Il prezzo è giusto

Paolo Virzì si immerge nella bruma brianzola tra arrampicatori sociali, sciacalli e sognatori

IlCapitaleUmano
MatildeGioli e Giovanni Anzaldo in “Il capitale umano”

Ispirato al romanzo omonimo di Stephen Amidon, “Il capitale umano” ha fatto incetta di premi tra David di Donatello e Nastro d’Argento, ed è il candidato italiano all’Oscar per il miglior film straniero. Virzì conferma le sue doti di regista di attori, e per questo film si avvale di un’ottima sceneggiatura, di cui è anche coautore, in cui si alternano con armonia stili, ritmi e atmosfere diverse; notevole è anche la capacità di gestire i numerosi salti temporali con estrema naturalezza. I quattro capitoli in cui si divide il film sono in realtà i quattro diversi punti di vista da cui è raccontata la stessa storia. La vicenda evolve quindi non solo nello svolgersi dell’intreccio ma anche nella messa in scena, da dramma psicologico a thriller, a pamphlet sociale che da farsa diventa autentica tragedia. Senza tuttavia essere scontata, soprattutto quando tutto diventa chiaro e si sfidano apertamente i pregiudizi: la colpa non è sempre dei ricchi, stavolta anzi è dei perdenti che non sanno stare al loro posto.

Il personaggio forse più riuscito è quello di Carla, probabilmente perché in lei si sintetizzano i caratteri e le aspirazioni di tutti gli altri protagonisti. è fondamentalmente una donna insicura e insoddisfatta, ma non è una stupida; a volte cede ai suoi slanci di passione ma è troppo inibita per andare fino in fondo. Non è un caso che si tratti di un’attrice mancata: la scena di seduzione sullo sfondo di “Nostra signora dei turchi” di Carmelo Bene o l’umiliazione che subisce da parte del patetico e maldestro arrampicatore sociale, ovviamente in un teatro (per sua fortuna vuoto), assumono un significato particolare se visti in quest’ottica. L’attrice cerca di essere sincera mentre gli altri personaggi della farsa invece recitano sempre nella loro vita reale.

Per questa storia Virzì ha voluto utilizzare luci e colori tendenti al freddo e al buio: i momenti salienti della vicenda si svolgono in inverno, spesso di notte, quasi sempre in interni; si tratta di rendere l’idea che i più deboli sono comunque destinati a soccombere tramite eventi meteorologici, quindi inevitabili e contro i quali non si può fare nulla, mentre la notte è un classico simbolo di minaccia incombente.

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