magnifico Pulcinella ne “Il viaggio di Capitan Fracassa”. Il film a cui sono più affezionato invece è “Non ci resta che piangere”. Ma non escluderei nemmeno “Il postino”. Su quel film ho in mente un altro aneddoto prezioso: una volta ho incontrato il compositore della pellicola, Luis Bacalov. Gli ho fatto questa domanda: “ma lei si sente più argentino o italiano?” La sua risposta è stata: “non lo so”