All’esito dell’esame autoptico eseguito sulla salma di Mario Serpa, paolano detenuto presso la casa circondariale di Parma in regime di “carcere duro”, la Procura della Repubblica di Parma ha iscritto nel registro degli indagati un’infermiera.
Sulla 65enne M.A., in servizio presso la casa circondariale dalla città emiliana, pende l’accusa di «responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario», in quanto non avrebbe somministrato le giuste cure al detenuto, affetto da un’aritmia cardiaca rivelatasi causa del decesso.
Come già anticipato, Mario Serpa è stato ritrovato cadavere nella cella che lo ospitava da quando, nel 2012, aveva perso i diritti maturati nel corso del lunghissmo periodo di detenzione cui era sottoposto dal 1983, condannato all’ergastolo per efferati omicidi avvenuti nel corso di quello che, a Paola, è passato alla storia come il periodo in cui la criminalità organizzata ha stretto d’assedio la città.
Beneficiario di un regime meno afflittivo rispetto a quello cui era stato sottoposto durante i primi anni, Mario Serpa dovette tornare nella struttura di massima sicurezza parmense quando venne associato all’inchiesta “Tela del Ragno”, incluso per questioni che però – all’esito del maxiprocesso che ne conseguì – lo videro assolto con formula piena.
Dalla fine del procedimento però (2017), non gli fu ripristinata la semilibertà goduta in precedenza, nonostante i pareri dell’equipe del carcere e dei giudici stessi, i quali nei suoi confronti così si sono espressi: «Comportamento assolutamente corretto – si legge nelle relazioni – assenza di sanzioni, manifesta cortesia, disponibilità e interesse, relazioni rispettose, frequenza del laboratorio del riuso e svolgimento di attività a turnazione nella distribuzione dei pasti. I rapporti sono assidui con i tre figli, due dei quali affetti da handicap, la moglie del detenuto è morta di cancro nel 2001».
Mario Serpa è morto in carcere, a pochi giorni dal pronunciamento della Cassazione, dove il suo ricorso sul mancato accoglimento dell’istanza presentata contro il regime di alta sorveglianza, era stato considerato con favore. A 69 anni si è spento senza che nessuno si prendesse cura del malessere lamentato ultimamente, senza che nessuno ne ascoltasse la richiesta d’aiuto, finanche “bussata” contro porta e pareti al punto da procurarsi ecchimosi alle falangi.
Ora s’attende l’esito dell’inchiesta.