La decadenza di Paola: riflessioni su una città che cambia
Da anni la città di Paola vive in uno stato di progressivo decadimento socio-politico e culturale. L’attuale sistema elettorale evidenzia una notevole diminuzione della popolazione residente. I giovani, in gran parte laureati, abbandonano il territorio alla ricerca di occupazione, non solo nel nord Italia, ma anche all’estero. Anche molti anziani si trasferiscono, spesso per offrire supporto come nonni ai figli che vivono e lavorano in altre regioni.
La città ha perso quei ruoli che in passato aveva conquistato: era un centro di servizi, un polo ferroviario, un riferimento sanitario e scolastico. Di tutto questo restano solo le vestigia. Si va via perché si è disfatto il tessuto sociale e solidale; si sono persi i rapporti di familiarità e di aiuto reciproco nei momenti di bisogno.
Si va via anche perché l’assistenza sanitaria è ormai ridotta al minimo. In situazioni di emergenza si rischia la vita e, per molte patologie, bisogna affrontare lunghi viaggi della speranza. Paola era stata un centro politico di rilievo anche a livello nazionale. Intellettuali, attori, registi gravitavano nel territorio. Fiorivano circoli, associazioni, centri di aggregazione, e il dibattito politico era vivo, acceso, di alto livello.
I giovani che leggono queste righe, e che vedono oggi il vuoto attuale, stenteranno a credere che si stia parlando della stessa città.
Politica e disillusione
Tra qualche settimana si tornerà al voto. Ma Paola è oggi una città senza stimoli, svuotata, priva di reali prospettive. Il panorama politico, per quanto mi riguarda, è desolante. Da anni si susseguono politicanti il cui unico risultato concreto è stato il disastro economico. La fila di cittadini agli sportelli dell’Ufficio delle Entrate, per rateizzare tributi comunali ormai alle stelle, si allunga sempre di più.
A fronte di tutto questo, i servizi sono carenti. Basti pensare alla cronica mancanza d’acqua. Oggi assistiamo a un nuovo assalto alla diligenza: fare politica, ricoprire una carica, significa per molti aumentare il proprio portafoglio. Per altri, ottenere una sistemazione economica, anche se temporanea.
Non esistono più ideali. Politici che predicavano a destra oggi si trovano a sinistra, e viceversa. Il cambio di casacca avviene senza vergogna, senza remore. L’importante è restare nel giro, dove si possa “arraffare” qualcosa. Così vediamo professionisti, avvocati, medici, ingegneri — l’elenco è lungo — sempre in prima fila, possibilmente sul carro del vincitore, per incassare laute parcelle.
Promesse e illusioni
Ora arriveranno le solite telefonate con promesse: “Se hai qualcuno disoccupato, con la nostra elezione sistemeremo tutto”. L’incredibile è che ancora qualcuno ci creda. Si promette di tutto, senza vergogna. L’importante è occupare quella poltrona, da cui si potrà sistemare sé stessi, mogli, figli e amici, calpestando merito e diritto.
E sistematicamente, darete fiducia a quegli stessi personaggi che per anni hanno contribuito al disastro della città. Con poche eccezioni, si tratta di individui che nulla fanno per il sociale, per migliorare la vita in questa comunità. Vi daranno la solita pacca sulla spalla, saranno grandi amici per qualche settimana. Ma, una volta eletti, anziché porsi al servizio della collettività, trasformeranno quella che dovrebbe essere una “casa di vetro” in una fortezza. Dove l’arroganza degli amministratori eguaglia l’incapacità e la presunzione dei vari funzionari.
Il riflesso di una nazione
Purtroppo, il degrado della città riflette in parte quello della nazione. Le libertà personali e di stampa si assottigliano, e una classe dirigente incapace espone l’Italia al ridicolo internazionale. Le gaffe quotidiane sono sotto gli occhi di tutti, degne dei migliori comici.
Dopo la caduta dell’Impero Romano, quella forza e coerenza che avevano reso grande Roma si sono dissolte. Prima della Grande Guerra, l’Italia aveva patti con l’Impero Austro-Ungarico, salvo poi schierarsi con Francia e gli altri Paesi occidentali. Così anche nella Seconda Guerra Mondiale: dietro le mire imperiali del Duce, l’Italia assalì la Francia alle spalle e si alleò con la Germania, salvo poi riposizionarsi con gli Stati Uniti e le democrazie occidentali.
Oggi, peggio di ieri
Ancora peggio oggi. Dovremmo vergognarci di un governo che, dopo aver difeso a spada tratta una nazione aggredita — l’Ucraina —, ora cerca ogni scusa per affiancare un folle come Trump, che sta distruggendo la più grande democrazia al mondo. Alla faccia della coerenza.
PS: Questo è il mio pensiero. Rispetto le idee altrui.
Ancora siamo in democrazia.