Fase 2, a distanza di quasi 20 giorni dall’attivazione di tutti i servizi pubblici, buona parte degli ambulatori e dei poliambulatori dell’Azienda sanitaria di Cosenza rimangono inspiegabilmente chiusi. Sono attivi tutti quelli insediati nell’ospedale hub di Cosenza mentre gli altri, dislocati negli spoke della provincia, non sono ancora operativi. E questo, nonostante ci sia una nota molto chiara ed inequivocabile del ministero della salute sulle linee guida e sui protocolli di attuazione di tutte le procedure necessarie all’attivazione dei servizi sanitari di prossimità. Perché non sono stati attuati? Perché le direzioni sanitarie degli ospedali non hanno garantito la riapertura dei presidi? I centri di prenotazione oggi scoppiano, la gente ha bisogno e per accedere ad alcune prestazioni sanitarie ci sono già attese che superano l’anno solare. E, questo, accade solo nel territorio della provincia di Cosenza. Perché? Non viene garantita nemmeno l’urgenza. E chi non può pagare le prestazioni sanitarie private che fa, muore?
È la denuncia del Presidente del Gruppo UDC in Consiglio regionale, Giuseppe Graziano, il quale solleva un problema che in queste ore sta interessando tantissimi cittadini del territorio di pertinenza dell’ASP di Cosenza.
«L’Azienda sanitaria di Cosenza – aggiunge Graziano – dal punto di vista organizzativo, oggi, è indietro su tutto. È evidente come la Calabria abbia lavorato scientemente in questi mesi per evitare il diffondersi del virus e dimostrando di avere, pur nelle gigantesche difficoltà di un sistema che fa acqua da tutte le parti, ottimi medici. Ora, però, succede che a causa di certa burocrazia sanitaria (non tutta per fortuna!), da sempre una palla al piede per il sistema assistenziale pubblico, rischiamo di ritrovarci nuovamente ultimi. Tantissime persone – precisa il Presidente del gruppo UDC – mi segnalano che in questo momento la rete degli ospedali spoke della provincia di Cosenza, da Paola-Cetraro a Corigliano-Rossano passando per Castrovillari, è priva della struttura ambulatoriale e poliambulatoriale. E questo perché né la direzione generale dell’Asp, oggi nuovamente vacante dopo le dimissioni del commissario Zuccatelli, tantomeno le direzioni sanitarie dei nosocomi hanno attuato i protocolli per l’apertura delle strutture. Lo hanno fatto in Lombardia, nell’epicentro dell’emergenza pandemica, non lo facciamo in alcune zone della nostra regione dove il virus per fortuna è stato ben arginato. Non bisognava fare nulla di trascendentale se non rispettare le regole di igienizzazione, di distanziamento sociale, di contingentamento dell’utenza e mettere a disposizione di medici e cittadini i dispositivi di protezione individuale. In buona sostanza bisognava fare quello che deve fare un buon manager: organizzare. Eppure, ancora è tutto fermo per un’evidente incapacità ad attuare i protocolli. A cosa servono queste figure – conclude Graziano – se poi non riescono a garantire i servizi minimi ai cittadini?».