Il gigante dai piedi d’argilla (di Francesco Frangella)

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Le catene intorno alla vita, i sit-in lungo il budello d’asfalto che circonda l’isola vegetale su cui è posata una statua di San Francesco, le ugole vibrate ai quattro venti dal palco di innumerevoli comizi, le locandine dei giornali, le sollecitazioni mediatiche. Tutto ciò, è servito realmente a salvare l’ospedale di Paola?

In questo caso, il nosocomio nostrano è utilizzato soltanto come specchio, come simbolo di un problema che coinvolge l’intera porzione di territorio che la geografia localizza nella Regione Calabria.

A posare stetoscopi e guanti sterili saranno questa volta i medici ed il personale infermieristico di un’intera categoria, operatori che i tempi moderni hanno voluto identificare come “precari”, lavoratori che – prima d’ogni altra cosa – sono persone che hanno il diritto di poter agire nella piena garanzia del proprio futuro.

Questa volta ad essere in gioco non è soltanto la necessità di avere una struttura ospedaliera presente sul territorio, questa volta ci sono in gioco tutti gli organi che fanno di uno scheletro un essere vivente, l’anima stessa del giuramento d’Ippocrate: questa volta è messo in discussione il diritto alla salute di tutti i cittadini calabresi.

Da anni passa inosservato un fenomeno che, per coloro i quali vedono nella Sanità soltanto un mezzo di cui servirsi e lamentarsi all’occorrenza, rischia di diventare un’amara sorpresa con la quale principiare l’anno nuovo. A repentaglio, questa volta, sono stati messi i livelli minimi di assistenza sanitaria, gestiti in larga parte da personale precario che da anni non intravede spiragli di stabilizzazione.

È per questo motivo che Giovedì 11 Ottobre, dalle 10.00 alle 12.30, il personale precario operante nell’ospedale di Paola manifesterà la propria condizione nello spazio antistante la porta d’ingresso del nosocomio. “È difficile poter operare quando non conosci il personale che ti affianca – esordisce la dott.ssa Annamaria Morano, operante presso il Centro Trasfusionale del “San Francesco di Paola” – perché in medicina è importantissimo poter contare sullo spirito d’equipe, su meccanismi rodati che si generano dopo anni di collaborazione fianco a fianco. È impossibile immaginare una squadra stabile se ogni anno si vive con il rischio d’esser licenziati. Avevo una collega che, alla fine, ha preferito trasferirsi a Milano pur di vedersi riconosciuto il diritto di lavorare tranquillamente, senza il patema che ad ogni fine di Giugno e di Dicembre si ripete in modo mortificante”.

La situazione del precariato sanitario calabrese è paradossale, da un lato c’è l’amministrazione Regionale e dall’altro la Corte dei Conti, in mezzo c’è la tutela dei diritti dei lavoratori e dei cittadini. Ovviamente, quando vengono assunte le decisioni, viene salvaguardata innanzitutto la situazione dei due estremi, ovvero: da anni la Regione non bandisce un concorso per la stabilizzazione di medici e infermieri perché la Corte dei Conti non permette il rinnovo del personale per mancanza di budget di copertura. Il resto sono problemi “accessori”.

Perché due volte all’anno – da anni –  coloro i quali si prendono cura della salute pubblica, devono attendere spasmodicamente di sapere se il loro destino è segnato o meno? Perché manca sempre il budget per indire un concorso? Come mai nessuna giunta regionale non si è mai curata di risolvere questa situazione? Perché Scopelliti salva soltanto le strutture edilizie degli ospedali?

Intanto, continuando la conversazione con la dott.ssa Morano, vengono fuori nuove pennellate che danno forma al quadro della situazione nell’ospedale di Paola (ma è una situazione che può essere replicata in ogni ospedale calabrese). “Ogni reparto è sorretto dai precari, spulciando l’albo del personale risulta evidente che senza noi medici “a tempo determinato”, si creerebbero situazioni nelle quali una sola persona, ed in certi ambiti nessuno, dovrebbe portare avanti l’intera organizzazione. Oncologia, Epatologia e Dialisi – tanto per citarne alcuni – saranno reparti nei quali l’assistenza minima non sarà più garantita con la stessa intensità del presente. Se la situazione resta in stallo, con la Regione Calabria indisponibile a garantire il futuro prossimo, si creeranno le condizioni per una spoliazione totale degli ospedali, con medici ed infermieri costretti a migrare altrove. Ciò comporterebbe l’ennesima fuga di cervelli ed il conseguente annichilimento dell’orizzonte sanitario per i cittadini calabresi”.

L’intera struttura nosocomiale regionale, le cui fondamenta affondano in un terreno precario, è un’immagine che ricorda il gigante dai piedi d’argilla di Nabucodònosor, con la testa d’oro e le gambe di ferro. Ricca di denari laddove si delibera e forte quanto basta nelle sue strutture, tuttavia impiantata sulle incertezze di chi, alla base, ogni giorno conduce la lotta sul campo da ogni fronte. Se dovesse cadere sarebbe un problema per chi, sotto l’argilla dei piedi, fa da vero basamento, ovvero: tutti noi.

“Per questo – conclude la dott.ssa Morano – è importante che la cittadinanza sia informata e partecipi. Giovedì daremo vita ad una forma di comunicazione che, se non dovesse dimostrarsi efficace, non esclude forme più esplicite di protesta nel prossimo futuro”.

A chi farebbe comodo avere ospedali semideserti ed inefficienti? Di sicuro non al “pubblico”.

About Francesco Frangella

Giornalista. Mi occupo di Cronaca e Politica. Sono tra i fondatori del Marsili Notizie ed ho collaborato come freelance per varie testate.

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