Il sindaco Roberto Perrotta, nel corso del suo ultimo intervento consiliare, ha riproposto una questione che i paolani dovrebbero ricordare. Se non altro perché l’affrontano quotidianamente, negli scorci e negli addobbi di cui è ancora oggi ornata Paola, con tinteggiature d’asfalto presentate come piste ciclopedonali e doghe in legno (con tanto di cassettiera per poltroncine su binario) a far da paravento per strutture laboratorial-teatrali.
Lavori encomiabili, come la pavimentazione di Piazza O’Hara alla Marina, un acciottolato che si rivolta ad ogni vibrazione da veicolo, rivelando la nuda terra di uno sbancamento precedente.
Lavori d’ogni sorta, condotti nel clamore dei socialnetwork che sprizzavano di condivisioni e reazioni di tutti i tipi.
Per molti dei lavori messi in cantiere dalla precedente amministrazione comunale, passata alla storia come “gestione Ferrari”, la copertura finanziaria per condurli è sempre apparsa fragile, quasi come se all’epoca si volessero fare cose pur nella consapevolezza che non le si poteva pagare.
Un esempio su tutti è proprio la pista ciclopedonale sul lungomare, un’infrastruttura presentata alla stregua del ponte di Calatrava a Cosenza, che però non ha rispettato neanche uno dei crismi progettuali proposti nel corso di una memorabile conferenza stampa (clicca se hai curiosità, filmato 1 e filmato 2).
Dovevano esserci spazi relax e piante da sogno, avrebbe dovuto consentire sia il circuito a piedi che quello in sella, per un “waterfront” da fare invidia alle località più blasonate.
Peccato che ad una successiva analisi delle carte è uscito fuori che i parcheggi, estremizzati al massimo per consentire il doppio senso di marcia alle vetture, erano stati “infilati” nel rilevato ferroviario, e peccato ancora che certe sciccherie siano risultate impossibili da realizzare perché, nel frattempo, s’è capito chiaramente che dei 300mila e rotti euro per fare tutto, non c’era traccia.
La scuola di Casalinelle non è stata venduta e la presunta somma per pagare la ditta non è “saltata fuori”.
Risultato: su due chilometri di Lungomare, soltanto uno è stato inaugurato “ufficialmente”, l’altro è stato “sdillabbrato” successivamente (con un brutale ghirigori urbanistico).
Tra i progettisti, l’ex capo dell’Ufficio Tecnico, ingegner Fabio Pavone, infaticabile firmatario di una lunga sequela di atti e documenti che, nella sua qualità di professionista, costituivano il suo lavoro. Un’occupazione che oggigiorno lo vede impiegato a tempo indeterminato, vista la successiva assunzione nell’ente.
Come è noto ai più, il lavoro “si paga”. Ed è legittimo che ciascuno faccia valere le proprie prestazioni, declinandole in oneri di progettazione che spetta al contraente saldare.
Ma, a quanto pare, malgrado lo stretto legame tra i due (l’ingegner Pavone nel 2012 si candidò col centrodestra cittadino), pare proprio che – nel 2016 – Basilio Ferrari non abbia saldato un conto da 20mila euro al tecnico, lasciandolo in eredità agli attuali inquilini del Sant’Agostino.
Il fatto è stato reso noto nell’ultimo consiglio comunale.
Il resto si vedrà.