Qual è il “bene” a cui tende la città di Paola? Il caso “Piano Torre”

paolaL’appartenenza ad una categoria è, probabilmente, la più bella lusinga che la democrazia offre al popolo amministrato. Dal “consumatore” all’”automobilista”, passando attraverso lo “spettatore” e l’”attivista”, ogni cittadino ha la sua nicchia di specifica identificazione che diventa poi modello ideologico di riferimento per la tutela dei diritti.

Pertanto, ogni amministratore della vita pubblica che voglia definirsi “politico” (nel senso aristotelico del termine), deve tendere a quello che – nella democrazia – viene considerato il bene di riferimento per la maggior parte dei cittadini. Deve coccolarlo, vezzeggiarlo, aiutarlo a svilupparsi e a diventare il valore aggiunto della propria comunità. Il bene immateriale che crea la coscienza del “cittadino” che poi sa rivolgersi all’esterno, consapevole delle proprie radici e quindi capace di “progettare” futuro senza arrovellarsi in tentativi infruttuosi.

Comprendere quale possa essere il bene di riferimento di una comunità è un processo attuabile in due modi: per “esclusione” o per “partito preso”. E questo è il discrimine che sancisce la differenza tra l’attuale Amministrazione Ferrari e quella che l’ha preceduta.

Durante l’evo di Roberto Perrotta il metodo adoperato consisteva nel “partito preso”, ovvero: identificando in San Francesco il bene di riferimento collettivo, è stata condotta una politica tesa a valorizzarne un “brand” che potesse avere ricadute concrete nel progresso della città. Quindi: statue in piazze, nel mare, chiavi e bastoni, dediche portuali e appropriazioni toponimiche, diffusione di un verbo laicamente interpretato nella giustapposizione del “paolano” con “concittadino di San Francesco” . Un tentativo nobile, tuttavia – alla luce della questione relativa agli investimenti “minimi” in borsa – infruttuoso. Perché la città è rimasta distante (o distanziata) dal nucleo pulsante di quell’identità tanto ostentata. Ogni anno, presso il Santuario di San Francesco di Paola transitano più di un milione di visitatori, ogni anno, di questi potenziali visitatori della città non si vede traccia. Se “identificazione” sarebbe dovuta essere, “identificazione” doveva diventare. Bisognava accorciare le distanze “politiche” che regolano due enti diversissimi come la Chiesa e il Comune. Bisognava intendersi in maniera bidirezionale, bisognava comunicare. Tutto ciò non è stato fatto ed ogni tentativo si è tramutato in tentazione di sfruttamento dell’immagine del Santo. Un’operazione così materiale da contravvenire puntualmente ad ogni Regola che San Francesco ci ha lasciato. Un’operazione fallimentare (considerando lo stato in cui è stata lasciata la città).

Per questo motivo, probabilmente, l’attuale Sindaco di Paola sta procedendo secondo il metodo dell’”esclusione”. Basilio Ferrari sta forse cercando di comprendere qual è il nucleo pulsante del bene paolano sfogliando tutti gli strati e le categorie presenti in città. Tutti “interpretati” secondo la legge dell’osservatore “esterno”. Per capire qual è il bene del paolano automobilista e passeggiatore si è sperimentato il sistema della chiusura “autorizzata” di tratti di strada, multando gli indisciplinati e rimpinguando le casse del comune. Sistema opinabile ma efficace, tuttavia criticabile quando viene deliberato in una domenica di Agosto e puntato sulla disattenzione di accaldati turisti. A giudicare dagli effetti scaturiti si è dimostrato addirittura biasimevole. Perché molti di coloro che hanno subito la contravvenzione da 84 €, a Paola non torneranno e la pubblicizzeranno in maniera negativa come la “città degli agguati istituzionali”. In questo caso, il bene prevalente è risultato consistere nell’immediato incasso di multe che ha avuto la meglio su quello inerente l’accoglienza turistica. In un altro esperimento, il bene prevalente è sembrato esser diventato la quiete da dormitorio che ha avuto la meglio su quello derivante dall’offerta turistica. Il caso specifico sta verificandosi con la diffida e la minaccia di diffida che pende sui gestori dei locali più “attivi” della città a cui è stato imposto il divieto di tenere alto il volume ed il livello della musica. Una città che si definisce “a vocazione turistica” dovrebbe garantire al turista tutti quegli svaghi necessari a considerare Paola come una meta di vacanza, attraverso dispositivi ed ordinanze dovrebbe consentire ai gestori dei locali pubblici di poter programmare una variegata offerta di servizi tale da poter competere con le altre realtà territoriali. Probabilmente non tutti i gestori sono in regola, ma impedire la diffusione musicale in zone “ad alta attrazione” significa tarpare in maniera vigorosa le ali di un rilancio dell’immagine cittadina intesa nel senso di ampia offerta di intrattenimento. Visto che questo non è stato, la probabile idea di bene comune che ne consegue può essere racchiusa nel motto: “Paola, la città ideale per andare a coricarsi”; che cozza contro l’assenza di fabbriche di materassi sul suolo cittadino. Il tipo di direzione intrapresa somiglia molto a quella che ha determinato la morte di uno dei quartieri più dinamici della città che fu: Piano Torre. Questo una volta era un quartiere “vivo”, pullulante di generazioni che si muovevano insieme negli stessi spazi. Poi qualcuno iniziò a far la guerra a tutto ciò che di “giovanile” c’era, su tutti il caso del campetto di calcio tramutato in un bocciodromo multipista. Questo è significato che almeno una delle nuove generazioni non conosce la beltà di un posto che, a Paola, era noto per il suo belvedere e per un faro celebrato nei musical delle sagre organizzate. Almeno una delle nuove generazioni cresciute a Piano Torre negli ultimi tempi, non conosce la vita che quel quartiere è stato in grado di esprimere. Ed oggi, tutte quelle che furono abitazioni di ferrovieri sono state vendute, dalle ferrovie (legittime proprietarie di quelli che al catasto risultavano “depositi”) ad un unico imprenditore. Piano Torre non sarà mai più.

Il risultato degli esperimenti, quando non riconosce la virtù della giovinezza, ha condotto a questo risultato. Sarebbe grave vederlo esteso su larga scala a tutta la città. A Paola c’è ancora un bene di riferimento ed è il futuro delle nuove generazioni, alle quali non si pensa soltanto con i parco giochi. Il fatto che nella città di San Francesco non nasca più un bambino, dovrebbe incutere il sentimento di una grande urgenza verso quanto di “politico” e di diverso rispetto all’attualità si debba progettare. Non far morire Paola è un dovere.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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