frida a roma

Frida a Roma conquista le Scuderie del Quirinale

«Alle Scuderie del Quirinale una grande mostra sull’artista messicana Frida Kahlo (1907-1954), simbolo dell’avanguardia artistica e dell’esuberanza della cultura messicana del Novecento». Introducono così sul sito delle Scuderie del Quirinale[1] alla mostra di Frida Kahlo a Roma, chiusasi il 31 agosto (e aperta il 20 marzo). Ma tutto ciò che può illustrare una mostra da un sito internet non è abbastanza per chi ha desiderio di vederla; non è abbastanza per interrogarsi su cosa dipinge e chi sia Frida Kahlo. Spendere delle parole sulla pittura di Frida non è certo compito mio ed è meglio rimandare a quanto già è scritto in diversi libri che affrontano la pittura di Frida Kahlo dal punto di vista tecnico, o, meglio ancora, leggere quanto scriveva Andrè Breton o quanto detto da Diego Rivera, marito e uomo (presenza costante) nella vita della pittrice messicana per antonomasia, o i manuali che parlano di Estrindentismo, Pauperismo rivoluzionario e Surrealismo[2].

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“L’abbraccio amorevole dell’Universo, la Terra (il Messico), Diego, io e il signor Xolotl” – 1949

La mostra di Frida lascia andare via il visitatore con molti interrogativi sulla figura dell’artista impegnato, sul legame tra l’artista e il proprio popolo, tra l’artista e la storia. È un paradosso, ma la modernità di Frida, non tanto come pittrice, ma quanto donna del suo tempo, è nella tradizione del popolo messicano. I suoi abiti, la sua vita, la sua dimensione artistica, appartengono ad una storia ancestrale, ma allo stesso tempo legano questo tipo di storia, i suoi argomenti, alla storia contemporanea del Messico che attraversava la vita di Frida. La curatrice della mostra di Frida alle Scuderie del Quirinale, Helga Prignitz-Poda, parla di moda, opportunismo, perché secondo lei, Frida non ha mai ragionato in termini politici. Dire che tutto fosse politica, per Frida, è banale e liquida molte ragioni storiche. La vita artistica, quanto quella biologica e sociale, di Frida è figlia dell’epoca rivoluzionaria del Messico, uno Stato che con la Rivoluzione del 1910 sembra ricongiungersi con le proprie tradizioni per un avvenire di uno Stato che parte dal popolo. Da questa idea si struttura l’orgoglio popolano e paesano di Frida: la sua vita racchiude nell’ “io” le caratteristiche del popolo, o che, per lo meno, il popolo messicano dovrebbe avere a partire dalla rivoluzione zapatista, a partire dai suoi miti ancestrali.

Ma la domanda che assale, guardando le opere di Frida e pensando ad un simile processo dalle nostre parti, è: come si può oggi, per un artista italiano, essere orgogliosi del proprio popolo; o di quale popolo si può essere storicamente orgogliosi? Il Messico gode di una storia cancellata, negata, che nella Rivoluzione zapatista ne vede un re-impossessarsi. Ci si riappropria di se stessi, con uno stretto legame all’ideologia comunista, dalla parte dei più deboli, nella costruzione di un mondo giusto. Frida parla di molte cose, su tutte amore e rivoluzione. Il processo amoroso è alla base di tutto e determina l’equilibrio tra il Sole e la Luna, tra l’uomo e la donna, tra il passato e il presente, tra essere umano e terra[3].

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“Autoritratto al confine fra il Messico e gli Stati Uniti d’America” – 1932

La domanda che rivolgo a me stesso, prima che ad altri, è: come potrei essere orgoglioso del mio popolo? Forse di alcuni passaggi storici, dei briganti, ma, parliamoci chiaro, non ne sono orgoglioso dal momento che furono venduti alla mercé del denaro. Magari delle occupazioni contadine, che però mi evidenziano la loro fine per mano della mafia e del potere nelle mani della Democrazia Cristiana, guardando con gli occhi di oggi. La pittura come può raffigurare, quale legame può generare con un territorio? Credo che la risposta stia nell’orgoglio di amare il Mediterraneo, così, più popoli, un intreccio, un’assurda mescolanza di acqua e terra e di esseri umani, senza storia comune se non quella di un incontro che può avere diverse ragioni storiche, quali guerra, commercio, sopravvivenza, conoscenza, avventura (ma che appartiene più ai bacini distanti dall’orgoglio del meriggio).

Frida esiste perché esiste quella rivoluzione. Frida esiste per una ragione politica con cui si identifica un momento storico che riporta una congiunzione. Frida è una congiunzione tra il presente del Messico zapatista e il mito ancestrale del Messico ancora inesistente. Si potrebbe vedere, oggi[4], un artista italiano, o calabrese, in abiti tradizionali capace di ricongiungersi ad una storia che identifica e traccia un nuovo corso? Sarebbe un’immagine grottesca e di becero folclore, con il rischio di esaltare fanfaroni, re e ladroni, escludendo nuovamente il popolo con tutte le dimensioni che l’originano.

Questi appunti sono la dimostrazione che un calabrese non può visitare una mostra di Frida, perché avrebbe una grande e profonda ammirazione per il significato e la vita di questa donna, e tornerebbe con una malinconica nostalgia per una terra mai vissuta e di cui appare difficile essere orgogliosi quando si smarrisce la dignità.

di Fabrizio Di Buono

Note

[1] http://www.scuderiequirinale.it/categorie/mostra-frida-kahlo

[2] Correnti in cui è possibile racchiudere l’opera artistica di Frida Kahlo, con l’aggiunta del Realismo magico.

[3] In particolare, fuoriescono queste congiunzioni nell’opera “L’abbraccio amorevole dell’Universo, la Terra (il Messico), Diego, io e il signor Xolotl” del 1949.

[4] E ribadisco “oggi” perché, altrimenti, l’Italia e il Meridione ne ha avuti di artisti capaci di rappresentare un simile legame.

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